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Stéphane Fournial si racconta in esclusiva al giornaledelladanza.com

Fournial

Lo scorso 21 ottobre Le è stato conferito l’incarico ufficiale di nuovo direttore della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, come ha vissuto questa nomina?

Inizialmente sono rimasto molto sorpreso nell’apprendere che ero stato scelto per quest’incarico, non me l’aspettavo davvero; fin da quando ho mandato la mia candidatura e anche ai successivi colloqui, avevo preso tutto senza aspettative. Ovviamente sono molto contento ed onorato di avere questo ruolo importante in un teatro rinomato come il San Carlo.

Quali sono i Suoi progetti didattici nell’immediato?

Vorrei modificare un po’ l’organizzazione delle lezioni per cercare di aggiungerne di più mirate, soprattutto per i corsi più grandi. Purtroppo al momento gli orari disponibili per la danza sono un po’ limitati, perché gli allievi frequentano scuole “normali” per studiare, intendo non abbinate alla Scuola di Ballo, come invece in altre Accademie.  Quindi, un altro mio scopo nel prossimo futuro è quello di cercare di far sì che, magari supportati da un aumento degli allievi, anche a Napoli si possa avere una formazione scolastica all’interno della Scuola di Ballo, per agevolare le ore dedicate allo studio delle materie riguardanti la danza.

Secondo Lei qual è l’approccio più giusto per formare le nuove generazioni di danzatori?

Anche nella danza bisogna stare al passo con i tempi, volgere l’attenzione alle attuali richieste delle varie compagnie sia per quanto riguarda le tipologie di danzatori oggi più ricercate, sia per il tipo di repertorio svolto, che va dal classico a svariati stili di moderno. A mio parere però, non bisogna mai dimenticare il passato, che pone le fondamenta di una determinata disciplina, consentendone quindi lo sviluppo e l’evoluzione. Credo quindi che approcciarsi alla danza apprendendo prima le basi che una forte formazione classica può dare sia il passo giusto per poi affrontare anche tutti gli altri stili.

Cosa risponde a coloro che hanno sollevato delle critiche circa il suo incarico?

A coloro che mi ritengono inadatto perché straniero o non all’altezza perché nella mia carriera non ho fatto molto secondo loro…beh, a questi non rispondo, è un loro parere, opinabile direi, ma non devo certo dimostrare il contrario. A chi invece ha esposto dubbi circa la mia “doppia” posizione, in quanto ho da dieci anni una mia agenzia di produzione di spettacoli, chiedo di spiegarmi dove sia l’incompatibilità dei ruoli in questo caso. Se io promuovo uno spettacolo di danza con una compagnia che rappresento, in un festival per esempio, cosa c’entra con la direzione della Scuola di Ballo del San Carlo? Dove sta un ipotetico conflitto di interessi? Perché allora, se così fosse, quante altre persone dovrebbero abbandonare doppi o tripli incarichi che hanno, e che sono invece collegati tra loro?!

Cosa ne pensa dell’attuale situazione della danza in Italia e, più in generale, nel mondo?

Purtroppo credo che la danza stia vivendo nel mondo un periodo veramente difficile e buio, e più precisamente in Italia vedo la situazione estremizzata, molto drammatica direi. Anche all’estero ci sono problemi economici enormi e a volte sono proprio le compagnie di balletto a subirne le conseguenze, con la riduzione di fondi e in alcuni casi la chiusura, ma ci sono comunque tante realtà, anche piccole, che continuano nonostante tutto ad investire nella cultura e nella danza, che all’interno di una struttura come un teatro ad esempio, se gestita bene ha costi inferiori a tutti gli altri tipi di produzione. In Italia invece, per affrontare le difficoltà economiche in cui versano i teatri, sembra che il pensiero generale sia che il balletto è un peso di cui è meglio liberarsi perché troppo costoso. A mio parere, mai scelta più sbagliata. Si sta assistendo alla lenta scomparsa della danza in Italia, perché mantenere attive così poche realtà sull’intero territorio, equivale alla distruzione di un bagaglio culturale e artistico passato di cui questo paese dovrebbe solo andare fiero.

