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Liliana Cosi, leggenda della danza di qualità [ESCLUSIVA]

 

Liliana Cosi

Liliana Cosi, milanese di nascita compie i suoi studi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano sotto la guida della direttrice Esmée Bulnes e vi si diploma nel 1958 quale miglior allieva, ricevendo un premio dal Sovrintendente Antonio Ghiringhelli per le mani di Wally Toscanini. Viene subito assunta nel corpo di ballo della Scala con contratto a tempo indeterminato e partecipa a tutti gli spettacoli d’opera e balletto. Nel 1963 si aprono i primi scambi culturali tra il Teatro Bolscioi di Mosca e il Teatro alla Scala di Milano e viene inviata, in qualità di capogruppo, per un corso di perfezionamento e lì studia con Vera Petrovna Vasilieva, moglie del coreografo Galizovski. Di ritorno in Italia decide di frequentare un periodo di studi a Parigi agli Studi Vaquer del maestro Fianchetti. A Mosca torna nel 1965, nel ’66 e nel ‘67 dove studia con i maggiori maestri di quel tempo: Tikhomirnova, Messerer, Simionova, Ulanova, Jordan, Gherdt. Nel 1965 debutta al Palazzo dei Congressi del Cremlino come protagonista nel “Lago dei Cigni” con Boris Khokhlov. Di ritorno alla Scala è promossa Solista e le affidano il “Lago dei Cigni” con Paolo Bortoluzzi e “Cenerentola” di Prokofiev-Rodriguez con Roberto Fascilla. Nuovamente a Mosca debutta nel 1966 al Bolshoi in “Giselle” con Boris Khokhlov, poi lo riprenderà con Vladimir Vassiliev, e nel 1967 sarà al Bolshoi nella “Bella Addormentata nel Bosco” con Vladimir Tikhonov. Nel 1968 è promossa Prima Ballerina alla Scala e vi interpreta i ruoli più impegnativi del repertorio classico come “Romeo e Giulietta” di Prokofiev-Cranko”, “L’Uccello di Fuoco” di Stravinski-Fokine, “Petrouchka” di Stravinski-Milloss, “Coppelia” di Delibes, “Les Sylphides”. Nello stesso anno compie la prima tournée in Unione Sovietica su invito del Goskonzert con il “Lago dei Cigni” e “Giselle” a Mosca, Riga, Odessa, Tbilissi. Questo evento diventerà un appuntamento annuale e addirittura bi-annuale per cui, in otto anni totalizza 130 spettacoli nei Teatri di tutte le capitali dell’URSS, ballando sempre coi primi ballerini dei diversi Teatri che la ospitano nel “Lago dei Cigni”, “Giselle”, “La bella Addormentata nel Bosco”, “Don Chisciotte”. Nel 1969 alla Scala è richiesta da Nureyev a ballare “La Bella Addormentata nel Bosco” ed è con lui che sarà la protagonista del suo “Schiaccianoci” alla Scala. Nello stesso anno debutta, sempre alla Scala, nella ‘prima’ di “Romeo e Giulietta” di Berlioz-Skibin con Attilio Labis e più avanti in “Daphnis e Cloe” di Debussy-Skibin con Bortoluzzi. Nel 1970 è nominata “étoile”. Il suo repertorio oltre a tutti i titoli già nominati comprende anche molti balletti della ricca produzione balanchiniana che facevano parte delle produzioni scaligere, come: “Serenade”, “Concerto Barocco”, “Sinfonia in C”, “Balletto Imperiale”, “Allegro Brillante”, Bourrée fantasque”, “I quattro Temperamenti”, “Apollo Musagete” e in occasione di serate di Gala si esibita anche in pas de deux come, “Fiamme di Parigi” di Assafiev, “Flower Festival” di Paulli, “Il Corsaro” di Drigo, ecc. Alla fine del 1977 decide di formare una Compagnia di Balletto con Marinel Stefanescu e sua moglie Louise, e fonda l’Associazione Balletto Classico, con finalità di arte e di cultura, per diffondere l’arte del balletto. Nel settembre 1978 inaugura la sede dell’Associazione a Reggio Emilia che diviene presto un grande Centro di Produzione, sede della Compagnia Balletto Classico Cosi-Stefanescu e della Scuola di Balletto a livello professionale. La sua carriera è costellata di centinaia di riconoscimenti e premi nazionali ed internazionali, tra cui la Caravella d’oro, il David di Donatello, la Maschera d’Argento, la Medaglia d’oro del Comune di Milano, l’onorificenza di Commendatore della Repubblica italiana, “Italian Superstars award” a New York , Targa del Sindaco di Los Angeles, ecc. Sempre più spesso viene invitata negli ambiti più diversi quali corsi, università, dibattiti, convegni, congressi anche internazionali ad offrire la sua ricca esperienza e il suo pensiero su molti argomenti di interesse culturale e di attualità quali l’arte, la bellezza, i giovani, l’insegnamento, il linguaggio della danza ed altri ancora.

