Ringraziando il Giornale della Danza e il direttore Sara Zuccari per avermi concesso la possibilità di esprimere un mio pensiero sull’attuale situazione, vorrei rivolgere l’attenzione al mondo della danza e più in particolare alle scuole di danza, che sento in piccola parte di rappresentare, vista la mia attività di ballerino, docente e direttore artistico di concorsi e stage.
Personalmente ritengo che questo sia tra i settori della nostra economia (peraltro, in tempi normali, uno dei più attivi), quello che oggi sta ricevendo minore attenzione e ascolto da parte del Governo. Chiuse dai primi giorni dell’emergenza, nella giusta considerazione del pericolo sanitario, queste realtà sono oggi in una condizione di indefinita “attesa”, a fronte di pagamenti tuttora incombenti per le strutture in affitto e di perdite crescenti per la sospensione delle attività.
Credo che ogni scuola di danza, grande o piccola che sia, dovrebbe essere messa in condizione, con interventi mirati da parte dello Stato, di poter sopravvivere. Dimenticarle e lasciarle da sole in balia della devastante crisi economica significherebbe abbandonare centinaia di migliaia di giovani che studiano questa disciplina e per i quali essa rappresenta uno strumento di formazione importante dal punto di vista artistico, ma anche umano, culturale e sociale.
Non solo. Significherebbe precarietà lavorativa per tantissimi professionisti di un intero settore: docenti, coreografi, collaboratori, negozi, industrie di abbigliamento e attrezzature per la danza, oltre che al personale di teatri ed eventi. Da queste figure dipendono ovviamente migliaia di famiglie ed è anche per questo che vanno assolutamente tutelate, protette e valorizzate.
Perdere le scuole di danza significherebbe cancellare il futuro della danza stessa e questo non deve accadere.
Mi è difficile comprendere come un noto talent show televisivo abbia potuto continuare ad andare in onda (con le relative prove in studio e nelle sale di danza) mentre, nello stesso momento, teatri, compagnie e scuole di danza venivano obbligate alla sospensione e poi alla chiusura: credo sia stato un errore grave, anche dal punto di vista simbolico, che fa pensare, in una condizione di comune difficoltà, alla persistenza di “privilegi” o comunque di differenti misure e provvedimenti a seconda della posizione di maggiore o minore importanza che si occupa nella società.
Mi auguro che simili errori non si ripetano: se dovesse essere concesso agli stadi di riaprire per le partite di calcio, dovrebbe essere altrettanto giusto dare la possibilità di ripartire anche alle scuole di danza, naturalmente mettendo al primo posto il rispetto di ferree regole di sicurezza.
In caso contrario, dovremo trovare il modo di opporci alle disuguaglianze e di chiedere ancora di più soluzioni giuste e concrete per il nostro settore.
In chiusura desidero esprimere il mio supporto a tutti gli allievi delle scuole di danza.
Il mio pensiero va a tutti i ragazzi che ho visto danzare sui palcoscenici, nelle sale danza, per le strade e ai loro occhi pieni di speranza; va ai docenti che quotidianamente con passione e amore li seguono; ai genitori che affrontano grandi sacrifici per garantirgli un percorso di formazione artistica e per vederli un giorno realizzare il sogno di diventare danzatori.
Mi auguro davvero che nessuno abbandoni queste realtà: sarebbe un errore imperdonabile. L’unione e la coesione nel nostro settore sono in questo momento la nostra vera forza: insieme teniamo accesa la luce della rinascita e non lasciamola spegnere.
Alessandro Rende
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