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La coppia in danza: intervista doppia a Vittorio Galloro e Arianne Lafita Gonzalvez

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Vittorio Galloro è nato a Napoli, ha fatto il suo primo approccio alla danza all’età di dieci anni in una scuola privata di periferia, nel 1991-1992 entra nel Scuola Teatro San Carlo di Napoli sotto la direzione di Anna Razzi. Poi, nel 1997-2000 si trasferisce alla Scuola Balletto Nazionale di Cuba dopo si diploma come ballerino e insegnante.

 

Arianne Lafita Gonzalvez è nata a Matanzas, Cuba. Si diploma come ballerina professionista e Docente presso la Scuola Nazionale d’Arte (ENA), “Alicia Alonso”, L’Avana di Cuba. È membro del Consiglio Internazionale della Danza Unesco.

 

Carissimi Vittorio e Lafita, inizio con il chiedervi il vostro primo ricordo, da bambini, legato alla danza? Qual è stato il primo approccio in assoluto?

 

Vittorio: Il primo approccio è stato grazie a mia madre che mi ha portato in un’Accademia privata di balletto per assistere ale lezioni di mia sorella che studiava danza classica.

Arianne: Il mio è stato puramente casuale. Frequentavo ginnastica artistica a Cardenas, una città di Cuba e durante una gara una maestra di danza si avvicinò a mia madre che, vedendo le mie predisposizioni fisiche, mi invitò a tenere un esame di ammissione alla scuola di danza in Matanzas.

Ora raccontatemi il vostro percorso e la vostra formazione artistica? A che età avete iniziato, dove avete studiato danza e con quali maestri?

Vittorio: Come dicevo prima, ho iniziato la mia carriera di danzatore all’età di 10 anni in una piccola accademia a Portici, Napoli: l’Accademia dello Spettacolo di Irma Cardano e Virginia Vincenti. Poi mi sono trasferito alla Scuola del Teatro San Carlo di Napoli e ci sono rimasto per sei anni sotto la direzione artistica di Anna Razzi. Nel 1998 sono stato ammesso alla Scuola nazionale di balletto dell’Havana, a Cuba, in cui mi sono diplomato con il titolo di insegnante e ballerino. Ho avuto parecchi maestri, ed ognuno di loro mi ha trasmesso una rilevante importanza e influenza durante i miei tre anni scolastici trascorsi all’Havana. Soprattutto quelli dell’Accademia di Cuba, come ad esempio Fernando Alonso, Ramona de Saa, Miriam Gonzalez, Martha Iris Fernandez, Martha Bosh, Aurora Bosh, Loipa Araujo, Gloria Marin, Magalys Suarez, Adria Velazquez e Migdalia Montero.

Arianne:  Ho iniziato a studiare danza all’età di nove anni nella scuola di danza “Alfonso Perez Isaac” a Matanzas in cui ho trascorso cinque anni. Poi ho sostenuto l’esame di ammissione presso la scuola nazionale di balletto dell’Havana, in cui mi sono diplomata dopo quattro anni di studio con il titolo di ballerina e insegnante. Ho avuto la fortuna di avere sempre maestri stupendi, tra cui Yolanda Dominguez, Fernando Alonso, Ramona de Saa, Martha Iris Fernandez, Ana Julia Bermudez, Adria Velezquez e Loipa Araùjo.

Vi aspettavate, da giovanissimi, tutto quello che Vi sarebbe accaduto intraprendendo la carriera professionale di danzatori?

Vittorio: Sinceramente no. Anche perché con le mie limitate doti fisiche ho dovuto lavorare tanto.

Arianne: Sinceramente no. Ma sono del parere che con tenacia, disciplina, pazienza e soprattutto seguendo la retta via, si possono raggiungere le mete prefissate.

Qual è stato il momento del vostro fortunato incontro da cui è nato il sodalizio artistico?

