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Coreografia: femminile, plurale. L’Opera di Parigi dedica una serata a due delle coreografe più importanti del Novecento

Renavant Fall River Legend C Anne Deniau

Nel mese dedicato alle donne per eccellenza, proprio quando Darcey Bussel scrive che le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nel balletto più che in ogni altro settore, e proprio mentre, d’altra parte, ci rendiamo conto che le donne coreografe veramente note si contano sulla punta delle dita, l’Opera di Parigi aggiunge al suo repertorio due creazioni di due delle coreografe più importanti del Novecento, e le presenta al pubblico fino al 13 marzo.

Le coreografe scelte dall’Opéra sono Birgit Cullberg (cui in Italia fu dedicato un tributo nel 2013 con la serata Omaggio a Birgit Cullberg) e Agnès DeMille, rispettivamente con Miss Julie (o Mademoiselle Julie, in francese) e Fall River Legend.

Fall River Legend della DeMille, parte da un episodio reale che vede protagonista una donna, Lizzie Borden, accusata di aver ucciso a colpi d’ascia i genitori (A sangue freddo, potremmo dire), poi giudicata innocente.

Nel balletto, invece, l’Accusata (così viene infatti chiamata la protagonista) viene condannata a morte, e sul palcoscenico vediamo il processo, durante il quale l’Accusata rivive la sua storia, e si spiegano così allo spettatore le cause del gesto: la rabbia verso la matrigna; l’infanzia finita troppo presto; la rovina di un amore causata dalla matrigna.

E così alla ballerina protagonista (qui Alice Renavant e Laetitia Pujol) vengono richieste grandi capacità mimiche e intensità, in una coreografia che richiama alla mente i musical. La DeMille curò, non a caso, le coreografie del musical Oklahoma! nel 1954 (Fall River Legend è del 1948), e di certo le parti corali, come la danza dei cittadini, ricordano i musical del cinema hollywoodiano.

Ma la danza dei cittadini nasce anche come denuncia del puritanesimo che condanna l’Accusata: la condanna a non avere libertà prima, a essere accusata di follia poi, e infine a perdere la vita.

Ancora un’analisi dei sentimenti più profondi, nell’altro balletto presentato, Miss Julie, che la Cullberg trasse da un’opera teatrale, La Signorina Julie, appunto, del connazionale Strindberg. A differenza del balletto precedente, non sono sentimenti soffocati a creare la base per la tragedia nata dalla loro esplosione, ma il contrario: sono sentimenti espressi che portano alla tragedia.

La storia è quella dell’aristocratica Julie (Aurélie Dupont e Eleonora Abbagnato), che seduce il suo sottoposto, Jean (Nicholas LeRiche), ma viene scoperta dalla serva/promessa sposa di Jean, Kristin, e decide allora di togliersi la vita.

Se nella prima parte la protagonista è bella e algida, e soprattutto sola, nella seconda si compie la metamorfosi in “femme fatale”: quasi una Carmen di Petit (evocata anche negli abiti); anche se nella coreografia possiamo più facilmente ritrovare echi che si protrarranno e svilupperanno nelle creazioni del figlio della Cullberg, Mats Ek.

Il balletto nasce strettamente legato a Strindberg, ne rispetta il testo e i temi, compreso quello della “lotta” uomo/donna nel dominio della situazione, oltre alla seduzione, al rifiuto, alla vergogna davanti a una morale imposta dalla condizione sociale.

Due balletti solo all’apparenza un po’ datati, e sicuramente da riscoprire.

ORARI & INFO

Dal 21 febbraio al 13 marzo, ore 14.30 e 19.30

Palais Garnier, Paris

www.operadeparis.fr

Greta Pieropan

www.giornaledelladanza.com

Foto: A. Deniau

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