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Stéphane Fournial: la Danza mi dona l’emozione che solo la scena può dare

Fournial

 

Stéphane Fournial inizia lo studio della Danza Classica nel 1974 con Raymond Franchetti. Si perfeziona negli anni con Solange Golovine, Rosella Hightower, Raymond Franchetti, Jean Babile, Serge Perretti e Noella Pontois, Vladimir Vassiliev. Dopo il Diploma di Stato per l’insegnamento della Danza Classica, conseguito presso il Ministero della Cultura, inizia la sua carriera di danzatore nel 1979 al Ballet de Marseille di Roland Petit. Dal 1981 al 1984 danza nella Compagnia dell’Opéra du Nord di Lille in Francia. Nel 1982 è al Tokyo Ballet e dal 1984 al 1990 al Badisches-Staatheater di Karlsruhe in Germania. Dal 1990 è stato Guest Artist nei seguenti Teatri e Festival: Theater Munchen (Germania), Stuttgart Ballet (Germania), Theater Warsaw (Polonia), Scottish Ballet (Scozia), Kremlin (Mosca), Marinsky (S. Pietroburgo), Theater Hermitage (S. Pietroburgo), Theater Liseo Madrid (Spagna), Theater Lisbon (Portogallo), Teatro dell’Opera di Roma, (Italia), Teatro alla Scala di Milano (Italia), Teatro San Carlo di Napoli (Italia), Teatro La Fenice (Italia), Arena di Verona (Italia), Teatro Romano di Verona (Italia), Bucharest Opera (Romania), Atlanta (USA), Seattle (USA), Ballet du Capitole de Toulouse (Francia), Festival Split (Croatia). Ha danzato, tra le altre, accanto alle étoile Carla Fracci, Claude de Vulpian e Carole Arbo dell’Opéra di Parigi, Irena Pasaric dell’Opera di Zagabria, Margaret Illmann dell’Opera di Berlino e Sofiane Sylve del San Francisco Ballet. Ha preso parte in tutti i principali ruoli del repertorio, interpretando le creazioni di celebri coreografi internazionali, tra cui: Joseph Lazzini, Roland Petit, Maurice Bejart, Wayne Eagling, Van Manen, Pierre Lacotte, Dereck Dean, Robert North, Germinal Casado, Luciano Cannito, G. Tetley, F. Ashton. Nel 1999 è stato Coordinatore Artistico per Monchengladbach in Germania. Nel 2002/2003 è stato Tour Manager dell’Het Nationale Ballet di Amsterdam, nella tourneé francese della Cenerentola di Sir F. Ashton. Dal 2005 è Fondatore e Direttore di 6-Prime Agency. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Positano e nel 1998 il Premio Festival di Split in Croazia. Nel 2009, in Francia, è stato insignito dal Ministero della Cultura del titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Dall’ottobre 2015 ricopre la carica di Direttore della Scuola del Teatro San Carlo di Napoli.

 

 

 

Gentile Maestro, innanzitutto le mie felicitazioni per la nomina a Direttore della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli. Ci racconti le sue emozioni nell’apprendere la notizia?

Sono stato felicemente sorpreso nel sapere che ero stato scelto per questo ruolo, perché davvero non me l’aspettavo. È una nomina importante e ne sono veramente onorato.

 

Lei in passato aveva danzato al Teatro San Carlo, si ricorda in quali occasioni e con quali partner?

Tra le produzioni che ricordo, Cenerentola di L. Cannito in cui ho ballato con Margaret Illman, Te voglio bene assaje sempre di Cannito con Ambra Vallo e Filumena Marturano di Luc Bouy in cui ho ballato con Carla Fracci.

Lei è famoso anche per aver fondato 6-Prime, un progetto nato per promuovere giovani artisti di talento, compagnie emergenti ed artisti già affermati. Quando e come è nato 6-Prime e soprattutto quali sono le idee ispiratrici che contraddistinguono questo prezioso obiettivo?

6-prime è nata 10 anni fa, con l’intento di promuovere la danza ad alti livelli in tutto il mondo. Delle compagnie e degli artisti che rappresento non sono un agente, ma un manager, mi occupo cioè sia della parte artistica che di quella amministrativa, così come dell’organizzazione generale dell’evento e/o delle situazioni personali della singola persona. Lo scopo è quello di promuovere gli spettacoli che presento, non solo di “venderli”.

 

Ci racconti i suoi trascorsi in giovane età, da cosa è nata la passione per la danza e qual è stato il suo primo approccio con questa nobile arte?