 

Vittorio e Arianne: È stato durante il nostro primo incontro. Era il Galà in omaggio a Nureyev, a Milano nel 2011.

Cosa ti ha colpito di Vittorio (per Lafita) e di Lafita (per Vittorio), artisticamente parlando?

Vittorio: Ad una prima occhiata, le sue meravigliose gambe e piedi, artisticamente parlando. Ma quello che mi ha maggiormente colpito quella sera è stata la sua luminosità nei movimenti.

Arianne: Il carisma artistico che possiede sul palcoscenico e le sue ottime prestazioni da partner.

Qual è il sacrificio più grande che avete fatto in nome della danza?

 

Vittorio:  Abbandonare la mia famiglia, il mio paese.

Arianne: La lontananza sin da piccola dalla mia famiglia.

Chi ha inciso maggiormente nel vostro percorso artistico?

 

Vittorio: L’influenza maggiore che ha inciso nel mio percorso è stato il supporto costante negli anni da parte della mia famiglia.

Arianne: La mia famiglia.

Per essere un danzatore professionista, quali doti e pregi non devono mancare?

 

Vittorio: Oggi giorno è necessario possedere determinate predisposizioni fisiche per il balletto. Ma per me le qualità migliori in un danzatore rimangono l’intelligenza artistica e la passione.

Arianne: Un minimo di condizioni fisiche ma soprattutto tanta intelligenza, perseveranza, pazienza e amore per la danza.

Per tutti i giovanissimi che sognano il mondo della danza, quali consigli vi sentire di dare?

 

Vittorio: Occorre avere molta pazienza e dare il massimo tutti i giorni in sala danza. Abbiate disciplina e ascoltate i vostri insegnanti, le vie apparentemente più facili, non arrivano da nessuna parte; perché la mediocrità nel balletto non esiste.

Arianne: Partendo dal presupposto che la danza è una carriera molto sacrificata, il mio consiglio è di lavorare tanto, avere parecchia pazienza e soprattutto non crediate di essere giunti poiché questa carriera non finisce mai: è quando si pensa di essere arrivati, che inizia la discesa.

Tra tutte le serate, i gala, i premi ricevuti… qual è stato l’attimo decisivo ma anche più emozionante nella Vostra carriera?

Vittorio: La mia carriera è stata costellata da tantissimi momenti memorabili, ma quello che ricordo con particolare emozione è stato il nostro debutto di coppia come primi ballerini invitati all’Opera di Bucarest nel balletto completo Don Chisciotte. Vedere il pubblico straniero applaudirci con grande entusiasmo è un ricordo indelebile.

Arianne: Concordo con Vittorio, è stata una serata strepitosa.

Avete danzato molto all’estero. Secondo Voi quali sono le maggiori differenze tra l’Italia e gli altri Paesi in termini di approccio alla nobile arte coreutica?

 

Vittorio: Purtroppo sono tante. Tutto dovuto alla poca cultura del popolo italiano verso il balletto, in Italia c’è poco rispetto per esso. Oggi le famiglie iscrivono i propri figli alla scuola di danza credendo sia uno svago o perché è di moda, magari vedendo in essa una via facile per il successo; sono quindi inconsapevoli dell’enorme difficoltà e sacrificio che occorrono nella carriera tersicorea. Perciò la nuova gioventù è sempre meno stimolata e predisposta al sacrificio, senza dare il giusto peso a quest’arte che tocca anche tantissimi altri settori della vita come la musica, la pittura, la scultura, la poesia e anche l’illusionismo.

Arianne: La differenza è che gli italiani non comprendono che non tutti possono diventare danzatori. La danza non è business… anzi è molto selettiva e si rivolge alla qualità e non alla quantità.

Tra tutti gli incontri con i vari personaggi del mondo della danza che vi sono capitati, quale vi è rimasto particolarmente impresso e perché?