 

Carissima Liliana quali sono le tue impressioni sul buon esito della continuazione della tua Scuola e della Compagnia?

Per me è stata una grande gioia, perché vedere nei ragazzi che sono di due generazioni più giovani di me (in realtà hanno l’età, sulla trentina, come avevamo io e Stefanescu quando iniziammo), tale generosità e determinazione nel voler continuare e portare avanti tutta quell’eredità di lavoro, di conoscenze che la nostra Compagnia ha accumulato in tanti anni di attività, mi ha commosso e me li ha rivalutati non come ballerini, perché già li apprezzavo, ma proprio come persone in quanto hanno dimostrato che non amano solo la danza per sé stessi ma la “danza per la danza”, per il futuro, per le giovani generazioni… Naturalmente in primo luogo, porteranno avanti la Scuola con tutti i nessi e i connessi, il corso estivo, gli esami d’ammissione al prossimo anno, con tutti i rapporti con i maestri, con gli allievi (e già sarebbe abbastanza) ma anche con i genitori, la parte finanziaria, la parte economica, la parte burocratica… tutti aspetti ai quali non erano abituati. Invece si stanno addentrando in tutto questo … è per me una grande soddisfazione e anche un’emozione.

Nel “Nuovo Balletto Classico” comunque tu e Marinel avrete sempre un ruolo di prestigio?

I ragazzi hanno detto subito: “Noi andiamo avanti, se ci state accanto”. Perché da soli non era pensabile… ma non solo io e Stefanescu restiamo ma anche le maestranze come la segretaria della scuola, l’amministrazione, le persone che hanno portato avanti anche altre realtà altrimenti i genitori non avrebbero più avuto fiducia. Infatti la Scuola è organizzata come un orologio in cui necessitano tutti gli ingranaggi … non basta solo il rubino!

Ora parliamo di alcuni aspetti un po’ inediti e dimenticati, ad esempio la parentesi televisiva?

 

In realtà è stata quella che mi ha dato più notorietà in Italia… perché allora negli spettacoli del sabato sera in televisione era di moda chiamare un ospite dal mondo del balletto. Mi ricordo che arrivavano talmente tante richieste, nei diversi programmi (non solo Rai 1 ma anche Canale 5) che alla fine non sapevo più cosa ballare, perché in televisione non si può ballare tutto. La prima volta ho portato la “Morte del cigno” e quella è adattissima alla tv, dura poco e richiede poco spazio. La seconda volta ricordo in un programma di Raffaella Carrà dove ho danzato la variazione di Kitry, ma siccome era troppo breve, ci ho attaccato pure la coda… l’anno dopo mi richiamano di nuovo e ho portato la variazione del “Corsaro”, altre volte ho fatto dei passi a due con Marinel Stefanescu, ma non è facile per una prima ballerina trovare qualcosa di adatto che si presti alle esigenze televisive…

Però hai danzato televisivamente anche in Studio 10 con Rudolf Nureyev?

 

Ah sì, quello è stato memorabile… però la Rai, purtroppo, non ha avuto un buon impatto con Nureyev, in fondo le sue bizze, tra virgolette, avevano sempre un motivo: un motivo professionale… se la musica che gli avevano procurato era troppo veloce lui non poteva danzare la sua variazione, così lui disse che o gli procuravano una musica più lenta o lui non registrava. A quei tempi non era così facile, non esistevano tutti i mezzi tecnologici di oggi per modificare il suono, e l’unico sistema era trovare un’orchestra e la Rai si è dimostrata veramente “La Rai” perché sono riusciti in poche ore a organizzare l’orchestra e un direttore per poter registrare quei 58 secondi di variazione della Bella Addormentata… e dopo hanno detto “chiuso”, Nureyev non verrà più in Rai… Un altro aspetto che loro non accettavano, erano, non dico i consigli ma le imposizioni che lui dava ai cameramen … Nureyev conosceva benissimo come una variazione andava ripresa, infatti si faceva riprendere ad ogni spettacolo, (non per manie di esibizionismo, ma semplicemente per correggersi). Dunque quando vedeva le prove registrate non andavano mai bene fino a quando i cameramen non facevano precisamente quello che lui indicava per le riprese delle diverse telecamere per ogni dettaglio del pezzo. Però, in realtà, sono venute fuori delle riprese magnifiche e bellissime che la Rai ha mandato in onda tantissime volte. Perciò vuol dire che aveva ragione ed è stato un peccato che abbiano preso la decisione di non chiamarlo più in Rai. Ho ballato anche a Parigi registrando per la Televisione francese con Patrice Bart, lì ad esempio c’era gente specializzata per il balletto, gli studi erano dotati di un pavimento di legno elasticizzato per balletto a differenza di quello della Rai per cui Nureyev aveva minacciato di non ballare perché era talmente duro che soleva ripetere “io divento più piccolo ad ogni salto che faccio”!…

 

Nella tua carriera hai avuto modo anche di scrivere diversi libri?