Lei ha una vastissima esperienza ed ha ricoperto ruoli che l’hanno vista protagonista di quasi ogni aspetto del campo della danza, cosa si prova a vedere il mondo coreutico da vari angoli prospettici?

Come in tutte le cose, vedere le situazioni da diversi punti di vista fa avere una visione globale più specifica e dettagliata. E ricoprire ruoli differenti in uno stesso ambito, aiuta sicuramente ad avere un approccio più giusto nell’affrontare sia il contesto in cui ci si trova, sia il rapporto con le altre persone, le loro esigenze e il loro lavoro ad esempio.

Lei ha calcato le scene a lungo come danzatore, il ruolo che ha amato di più?

Senza dubbio Albrecth, in Giselle. Stranamente avevo sempre pensato che fosse un ruolo che non mi sarebbe piaciuto danzare, e soprattutto non adatto a me; ma quando mi sono trovato a doverlo studiare e lavorare per ballarlo, ho iniziato ad apprezzarlo, e alla fine ad amarlo. E così è stato per tutte le volte che l’ho portato in scena.

Per molti anni è stato partner di Carla Fracci, i Suoi ricordi di quegli anni?

In Italia ho ballato con Carla in tante produzioni, e questo mi ha consentito di ampliare il mio bagaglio personale con esperienze nuove: ho conosciuto bravi ballerini, lavorato con coreografi nuovi, ho ballato tra gli altri in teatri italiani molto importanti, La Scala, il San Carlo, l’Opera di Roma ad esempio. E in un campo artistico come quello della danza, poter entrare in contatto con altre culture, con il “sapere” di altre persone, vivere l’arte vedendola da altri punti di vista, sono tutte situazioni quasi indispensabili per poter  avere quell’ apertura mentale che serve ad estendere la propria conoscenza.

Uno dei titoli  che l’ha vista protagonista con la Signora Fracci è “Filumena Marturano”, uno spettacolo di grande successo che ha commosso le platee, il Suoi legame con  la città di Napoli è dunque di lunga data…

Sono venuto a ballare a Napoli in più di un’occasione, e mi sono sempre trovato a mio agio, sia con tutti coloro che facevano parte del teatro, e sia con le persone al di fuori. Forse è stato proprio con il ruolo di Domenico Soriano in Filumena Marturano che ho conquistato il pubblico napoletano: diciamo che mi aspettavano al varco, perché dovevo interpretare un personaggio che faceva parte dei loro cuori, e non ero neanche italiano! E  alla fine tutti mi hanno detto che la mia interpretazione li aveva toccati intensamente, e che non si sarebbero mai aspettati che uno straniero potesse comprendere così profondamente la personalità di Soriano.  Ho amato Napoli fin da subito, perché trovo abbia un fascino particolare, ed ero sempre felice quando sapevo che dovevo tornarci a ballare, mi sentivo praticamente come a casa. Quindi adesso, che ho l’opportunità di questo nuovo incarico, sono doppiamente contento che si tratti del San Carlo e di Napoli.

Il Suo sguardo verso il futuro?

In un periodo in cui siamo messi tanto alla prova per quanto riguarda la serenità e la tranquillità, voglio essere positivo e credere in un miglioramento in arrivo… Per quanto riguarda in particolare la situazione della danza, che ovviamente mi sta tanto cuore, mi appello a chi governa i nostri paesi: abbiamo la fortuna di vivere in posti che trasudano arte da millenni, non sarebbe tanto difficile valorizzarla, basterebbe solo un po’ di buona volontà. Un popolo ha bisogno della cultura per essere chiamato tale, ed è proprio sulla cultura in cui bisogna investire nei momenti di crisi. Cito un’affermazione di Derek Bok, ex presidente dell’Università di Harvard, perché mi trovo molto d’accordo: “Se pensate che la cultura costi troppo, provate con l’ignoranza”.

 Lorena Coppola

www.giornaledelladanza.com

Foto di Francesco Squeglia

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