«[…] il Flamenco trasmette per ogni individuo una bellezza interiore, una bellezza che appartiene all’anima, una bellezza che non ha un valore oggettivo. Il Flamenco non nasce dalla riflessione ma bensì dall’istinto. È la virtù di far emergere la forza irrazionale dell’individuo. Nasce dall’emarginazione e dall’umiliazione. È la voce di quelle persone che gridano con rabbia e sofferenza».
Si intitola L’essenza del flamenco il nuovo libro di Luigi De Simone pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo nel settembre del 2015. E’ davvero fresco di stampa quindi questo trattato sulla storia, l’estetica e l’arte del flamenco, la cui importanza deriva dal fatto che è un tentativo riuscito di fissare nella scrittura un’arte il cui veicolo di trasmissione per secoli è stato esclusivamente orale. Lo stesso autore infatti ci tiene a sottolinearlo immediatamente nell’Introduzione quando puntualizza che «le uniche testimonianze che abbiamo su questo stile provengono dagli interpreti stessi, infatti si tramandavano oralmente canti, musiche ed informazioni»
Tuttavia è indubbiamente assodato che le origini del flamenco si intrecciano inesorabilmente con le radici di un popolo nomade, ossia i Gitani, che – lo ricorda sempre Luigi De Simone – «durante le loro migrazioni hanno attraversato il Medio Oriente ed il Mediterraneo, arricchendo la propria cultura e conferendo alla loro musica un carattere di universalità, comune a pochi altri generi». Questo carattere di universalità, o meglio di fusione tra patrimonio etnico orientale e patrimonio etnico occidentale, conseguenza diretta del fruttuoso “vagabondare” dei gitani che si sono arricchiti di molteplici influenze sociali e culturali, è particolarmente evidente nel Baile.
Infatti molti studiosi sono concordi nel far coincidere l’origine dell’arte gitana con il Kathak, una danza indiana, che sarebbe stata importata dall’Egitto alla Spagna dai gitani intorno al 1420. Effettivamente tra le due danze ci sono evidenti somiglianze, soprattutto nel fatto che i piedi vengono usati come strumento di percussione – si pensi ai famosi zapateados – mentre le braccia si elevano verso l’alto con movimenti sinuosi e particolarmente sentiti. Tuttavia l’influenza orientale (araba) rimane soltanto l’ipotesi più attendibile tra le tante che sono state avanzate: greco-bizantina, giudaica, indiana e persiana.
Il trattato ha l’aspetto di un piccolo manuale tascabile, utilissimo per tutti coloro che vogliono conoscere in poche pagine fin nei dettagli l’arte del flamenco in tutte le sue sfaccettature: storiche, tecniche ed estetiche. Il libro offre infatti rassegne dettagliate dei vari stili (palos) del flamenco con le diverse sequenze ritmiche, dei massimi interpreti tra cui Paco De Lucia, Lola Flores e Antonio Gades, e infine, un glossario dei vari termini maggiormente usati nell’ambito artistico del flamenco per tutti gli aficionados. Il fatto che nel libro il testo si completi con esemplificativi spartiti musicali allegati tradisce invece la formazione specificatamente musicale dell’autore Luigi De Simone che è il primo chitarrista nella storia della musica italiana ed il primo chitarrista non spagnolo (straniero) ad aver conseguito la Laurea in Chitarra Flamenca.
Leonilde Zuccari
www.giornaledelladanza.com