 

Vittorio: Ho conosciuto tantissime persone che in molte forme hanno illuminato il mio modo di lavorare ma ciò che più mi ha colpito sono state le parole della signora Maya Plisetskaya quando sono stato al Concorso a Budapest. Mi disse: “Ci sono tanti ballerini migliori di te, ma pochi ballano con il tuo cuore”.

Arianne: Sono stata fortunata poiché ho conosciuto parecchi personaggi prestigiosi nel mondo della danza, ma porterò sempre nel mio cuore e nella mia carriera artistica il maestro Fernando Alonso, a me molto caro. Un giorno le sue parole fecero breccia nella mia anima, quando mi disse: “Se il tuo male ha una cura, perché ti affretti e se non ne ha, perché ti affretti”. Allora non compresi, ma oggi adulta faccio tesoro di queste parole: bisogna avere pazienza; nel balletto non esiste la felicità eterna, se non momenti felici.

Quali sono le maggiori difficoltà a livello fisico e anche psichico nel diventare danzatori professionisti?

 

Vittorio: I problemi fisici mentali che occupano il mondo della danza sono tanti, complessi e all’ordine del giorno. Fisicamente il ballerino deve utilizzare il suo corpo al massimo quindi bisogna seguire una giusta alimentazione per avere sempre corpo asciutto e modellato, occorre inoltre essere coscienti fino a dove poter spingere il proprio corpo per non incappare in danni fisici. Mentalmente il danzatore è sottoposto ad ansia da prestazione, nervosismo alle audizioni o all’imbattersi nell’interpretazione di un nuovo ruolo o di uno spettacolo andato male.

Arianne: Il nostro lavoro dipende dal nostro corpo. Il ballerino fin da piccolo deve far conto con i costanti dolori fisici che comporta questa disciplina. Infatti io penso che noi danzatori siamo delle persone masochiste a cui piace soffrire per raggiungere il nostro obbiettivo… domandatevi solo quante ragazzine con i piedi sanguinanti insistono a stare in punta. Mentalmente lo stress è anche superiore e concordo pienamente con tutte le cose che ha detto Vittorio, e la cosa simpatica di tutto ciò è che in scena dobbiamo essere felici e sorridenti perché come si vuol dire “The show must go on”.

Oggi vi sentite pienamente appagati della Vostra carriera artistica tersicorea?

 

Vittorio: Certo ti confermo che sono pienamente contento e non vivo nessuna frustrazione a riguardo. Vivo le sfide giorno dopo giorno e sono quelle che formano il mio percorso verso la meta. Non mi accontento mai. Sono ambizioso per natura.

Arianne: Sì, anche se non sono mai soddisfatta e credo si possa sempre migliorare e arrivare ad un livello superiore.

Com’è organizzato il vostro lavoro e le prove nel quotidiano di tutti i giorni?

 

Vittorio e Arianne: Quando siamo in compagnia dobbiamo sottostare agli ordini e all’organizzazione e alle esigenze della Compagnia, da free lance ci gestiamo noi gli orari ma lezioni e prove sono obbligatorie tutti i giorni perché ci sono sempre vari programmi da preparare. È necessario essere costantemente pronti.

La vostra famiglia, agli inizi, era d’accodo sulla scelta di studiare danza?

 

Vittorio: La mia famiglia non era particolarmente felice della decisione: l’unica alleata è stata mia madre.

Arianne: Sì certo, ma hanno sempre sofferto la mia mancanza e lontananza.

A chi dedicate il vostro successo?

 

Vittorio: A me stesso.

Arianne: Alla mia famiglia.

C’è qualche maestro o assistente che ha segnato il vostro percorso a cui volete dire un sentito “grazie”?

 

Vittorio: La mia carriera come danzatore cambiò radicalmente quando andai a studiare a Cuba, e oggi, sapendo come è difficoltoso studiare là o trovare una buona scuola che formi i ragazzi in modo dignitoso, devo ringraziare la direttrice Ramona de Saa poiché ha creduto nelle mie doti e mi ha dato la possibilità di studiare gratuitamente alla Scuola Nazionale di Cuba.

