Lindsay Kemp, cresciuto nell’Inghilterra del nord ma legato all’Italia fin dal 1978, quando il successo di Flowers condusse la sua compagnia fuori i confini dell’isola di nascita per esibirsi in ogni angolo del mondo, è l’inventore della cosiddetta danza onirica, quel genere in cui danza, teatro, mimo e acrobazia si fondono per ottenere effetti spettacolari grazie anche all’uso sapiente di luci e musiche. Precursore di una moda a cui si ispireranno molti altri gruppi attivi negli anni settanta (basti pensare ai Momix, allora agli inizi), la sua carriera lo ha visto impegnarsi non solo nella danza, che ha profondamente rinnovato, ma anche nel cinema (in Italia ha lavorato con Celestino Coronado, e con Memè Perlini in Cartoline italiane) e nella pittura.
Nel quinto appuntamento di “Allo Specchio – vizi e virtù” , Lindsay Kemp ci racconta la sua vita di danzatore e di uomo.
Domanda di rito come nasce per Lei la passione per il teatro e la danza?
Ho recitato da sempre. Le prime recite familiari le ho iniziate a 5 anni. A circa 10 anni a Liverpool, ero la star del quartiere, realizzavo degli spettacoli interpretando tutti i ruoli, cambiavo i costumi, salivo e scendevo dalle sedie per essere l’orco cattivo o la bella principessa da salvare. Un artista lo sa da subito qual’ è la sua strada. Io il mio destino l’ ho conosciuto immediatamente, è come una vocazione, non ci si può sottrarre.
Che cos’è la danza per Lei?
Qualcosa di straordinario. E’ lo spirito che parla attraverso il mio corpo, ma non basta, bisogna avere anche una forte tecnica e il corpo sempre allenato. Io quando danza è come se volassi, provo quella sensazione.
Ha la reputazione di essere trasgressivo. Ma lo è realmente nella vita?
Penso proprio di si, o al meno lo sono stato. Ma alla fine è una cosa che non ho mai cercato ho scelto di essere me stesso, di essere felice, di realizzare i miei sogni, di vivere i miei amori, e di creare spettacoli così come mi venivano in mente senza compromessi. Questo vuol dire essere trasgressivo? Ho fatto tutto con grande purezza, senza mai doppie finalità ho senza la ricerca dello scandalo. Era la gente che alcune volte si scandalizzava. Io sinceramente non capivo neanche il perché. Ma gli spettacoli avevano un tale successo che non ci pensavo più di tanto.
Il suo colore preferito?
Non posso scegliere un colore sarebbe riduttivo, diciamo l’arcobaleno.
Il suo piatto preferito?
La pizza e la pasta.
Cosa racconta nei suoi spettacoli?
Racconto storie fantastiche e non, sentimenti belli e brutti, la vita e la morte. Cerco ogni volta di suscitare suggestioni e sentimenti al pubblico in sala, facendoli diventare protagonisti di quello che vedono.
Cosa consiglia ad un giovane che vuole iniziare questo percorso?
Creavo spettacoli in momento in cui bisognava combattere per sostenere le proprie idee. Voglio lasciare, a chi vuole seguire i miei passi, quest’insegnamento. Lo so che molti artisti si rifanno al mio percorso, ma non mi sento in coscienza un caposcuola. Ogni anno mi arrivano in casa numerose tesi sul mio lavoro e sul mio personaggio. Io sono molto incuriosito di sapere questi giovani cosa vedono in me. Alcune volte le foto che vedo sui libri mi sembrano di momenti così lontani che quasi penso appartengono ad una vita precedente.
Come definisce la Sua arte?
No non credo, ho se c’è io non la conosco. Mi diverte sapere che lavoro in un genere innominabile; O forse questo ha aiutato a far divenire il mio lavoro unico e poi popolare. Mi piace usare tutti i linguaggi da quelli della comunicazione non verbale al più tradizionale teatro Shakesperiano. La danza classica, la danza moderna, la musica, la pittura, il circo.
Come vede il panorama della danza contemporanea di oggi?
Penso che ci sia ora un momento di stasi di stanca, i coreografi sono entrati in un trip e non riescono a trovare una nuova svolta. Gli spettacoli che vedo anche se gradevoli sono tutti molto simili tra loro. Sembra che tutta Europa abbia studiato nella stessa scuola. Notava la stessa cosa Pina.
Si è mai sentito un artista d’avanguardia?
Mi definiscono così. Credo nella sperimentazione, nella ricerca, nel superamento delle barriere convenzionali, mi piace dire qualcosa di nuovo, dire la mia. Da attento osservatore, ha notato se le nuove generazioni hanno imparato a usare meglio il corpo per esprimersi e comunicare? Non sono un osservatore. Non vedo la società che mi sta intorno, non vivo il mio tempo. Questo è stato sempre il mio difetto e quello che gli altri mi invidiano. Vivo in un mondo mio. Vedo gli spettacoli da semplice pubblico. Alcune cose mi piacciono altre meno.
Lindsay kemp allo specchio, come si vede?
Mi vedo come un illusionista che rievoca tanti personaggi e molti sentimenti, tra poesia e spettacolo.
Sara Zuccari
Direttore www.giornaledelladanza.com