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Gino Labate: “La mia vita è una composizione di percorsi che ho seguito soltanto fino a quando ho potuto dare sempre il massimo a chi mi stava accanto”

Non capita tutti i giorni di incontrare una persona così eclettica, curiosa, in perenne movimento e soprattutto alla ricerca di un nuovo percorso da esplorare: questa persona è Gino Labate. Maestro e coreografo, è conosciuto da molti principalmente per le sue partecipazioni a trasmissioni televisive come Fantastico 9 e 10, Serata d’Onore e Luna di miele. Ha anche preso parte ad importanti produzioni quali Giselle, nel ruolo di primo ballerino accanto a Carla Fracci, Pulcinella, nel ruolo di solista, e ancora Il Principe di legno, sempre nel ruolo di solista. Ballerino, coreografo, insegnante, ma soprattutto un amante della danza che fa stare bene e che sa trasmettere qualcosa a chi gli sta accanto e a chi comprende il suo voler creare e dare sempre il massimo: sono queste le caratteristiche che delineano le vie che il Maestro ha intrapreso sin dall’inizio della sua inarrestabile carriera. Ancor più bello, però, è il suo inarrestabile desiderio di condividere le sue emozioni, le sue passioni e le sue idee sempre così moderne e paradossalmente quasi di natura avanguardista. Una persona che non passa inosservata e che non lo deve essere: semplice e chiaro nel linguaggio, Gino Labate è un amante della danza e di tutte le sue sfaccettature. È inevitabile essere coinvolti dalla sua passione e dal suo bellissimo credo: faccio ciò che amo fino a quando so di poter dare il massimo.

Sei un prisma di ruoli: ballerino, coreografo, insegnante, direttore artistico. Sei costantemente alla ricerca di qualcosa di diverso, innovativo e che soprattutto ti piace fare. Se ti guardi allo specchio, come ti vedi?

Nella mia vita ho seguito sempre un unico leitmotiv: amare quello che si fa, dare il massimo e soprattutto saper dire basta quando non c’è più il fuoco della passione a guidare le tue movenze. Non mi sono mai voluto adattare ed adagiare a vecchi stili: ho sempre cercato di dare tutto me stesso e non accontentarmi mai: se non mi stava bene qualcosa, semplicemente me ne andavo proprio perché sapevo che non sarei stato in grado di fingere.

La tua storia non ha bisogno di ulteriori spiegazioni: cosa pensi ti abbia veramente aiutato nella tua crescita artistica?

Non ero giovanissimo quando sono entrato all’Accademia di Danza: questo, però, non mi ha mai fermato e soprattutto non mi ha mai impedito di esprimere al massimo le mie doti.

Ho sempre avuto una grande determinazione e al contempo ammetto di essere stato anche fortunato a trovare dei bravissimi insegnanti che non hanno mai smesso di credere in me e soprattutto di stimolarmi a dare il meglio. In quattro anni ho bruciato le tappe. Ho superato qualsiasi tipo di selezione: sono entrato al Teatro dell’Opera, al Teatro Comunale di Firenze, a Bologna e in molte occasioni, proprio per mettermi alla prova, anche se già avevo un contratto di lavoro, mi presentavo comunque alle selezioni in altri teatri per ottenere altri contratti, soltanto per il desiderio di mettermi sempre e comunque in gioco. Una caratteristica che non mi ha mai abbandonato e che continua a delineare la mia essenza. La mia vita è costituita essenzialmente dal desiderio di ricerca, una volontà inarrestabile che mi caratterizza da sempre. Continuo a mettermi in gioco. Nel mi percorso dedico molto tempo all’insegnamento: insegno quello che piace a me soltanto nel momento in cui so di poter dare qualcosa ai ragazzi, senza necessariamente affidarmi a vecchie idee del passato.

Sei stato ballerino, coreografo, insegnate di danza e da alcuni anni anche direttore artistico di un importante festival dedicato a questa bellissima arte, il Labat Loano Festival. Nelle tue numerose vesti hai sempre cercato di dare spazio ai giovani talenti. Che cosa deve avere ora un ballerino per essere considerato “di talento”?