Arianne: A nessuno e a tutti, perché nel bene e nel male tutti hanno contribuito alla mia carriera.

Qual è il ruolo in cui vi siete maggiormente identificati?

Vittorio: Basil nel Don Chisciotte.

Arianne: Kitri nel Don Chisciotte.

Cosa vi piacerebbe interpretare nel futuro?

 

Vittorio: Romeo nel “Romeo e Giulietta”.

Arianne: Giulietta nel “Romeo e Giulietta”.

Ogni volta che salite sul palcoscenico, la magia è sempre come la prima volta?

 

Vittorio: No, le sensazioni sono sempre differenti.

Arianne: Mai. Ogni spettacolo ha il proprio feeling.

Gli applausi e gli apprezzamenti del pubblico quali sensazioni vi regalano?

 

Vittorio: Gli applausi di un pubblico contento e soddisfatto della tua rappresentazione non ha prezzo. È il giusto compenso per un danzatore perché noi viviamo per regalare emozioni.

Arianne: La più grande emozione perché dopo tanto lavoro di ogni rappresentazione non c’è cosa più bella che sentire il ritorno di tutta la passione messa in ogni movimento. Arrivare nel cuore delle persone: è questo il mio più grande obiettivo.

In chiusura una domanda a Vittorio: Che ricordi conservi del Teatro San Carlo e della direttrice Anna Razzi? Mentre della Scuola del Balletto di Cuba? Tra tutte le compagnia in cui sei stato ospite in quale ti sei sentito maggiormente a tuo agio?

 

Vittorio: I ricordi al teatro San Carlo sono tanti e quasi tutti piacevoli. La signora Razzi era una donna durissima, amante della disciplina ed estremamente colta. Credo sia stata una delle migliori danzatrici italiane e noi allievi non potevamo che ammirarla. Personalmente non ebbi un buon feeling con lei; ero un bambino determinato, ma ribelle. Amavo infrangere le regole a tal punto che ebbi con lei diversi scontri. Oggi comprendo i motivi del suo accanimento. Consapevole delle mie qualità, voleva spingermi a ottenere il meglio. Mentre riguardo a Cuba posso solo dire che in quella nazione, nonostante tutti i problemi socio-politici, hanno forgiato il ballerino che sono oggi, non facendomi mai rimpiangere la scelta di lasciare l’Italia per Cuba. Riguardo alle Compagnie, mi sono sentito bene a lavorare in tutti i teatri in cui sono stato.

Una domanda anche ad Arianne: Che ricordi custodisci degli anni trascorsi e del diploma alla Scuola di Alicia Alonso a Cuba? Mentre del periodo trascorso presso la prestigiosa Compagnia “Victor Ullate”?

 

Arianne: Ho tanti ricordi più o meno gradevoli della scuola “Alicia Alonso” ma una cosa non dimenticherò mai: è la colonna portante della mia formazione di ballerina, ciò che ha influenzato profondamente il mio essere. Nella compagnia “Victor Ullate” ho dovuto fare un cambio stilistico importante poiché è una compagnia neoclassica, è stato quindi un altro passo assai importante nel corso della mia carriera dal quale ho appreso tantissimo arrivando ad influenzare il mio modo di ballare.

Per concludere, dedicate una vostra definizione alla nobile arte della danza?

Vittorio: A me piace tanto definirla “sincera”. Non si può nascondersi, né mentire né inventare, il palcoscenico è lì a dimostrare il tutto, non si può sfuggire alla verità dell’essenza della danza.

Arianne: Per me la danza è  “uguaglianza”, non importa da che paese vieni, se sei ricco o povero, che religione professi o che lingua parli… in questa grande famiglia parliamo tutti lo stesso meraviglioso linguaggio corporale.

Michele Olivieri

 

Fotografie di Andrea Gianfortuna

 

www.giornaledelladanza.com

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