Nonostante io, da piccolo, fossi molto spesso all’Opéra di Parigi per seguire mia zia Noëlla e abbia visto quasi tutti i suoi spettacoli, ho stranamente iniziato a studiare danza per caso, per “aiutare” un amico che aveva una scuola di danza e aveva bisogno di un uomo per il suo spettacolo! All’inizio ero scettico, ma dopo i primi mesi ho incominciato a studiare seriamente, dedicando tutto il tempo possibile a questa nuova mia passione.

 

Un ricordo per Solange Golovine (prima ballerina e maître de ballet al “Ballet du Marquis de Cuevas”) dove Lei ha appreso i primi rudimenti della tecnica tersicorea?

Era una forza della natura, piccolina di statura, ma potente! Le sue lezioni erano durissime, duravano 3 ore, 1 ora e mezza di sbarra e 1 ora e mezza di centro!

In seguito si è trasferito da Rosella Hightower alla Scuola Superiore di danza a Cannes. Che aria si respirava e quali sono i ricordi più belli legati a quel periodo di formazione?

Detto sinceramente, in quegli anni lì, si respirava un’aria un po’ pesante, probabilmente dato dal fatto che i posti per poter accedervi erano pochi e una volta entrati vigeva parecchia competizione. Personalmente ho studiato di più con José Ferrand e quindi i miei ricordi più belli sono legati a lui; per quanto riguarda la sig.ra Hightower, non ho ricordi molto positivi, visto che non le piacevo e che mi diceva che non avrei mai potuto ballare… Ma queste cose capitano!!

 

Tra i tanti suoi maestri troviamo Jean Babile, Serge Peretti, Raymond Franchetti, Noëlla Pontois. A chi si sente più grato per gli insegnamenti ricevuti?

Ovviamente sono grato a tutti loro, perché ognuno mi ha trasmesso la propria enorme conoscenza ed esperienza. Una cosa in comune che mi hanno insegnato tutti, e che è forse la cosa più importante per una persona, è l’umiltà: un artista deve dimostrare il suo “sapere” sulla scena, attraverso la sua arte, può raggiungere alti livelli nella sua carriera, ma non per questo si deve considerare migliore degli altri. Questo vale comunque per la vita in genere, a mio parere.

 

Successivamente ha incontrato il maestro Roland Petit ed è entrato al Ballet de Marseille. Tra tutti i momenti passati al fianco del geniale coreografo cosa desidera sottolineare e quanto è stato importante per la Sua carriera?

È stato molto importante, considerato che è stata la prima compagnia in cui ho lavorato. Roland dava importanza a tutto, quindi si aveva la possibilità di lavorare a contatto con grandi nomi, non solo della danza, ma anche della moda, del teatro, ecc. Lui personalmente era molto esigente, anche su dettagli apparentemente non importanti (ma a quei tempi era così che si lavorava, un po’ dappertutto) e quindi niente era lasciato al caso, nemmeno la preparazione dell’ultimo ballerino della fila o del sostituto. Si provava ore su ore, anche fuori orario; una volta mi ha fatto rimanere due ore extra, dopo la prova, a fare il Valzer con un manico di scopa, destra e sinistra, per imparare bene! E mi disse: “Quando la scopa incomincerà ad assomigliare ad una ballerina, vorrà dire che cominci a saper fare un Valzer”!! Diciamo che soprattutto per i giovani, queste esperienze sono quelle che, oltre ad essere indimenticabili, servono a dare le basi del rigore e della disciplina che sono l’essenza del nostro lavoro.

 

Tante le Compagnie in cui Lei ha danzato. Sicuramente ogni singola realtà avrà aggiunto un ricco tassello per la Sua formazione. Se potesse tornare indietro rifarebbe tutto esattamente?

Proprio per l’ultima frase che lei ha detto nella domanda, rifarei esattamente quello che ho fatto. Ogni esperienza, nel bene e nel male, ha arricchito sia la mia vita di ballerino che la mia persona. Penso che soprattutto per un artista (ma anche in generale) sia importante venire in contatto con realtà e culture differenti, perché si accresce la propria conoscenza.

 

In qualità di Guest Artist ha ballato presso i massimi palcoscenici. Tra tutte le serate quale ricorda con speciale emozione e perché?

Ce ne sarebbero un’infinità, visto i luoghi, le esperienze in sé e gli artisti con cui ho lavorato. Per esempio sono rimasto stupefatto, e ancora ricordo l’impressione che mi ha fatto, quando ho ballato sull’enorme palcoscenico del Cremlino, una vera e propria piazza d’armi.