Si fa troppo abuso del termine “talento”. Spesso e volentieri lo si confonde con la preparazione oppure con la semplice attitudine alla preparazione. Ultimamente le trasmissioni televisive sembrano non essere molto d’aiuto e tendono a non darne una definizione corretta. Il talento è qualcosa fuori dal normale, qualcosa che ti fa rimanere a bocca aperta, qualcosa che non si può, paradossalmente, nemmeno spiegare a parole.

È ovvio, comunque, che al talento deve essere associato lo studio, la preparazione, la dedizione ma soprattutto la disciplina: un danzatore è talentuoso anche perché sa usare le sue doti nel miglior modo possibile.

Sei stato maestro e coreografo a Cuba. Che cosa ci racconti di questa tua avventura nella danza classica cubana?

È stata un’esperienza a dir poco straordinaria. Nel 1997-1998, ho avuto la possibilità di essere maestro e coreografo ospite a l’Avana. Sono stato anche giurato in un concorso e membro del consiglio direttivo di valutazione di questi ballerini. Ho conosciuto dei danzatori fantastici, che purtroppo ancora in Italia non sono conosciuti ma non hanno nulla da invidiare alla grandi stelle della danza europea. A Cuba ho visto ragazzi di talento che all’epoca avevano 15 anni: molti di loro sono stati premiati e continuano a farlo, tanto elevata è la loro dedizione e, soprattutto, la loro bravura. Il tempo si è fermato: all’epoca vidi il talento e ancora di talento si deve parlare.

Mi riferisco a Joel Careño, Yolanda Correa Frias, Adeline Pastor (una danzatrice fantastica che riesce a fare 12 pirouettes sulle punte) Rolando Sarabia. Sono tutti ballerini che hanno studiato nell’isola caraibica e che sono un ottimo esempio di talento che, purtroppo, ancora non si è riusciti ad esportare.

Sei direttore artistico del Labat Loano Danza, una rassegna di danza molto importante alla quale hanno anche partecipato i ballerini della scuola di Cuba di cui hai parlato poco fa. Credi che questo sia un buon mezzo per far conoscere la danza?

Assolutamente, ma credo sia uno dei tanti modi a nostra disposizione per diffondere l’arte della danza, non necessariamente italiana. Come ho detto prima, ci sono tantissimi danzatori che non sono conosciuti e che sono veramente bellissimi.

Sei anche un coreografo molto attento ai temi del sociale. Ci puoi parlare degli spettacoli che hai creato proprio per dare voce a dei temi molto importanti, quali la violenza sulle donne e gli incidenti del sabato sera?

Credo che la danza sia un ottimo modo per comunicare e soprattutto inviare messaggi a chi ci circonda. Ho creato Oltre il buio, spettacolo che promuove una campagna sociale di informazione e prevenzione contro gli abusi e le violenze sulle donne, ed ho coreografato anche Life-Vite Spezzate, spettacolo parte integrante della campagna di prevenzione, sensibilizzazione e informazione contro la droga, l’alcool e gli incidenti del sabato sera. È fondamentale poter parlare attraverso il corpo, la danza: sono degli strumenti pressoché essenziali.

Un sogno nel cassetto che ancora non hai realizzato?

Ne ho ancora tantissimi, veramente! Il primo, ovviamente, è continuare a creare e trasmettere la mia passione per la danza a chi mi sta accanto. Voglio far conoscere la danza in tutte le sue espressioni, in piena libertà e soprattutto rendere accessibile a tutti il senso dell’arte. Per attuare tutto ciò, sto lavorando molto alla creazione della Labat Event Promotion, un gruppo che avrà come scopo principale la promozione di importanti eventi di danza. Ho un sacco di progetti in mente…Uno dei più ambiziosi? Creare in Italia una sorta di succursale del Balletto di Cuba, con insegnanti cubani e danzatori professionisti: il nostro paese ha bisogno di nuove energie, nuove idee… e credo che questa scuola possa essere un ottimo punto di partenza.

Valentina Clemente

Fotografie di Antonio Barrella

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