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Maria Grazia Garofoli racconta la sua “Cenerentola”

 

Stasera al Teatro Filarmonico andrà in scena Cenerentola, che aveva già avuto una sua prima edizione nel 2006-2007. Che Cenerentola è quella che gli spettatori potranno vedere nell’allestimento della Fondazione Arena di Verona, qual è la chiave di lettura?

Sì, si tratta di una riedizione a cui ho apportato solo delle piccole modifiche nella struttura che non intaccano la trama. È una storia che nulla toglie alla magia della fiaba, ma è più moderna. L’alone magico resta inalterato, sia nella coreografia che nell’impianto narrativo, ma tutto è meno barocco, meno lezioso e più moderno, più essenziale. Non ho voluto dare chiavi di lettura diverse dall’originale, l’unica rilettura personale riguarda la figura della Fata Buona, che ho immaginato come la madre di Cenerentola che dall’aldilà vede la figlia soffrire ed interviene in suo aiuto con un incantesimo attraverso il quale, non solo trasforma Cenerentola, ma fa ringiovanire il padre che diventerà poi il cavaliere che presenta Cenerentola alla festa. Ho voluto rappresentare così l’amore materno, sempre d’aiuto, soprattutto nei momenti più difficili, una figura sempre vicina. Alla fine tutto torna come prima, ma Cenerentola resta la principessa che è diventata.

Molti coreografi si sono avvicendati nel raccontare in danza la fiaba più antica che sia mai stata scritta, Rostislav Zakharov, Konstantin Sergeyev, Frederick Ashton, Alfred Rodrigues, Paolo Bortoluzzi, Vlasimir Vasiliev, Rudolf Nureyev e tanti altri, quali sono i punti in comune con le versioni precedenti, quali i punti di divergenza?

Ho amato tutte le versioni dei coreografi che mi hanno preceduta ed ho voluto mantenere Cenerentola nel suo mito immortale, senza aggiungere alcun significato nuovo. L’unico punto che forse può essere considerato divergente è che la mia Cenerentola è sospesa fra sogno e realtà, è come un gioiello antico incastonato in una montatura più moderna.   

L’impatto musicale della partitura di Prokofiev quanto ha inciso sulla genesi coreografica?

Moltissimo, in senso assoluto, la musica di Prokofiev è così predominante che ho lasciato che il mio senso coreografico fluisse interamente attraverso le note.

La scarpetta di Cenerentola è un simbolo molto significativo, rappresenta la libertà, ma è anche per un danzatore  l’emblema concreto della sua arte… che ruolo simbolico Lei vi ha attribuito nella sua versione?

Cenerentola è una storia orientale, basata sul culto del piede piccolo e bello, simbolo di femminilità, ma non fine a se stessa, una femminilità silente e tuttavia dal grande potere, che risulta vincente. Ho voluto affermare questo simbolo della femminilità assoluta.

Chi saranno gli interpreti di questa versione?

Giuseppe Picone, il principe per antonomasia, e, nel ruolo di Cenerentola, Marija Kichevska, una ballerina macedone che ha lavorato a Vienna e che rispecchia molto lo stereotipo di Cenerentola, la fanciulla povera e indifesa che si trasforma in principessa in questo passaggio dal primo al secondo atto. Poi c’è anche un secondo cast interno, formato da Alessia Gelmetti nel ruolo di Cenerentola e da Antonio Russo nel ruolo del principe.

Le Sue scelte stilistiche?

Ho scelto lo stile classico puro, senza nessuna innovazione, pur essendo una coreografa che spazia dal classico al contemporaneo. Più i passi a due forse sono leggermente sul neoclassico, ma, per il resto, ho voluto mantenere lo stile classico romantico.

 Secondo Lei ai giorni nostri una fiaba può ancora essere attuale?

Assolutamente sì, soprattutto Cenerentola, perché il riscatto è il tema di oggi, che tocca tutti, il nostro stesso Paese, l’Italia che cerca a tutti i costi di uscire dalla crisi.

Nella Sua grande esperienza di direttore del corpo di ballo e di coreografa, saprebbe dire cosa chiede il pubblico oggi?

Questo è un argomento molto complesso, in quanto il pubblico di oggi è diviso fra alcuni amanti della danza classica in senso stretto ed un’altra fascia più attenta alle innovazioni, assetata di novità, come ad esempio i giovani. Io credo però che, al di là di ciò che il pubblico voglia, dobbiamo essere noi a pensare cosa sia più giusto per catturare l’attenzione e trasmettere un messaggio artistico significativo.

In che direzione va la danza?

La danza va coltivata. In Italia risente di una certa crisi ed è difficile che sia viva in un momento così incerto, dunque va curata, alimentata, amata.

Altri progetti futuri?

Per maggio ho in programma una grande sfida, un Omaggio a Nino Rota in cui riprenderò Romeo e Giulietta e La Strada in una mia versione completamente personale. Si tratta di una sfida davvero importante essendo stata preceduta da nomi così eccellenti.

  

Lorena Coppola

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