La Bella Addormentata nel bosco, firmata dalla triade Petipa, Cajkovskij & Alexei Ratmansky è risultata, senza dubbio, una produzione di prestigio. Un grande sforzo corale, in collaborazione con l’American Ballet Theatre di New York, per uno dei più acclamati e anche controversi coreografi del panorama internazionale odierno.
Fin dall’apertura del sipario si denota una ricerca del dettaglio, un particolare e attento studio di reperimento e ricostruzione storica avvalorata da un maestoso allestimento firmato dal vincitore di un Tony Award Richard Hudson, il quale si è basato sul lavoro originale di Léon Bakst in ricordo della pertinente produzione dei Balletti Russi di Djagilev del 1921 con gli splendidi tagli di luce ad opera di James E. Ingalls.
Il balletto, uno dei capolavori russi dell’Ottocento, prende ispirazione dalla celeberrima fiaba di Charles Perrault La Belle au bois dormant. La storia della Principessa (Svetlana Zakharova) punta da un fuso per volere della Strega Carabosse (Massimo Murru) e destinata a dormire cento anni prima di essere risvegliata da un bellissimo Principe (Jacopo Tissi) il quale nella sua pur giovane carriera è risultato all’altezza nel ruolo da protagonista, lasciando trasparire eleganza di portamento, fascino nei movimenti ed espressività esecutiva; col tempo avrà sicuramente modo di maturare e affinare al meglio la parte del Principe Désiré.
La Bella Addormentata nel Bosco (un prologo e tre atti) è ancora oggi uno tra i balletti, a mio avviso, più complessi da rappresentare e portare in scena, sia per la durata complessiva sia per il numero di danzatori a cui vengono richieste capacità di assoluta eccellenza coreutica. Da sempre simbolo del balletto romantico, ricco di rara bellezza, buon gusto e finezza mise il sigillo sull’arte tersicorea dei russi, quali sapienti esaltatori dell’incanto e magia degli assoluti capolavori del teatro musicale in danza.
Determinante in questa versione, andata in scena al Teatro alla Scala di Milano (replica del 2 ottobre 2015), il contributo dell’Orchestra Scaligera diretta dall’attento maestro Vladimir Fedoseyev, che è riuscito ad adattare la difficile partitura di Ciajkovskij alle esigenze dei singoli danzatori rimarginandole senza alterarne l’equilibrio dei brani, malgrado alcune incertezze del Corpo di Ballo, rendendo al meglio la purezza armonica nella sua totale integrità dando per volere di Ratmansky molto risalto alle pose e alla pantomima con l’azione scenica caratterizzata da una successione di gesti, passeggiate e atteggiamenti a carattere farsesco.
La storia è nota: alla corte di re Floristano, viene indetta una festa per il battesimo della principessa Aurora in cui vengono invitati cavalieri, dame e le fate buone del regno, che portano con loro doni per la principessa. Tra gli invitati però manca la strega Carabosse, non presente nella lista degli ospiti; per vendicarsi, nonostante le suppliche della corte, la strega getta una maledizione all’innocente Aurora: al sedicesimo anno di età, la principessa morirà pungendosi con un fuso. La fata dei Lillà però, non avendo ancora elargito il suo regalo, decide di modificare la maledizione: la principessa non morirà, ma sprofonderà in un lunghissimo sonno dal quale potrà risvegliarsi solo grazie al bacio di un giovane principe. Un capolavoro coreografico con la parte di Carabosse, interpretata come da tradizione da un uomo. In quest’occasione è da annoverare il felice ritorno, inciso da una interpretazione espressiva e potente, sul palcoscenico scaligero dell’étoile Massimo Murru.
Il primo atto, così come il secondo, sono stati creati per corpi di ballo altamente numerosi e il vederli tutti insieme i danzatori della Scala, sotto la direzione del maestro Makhar Vaziev, ha infuso un notevole colpo d’occhio scenico anche se, a tratti, l’impressione è stata quella di un’unione di tanti passi a volte scoordinati e scollati dalla partitura musicale pur conservando la loro intensità poetica.
Lode, come sempre, all’interprete di Aurora, l’étoile Svetlana Zakharova: tecnica impeccabile specialmente nelle gambe, è riuscita ad unire le sfumature eteree di una bellezza intensa con la leggiadria sottolineata da braccia sottili e lunghissime che l’hanno destinata ad un vero culto da parte dei ballettomani malgrado risulti altera nel porsi al cospetto del personaggio. Eccellente la sua esecuzione del celebre Adagio della Rosa, alla quale nessuna interprete di Aurora vuole rinunciare, un vero inno alla danza romantica.
Nel terzo atto, che è stato quello che ha spinto Ciajkovskij ad accettare la commissione coreografica propostagli dal sovrintendente dei teatri imperiali di San Pietroburgo, compaiono molti dei personaggi delle fiabe di Perrault: L’uccellino blu, Il gatto con gli stivali e la Gatta bianca, Cenerentola e il Principe Fortuné, Cappuccetto rosso e il Lupo. Tutti questi pezzi sono stati eseguiti (con variazioni e coda) ed anche i brani delle pietre preziose (diamante, oro, argento, zaffiro), panoramicamente con convinzione scenica.
La tradizione è stata rispettata al Teatro alla Scala, in questo allestimento, integrato dalle coreografie di Alexei Ratmansy coadiuvato da Tatiana Ratmansky, in quanto parte dei virtuosismi hanno gareggiato a restituire alla trascinante musica di Ciajkovskij l’unione della favola pur lasciando la danza assoluta protagonista.
Da segnalare la preziosa presenza degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta dal maestro Fréderic Olivieri. Nelle scene d’insieme hanno donato lustro alla messinscena echeggiando una ventata di raffinata e candida freschezza interpretativa.
Infine desidero citare per efficacia: Angelo Greco, Nicoletta Manni, Vittoria Valerio, Maria Celeste Losa, Alessandra Vassallo, Marta Gerani e Chiara Fiandra.
Uno spettacolo della grande tradizione ballettistica che da sempre incontra i gusti del pubblico per la totale padronanza dei mezzi tecnici connessi con l’esercizio artistico puro e alla ricchezza degli assoli che lo connotano, in grado di ammaliare, oggi come cento anni fa intere generazioni.
Simbolo di immortalità e autentica apoteosi della disciplina classica.
Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com
© ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala