«Maria Strova rivela la grazia del Burka e persino la sua poesia. Si interroga e, nella danza, trasforma il Burka in un fiore. Omaggio e non prigione» (Vittorio Sgarbi).
Questa definizione molto appropriata del noto critico d’arte Vittorio Sgarbi è contenuta nella fascetta che accompagna Burka, il nuovo libro edito dalla Gangemi Editore di Maria Strova. Colombiana cresciuta negli Stati Uniti, Maria Strova è una danzatrice, coreografa, insegnante e scrittrice impegnata da anni nello sviluppo dell’identità culturale della Danza del Ventre e nell’accompagnare le donne a danzare con coraggio e fierezza della propria unicità. Come autrice, dopo i due saggi Il Linguaggio Segreto della Danza del Ventre e Salomè. Il mito, la Danza dei Sette Veli, si presenta ora al pubblico dei lettori con questa sua nuova interessante creazione che è un progetto culturale forte prima ancora di essere un calibrato prodotto artistico.
Il progetto culturale che sta infatti alla base di Burka è una sperimentazione artistica di Maria Strova che come danzatrice ha voluto indossare per libera scelta il Burka, il velo integrale Afgano indossato dalle donne di religione islamica regolatole da un amico e ha iniziato a danzare. Così attraverso la danza, quel linguaggio del corpo davvero azzeccato quando si vuole dare voce a entità come la libertà o l’immaginazione senza barriere, dietro quel semplice drappo di poliestere portatore però di significati complessi e importanti, si è arricchita di un immenso bagaglio di sensazioni e stati d’animo mai provati, che ha poi fissato nella scrittura.
«Vedevo un terzo di quello che c’era intorno a me, respiravo a malapena e il mio fiato rimaneva imprigionato sotto il tessuto di poliestere. Paradossalmente, durante le prove, scoprii che nutriva la mia immaginazione anziché soffocarla». Questa è la scoperta più importante che Maria Strova fa nel corso di questa sua partecipata esperienza di ricerca artistica e culturale: quella di rendere il Burka, una volta debellata l’idea di oppressione, un simbolo di libertà e sensibilità femminile, di difesa in un mondo apertamente ostile e, soprattutto, un privilegiato trampolino di lancio per l’immaginazione. Quella stessa immaginazione che porta Maria Strova mentre balla a pensare paradossalmente ai fiori: «In mente avevo l’immagine dei fiori selvaggi che caparbi e delicati spuntano dalla terra in posti inverosimili e a volte ostili».
Nasce così questo libro che è anche un poliedrico e sbalorditivo prodotto artistico dove si fondono fotografia, natura, scrittura e danza. I pensieri originali che rivelano il vissuto artistico e creativo dell’artista, scritti in tre lingue, si accompagnano infatti alle fotografie scattate da Calogero Ferrara che riprendono l’artista danzare con il Burka, nella selvaggia natura di Ustica, della Sicilia e di Corfù. Preziosa anche la prefazione del Prof. Paolo Portoghesi, architetto della Moschea di Roma, studioso e profondo conoscitore della cultura islamica, che da subito ha creduto in questo progetto editoriale e l’ha sostenuto. Nella sua Prefazione dice: «Maria Strova ha indossato il Burka, sapendo che poteva offrire esperienze imprevedibili, diventare disvelamento di verità nascoste».
Leonilde Zuccari
www.giornaledelladanza.com