 

Sì ne ho scritti quattro “Scarpette Magiche”, “Sarò Ballerina”, “Un Sogno in Punta di piedi” ed “Étoile, la mia vita”. Libri adatti anche ai giovani ballerini. Il libro “Sarò ballerina”, è corredato da tante foto che avevo fatto scattare al Bolshoi negli ultimi anni in cui ho danzato a Mosca e mentre ricoprivo il ruolo di membro della Giuria internazionale per il Concorso di Balletto. Avevo avuto il permesso di entrare nelle sale di balletto per fotografare i corsi dei piccoli e poter così inserirle all’interno del mio libro. Sono tutti e quattro volumi in cui racconto e narro esperienze della mia vita di ballerina, cose vere, consigli giusti, che spero molti ne facciano tesoro!

Che ricordi hai del Lago soprattutto legato al periodo russo?

 

Per me è stato, il primo ruolo come prima ballerina, che ho imparato, ed ero ancora nel corpo di ballo, ballerina di fila, alla Scala. È stato proprio con questo titolo, all’età di 23 anni, che ho debuttato in qualità di Prima ballerina. Chi me lo ha insegnato, lo ha fatto proprio con un amore incredibile, sulla mia persona, per ben quattro mesi… avevo come modello Maya Plisetskaya perché non conoscevo tante altre Prime ballerina (ad esempio la Makarova, altra eccezionale interprete del Lago, l’ho scoperta in seguito). Maya era, ai miei occhi, il cigno per eccellenza… la sua plasticità, la sua forza e il cigno nero erano un fattore straordinario e incredibile. È importante e bello, per un giovane, avere dei modelli non perché ti devi identificare con quelli ma per avere un punto, pur lontanissimo, come obiettivo da raggiungere . Mi ricordo allora che la Plisetskaya è venuta a vedere la mia prima del “Lago”, a dire il vero è venuta a vedere solo il terzo atto (le interessava quello) e al termine, direttamente in palcoscenico mi ha detto: “Guarda questo non è andato bene, quest’altro non andava fatto così, e anche questo era sbagliato”… e congedandosi ha aggiunto “Guarda che non sono mica tante tre correzioni per un debutto! Lo disse con una tale schiettezza e una tale generosità tipiche russe. Tre osservazioni che le ho inchiodate fin da subito nella testa”…. Per i russi fare delle osservazioni e correggere è il più bel regalo che puoi elargire ad un ballerino. Perché per voler veramente bene ad un giovane, devi dirgli ciò che non va bene, così si migliora… Quello che va bene te lo deve dire il pubblico quando ti applaude ma i maestri hanno il dovere fondamentale di correggere.

E dei tuoi maestri ai tempi del Bolshoi chi ricordi, ad esempio la Ulanova?

 

Con la Ulanova ho fatto quattro giorni di prove per “Giselle”. Avevo già debuttato l’anno prima in Giselle ma quell’anno mi chiesero uno spettacolo per sostituire Maximova che si era infortunata e quindi dovevo ballare con Vassiliev, e avere Ulanova come maestra, perché era sempre lei che lavorava con Katia. Ricordo ancora benissimo, come mi ha mostrato certi passi della coda del secondo atto di Giselle, con quella sua capacità di volare sul palcoscenico pur non possedendo in carriera un grande salto, si muoveva con una leggerezza incredibile e ancora da maestra si intuiva come ballava in scena… allo spettacolo era in proscenio e seguiva tutto. Poi ricordo la maestra del Lago la signora Tikhomirnova che era la moglie di Messerer, e poi la Signora Jordan che mi ha insegnato Giselle, una signora molto seria e burbera, era di Leningrado e l’avevano chiamata a Mosca pur non essendoci molto feeling tra Kirov e Bolshoi. In ultimo, dulcis in fundo, la signora Gherdt per la Bella Addormentata, figlia di Pavel Gherdt noto da tutti coloro che conoscono la Storia della Danza, aveva i capelli bianchi e un’età imprecisata… ricordo che quando doveva spiegarmi il tempo dell’entrata di Aurora nel primo atto, e non capivo come eseguire il primo Pas de Chat, si è alzata lei e me lo ha mostrato… perché giustamente la seconda gamba doveva essere molto più veloce!