 

Ha qualche aneddoto simpatico da raccontarci avvenuto nel corso della Sua brillante carriera?

Difficile ricordarli tutti, anche perché spesso durante uno spettacolo accadono situazioni divertenti non previste, come cadute, scivolate, problemi ai costumi, vuoti di memoria e altro, che vengono rese ancora più esilaranti dal fatto che sei in scena e che non puoi scoppiare a ridere come vorresti.

 

Tra tutti i ruoli ricoperti del grande repertorio in quale si è sentito maggiormente a proprio agio per affinità e per interpretazione?

Ce n’è più d’uno ovviamente, ma in particolare ho amato ballare il ruolo di Albrecht, in Giselle.

 

Ha avuto il privilegio di danzare con alcune tra le più importanti étoiles internazionali. Qual è stata la sua preferita per complicità artistica?

Anche questa è una domanda difficile, perché con più di una ho avuto particolari momenti in scena. Per esempio ricordo Estella Hermann per i lift più difficili che io abbia mai fatto e Barbara Raijska per l’intesa che abbiamo avuto fin da subito nel ballare insieme.

 

E tra i tanti coreografi che ha incontrato sul suo percorso chi ha fatto la differenza?

Il più importante, che mi ha fatto fatto scorgere la danza sotto altri aspetti, è stato Joseph Lazzini. Poi naturalmente anche Maurice Bejart e Roland Petit, che hanno fatto la differenza.

 

Quali sono i giusti metodi di valutazione per riconoscere un efficiente maestro e un’adeguata scuola di danza accademica?

Un “segnale” che faccia distinguere una buona scuola di danza, non è soltanto se e quanti allievi ne escono che poi passano al professionismo, ma soprattutto la loro preparazione; pur considerando che parte del lavoro la fa l’insegnante e parte l’allievo, e che ovviamente le attitudini e le capacità di ognuno sono differenti, e quindi di conseguenza il livello, una buona base, se c’è, è ben visibile, e si riconosce dalla completezza della preparazione. Un buon insegnante si riconosce, tra le altre cose, se riesce ad applicare la stessa teoria sulle diversità fisiche di ognuno, se riesce a far capire lo stesso concetto adattando parole differenti a seconda della persona con cui si sta rapportando al momento, perché non siamo tutti uguali e a volte abbiamo bisogno di “prendere strade” diverse per poter arrivare nello stesso punto. E poi un buon insegnante si riconosce anche se riesce a far migliorare gli elementi meno dotati e predisposti.

 

Dei giovani danzatori presenti sulla ribalta internazionale chi desidera segnalare per estro, doti, capacità ed espressività?

Sicuramente come ballerino al mio primo posto c’è Sergei Polunin, per la sua bravura, la pulizia della sua grande tecnica e per la completezza del suo essere artista: ha tutto, la presenza scenica, la tecnica, il carisma, la bellezza fisica, la versatilità, la naturale “pazzia” propria di tanti altri grandi artisti passati e nonostante questo “animo ribelle” che lo denota rimane per me un ballerino speciale e uno dei più interessanti del momento.

 

Un suo personale consiglio a tutti gli adolescenti che sognano di entrare nel mondo della danza sia a livello amatoriale sia a livello professionale?

La danza, come altre attività, non è per tutti (perché soprattutto nella danza classica sono richiesti dei canoni precisi), ma è di tutti. È una forma d’arte e di espressione, e in quanto tale mi sento di consigliarne lo studio, anche solo a livello amatoriale, perché a mio parere tutte le attività artistiche innalzano lo spirito e la mente. La danza poi, con il suo rigore e la sua disciplina, è un insegnamento di vita. Il mio consiglio è quello di affrontarla con dedizione, con grande passione e forza di volontà, e se si mettono in atto queste energie si può tralasciare lo spirito di competizione, che non sempre porta buoni frutti. E l’importante poi è non dimenticarsi l’umiltà.

 

La Sua è una vita dedicata alla danza ma la danza a Lei cosa ha regalato?

Mi ha regalato la vita che ho vissuto e quella che continuo a vivere, la possibilità di aver potuto fare il lavoro che sognavo e per cui ho studiato, mi ha regalato l’emozione che solo la scena può dare e mi ha regalato una passione enorme che una volta che entra a far parte della tua vita non ti abbandona più.

Michele Olivieri

 

www.giornaledelladanza.com

 

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