Mentre in Italia per quanto riguarda la Signora Bulnes?

 

Lei era una persona molto chiusa, non dava confidenza però era retta, molto retta, le ho voluto molto bene e credo anche lei me ne volesse. È lei che mi ha aperto le porte con la Russia e mi ha sempre inserita nei gruppi che dovevano andare in Unione Sovietica, per gli scambi culturali, grazie a lei ho potuto incontrarmi con quella grande scuola e pian piano assorbirne il metodo così complesso ed espressivo. Tu pensa che ero molto piazzata, al 6° corso a 14 anni eravamo in tre o quattro che facevamo i 32 fouetté… non è che fare i 32 fouetté sia una cosa straordinaria ma vuol dire che sei forte, ben sostenuta nei fianchi con la giusta tecnica. Solo che ci mancavano altre dettagli, perché allora, la nostra era una Scuola tipicamente inglese. Ricordo quale effetto mi ha fatto vedere la scuola russa, così espressiva, così ballata, con i grandi salti!

Un tuo ricordo personale di Paolo Bortoluzzi?

 

Proprio pochi giorni fa mi hanno detto che vorranno fare una serata dedicata al festival di Nervi ed io con lui, un’estate, ho proprio ballato il Cigno bianco e il Cigno nero. Era un ottimo ballerino. Anche lui geniale, quasi un autodidatta perché non veniva da una scuola importante eppure ha avuto una carriera incredibile. Certo che sono importanti le scuole, però ci vuole assolutamente il talento per emergere e lui ne è un eccellente esempio.

Un’altra tua memorabile esperienza è stata con la “Nona” di Bejart?

 

È stata un’esperienza straordinaria perché vivere quei quindici giorni a contatto con la sua Compagnia, mi ha dato il tempo di imparare bene il suo stile perché dovevo ballare il secondo dei quattro movimenti della Nona, che certamente era il più adatto a me, era il più tecnico… molto veloce e grintoso. Mentre Luciana Savignano faceva il terzo… assolutamente perfetto e disegnato su di lei! È stata importante come esperienza e in seguito lo abbiamo rifatto anche a Milano.

Qual è stato il tuo passo d’addio e la tua ultima serata in scena in veste di ballerina?

 

Il passo d’addio l’ho fatto da ragazzina a 18 anni dopo l’ottavo corso con la signora Bulnes mentre l’addio alle scene non l’ho mai fatto. Ricordo l’ultima volta che ho danzato, ed è stato nel 2000 con il Balletto in “Attesa del nuovo tempo” di Brahms. Ho danzato fin quando ho potuto, perché avevo un piede mezzo rotto da 18 anni e aspettavo che lui pian piano si bloccasse da solo e ad un certo punto mi ha fatto capire che non potevo più ballare perché veniva meno l’articolazione. Comunque dopo che ho lasciato la Scala ho danzato ancora 28 anni con la mia Compagnia, mi è sembrato un bel record, avevo già 60 anni. Qualcuno mi ha chiesto se dopo aver smesso di ballare, facevo ancora esercizi, ma io una volta lasciate le scene ho chiuso completamente. Perché quando si hanno tanti mali fisici, l’allenarti diventa veramente una tortura e un calvario. O lo si fa perché si va ancora in palcoscenico altrimenti non ne vale più la pena.

Per chiudere, cosa ti ha donato, in generale, la danza?

 

Andando avanti con gli anni, mi sono resa conto, sempre di più, che la danza è un mezzo, l’importante è la persona. È un mezzo sicuramente tra i più completi perché si esprime attraverso il corpo, ma ogni corpo è corpo / mente / anima / spiritualità / pensieri / riflessioni… le gambe non vanno da sole, non sono così importanti fini a sé stesse, né la loro altezza né la loro forma, ma l’importante è come si muovono… dipende dalla tua intelligenza, dalla tua sensibilità e dall’espressione che infondi… Mi ricordo negli ultimi dieci anni, in cui facevo più fatica a mantenere quella tecnica che possedevo, ho dovuto dedicarmi a trovare maggiori profondità in tutti i personaggi, sotto un punto di vista espressivo, e ho scoperto nuove bellezze che purtroppo a vent’anni, quando si ha un sacco di tecnica e un sacco di forza, non si conoscono… è per quello che bisogna mantenere la tecnica più a lungo possibile, fino a quando la maturità interiore sboccia totalmente, perché alla fine è quella che arriva al pubblico, e che lo fa innamorare. Di ballerine con le gambe alte o belle che fanno i foutté ce ne sono tante ma di te ce n’è una sola, per questo è importante e fondamentale tirare fuori la personalità di ognuno, soprattutto nei giovani.

Michele Olivieri

 

www.giornaledelladanza.com

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