Étoile al Teatro dell’Opera di Roma, dopo tanti anni: un titolo “pesante”…
Si, è un titolo molto forte ma è anche un segno tangibile di riconoscimento di quello che ho fatto nella mia carriera e nel mio teatro, per tanti anni. Credo sia stata una cosa giusta! A onor del vero, ero già primo ballerino: di fatto tra i due titoli cambia pochissimo, è semplicemente un modo per dare un qualcosa in più a chi, magari, ha effettivamente dato tanto per l’istituzione per cui lavora.
Secondo te, è vero che oramai non ci sono più le stelle di un tempo? Nel senso: le compagnie sono composte di bravissimi ballerini, ma non c’è più chi spicca, che si distingue?
È vero, ma credo che si debbano cercare le ragioni di questo “cambiamento” sul livello raggiunto dalla danza: siamo andati veramente avanti, i ballerini sono tutti molto preparati. È pur vero che, purtroppo, ultimamente si riscontra molta superficialità tra le persone che svolgono questo lavoro: pochissimi sono i danzatori a mettere ancora tutta l’anima!
Fare il ballerino è un mestiere difficile, è vero?
Si, molto difficile. Come in tutte le cose, bisogna metterci testa, gambe ma soprattutto anima. Non tutti riescono a mettere questi tre elementi insieme, ma chi ce la fa ottiene risultati fantastici!
Che studi hai fatto?
Ho iniziato a studiare all’Opera all’età di 10 anni e dopo il diploma ho avuto la fortuna di entrare subito in compagnia. Ho fatto un po’ di gavetta che, per mia fortuna, già avevo fatto durante il periodo della scuola (facevamo degli stage, soprattutto durante il periodo estivo). Passo dopo passo ho iniziato ad avere dei ruoli: il primo è stato nell’Aida a Caracalla, avevo appena 18 anni! Dopo un po’ di tempo ho preso un periodo di aspettativa e ho fatto una breve esperienza all’estero, in Inghilterra e Germania. Negli anni ho anche avuto modo di essere invitato in altre compagnie ed esibirmi con loro. Consiglio a tutti i ballerini di trascorrere un periodo all’estero! In questo periodo, infatti, il settore della danza non va molto bene e l’unica soluzione sembra proprio il trasferimento: all’estero, infatti, non si lascia spazio alla burocrazia, alla politica: si fa arte e basta.
A quale ruolo interpretato sei più affezionato?
Ho avuto la fortuna di ballare tantissimo: ho danzato repertorio e anche danza contemporanea, coreografie di Roland Petit, oramai parte del repertorio, senza alcun problema. Mi son sempre sentito un ballerino che deve interpretare – Romeo e Giulietta, Il lago dei cigni, Giselle però anche cose eroiche (ora un po’ superate) – ho avuto il ruolo di Spartacus, Don Chichotte, forse su quelli, essendo molto di salto e tecnica, magari mi son divertito di più. È stato bello danzare con Laura Comi: anche lei è una grande interprete. Un balletto che non mi piace tantissimo è Lo Schiaccianoci proprio perché c’è poco da interpretare: si è un principe e finita lì. Forse non mi piace molto ballarlo perché all’estero ne ho danzati veramente tanti!
Come mai, secondo te, c’è un proliferare di danzatrici dell’Europa dell’Est?
È sempre stato così, ora probabilmente si nota di più ma, rispetto al passato, non c’è nulla di nuovo. Lo studio in questi paesi è molto forte, gli allievi sono molto disciplinati: è pur vero che tra tanti ballerini uno bravo, che sa eccellere, riesce ad imporsi! Quello che manca al nostro paese è proprio questo: una scuola di qualità, un sistema più equilibrato. Quello che manca, inoltre, ed è un vero peccato, è un sistema di fondi, un processo di ristrutturazione delle sale delle scuole di danza. Nell’Europa dell’Est fare il ballerino è l’aspirazione di tantissimi ragazzi: è un’attività riconosciuta, prestigiosa e soprattutto c’è un amore fortissimo nei confronti di questa disciplina.
Come vedi gli studenti del Teatro dell’Opera di oggi?
A dir la verità, i ballerini italiani hanno ed avranno sempre qualcosa di speciale! Ho avuto la possibilità di viaggiare molto nella mia carriera e ho sempre visto che i talenti del nostro paese hanno temperamento, forza. Molti ragazzi vanno all’estero proprio perché qui non c’è spazio: ultimamente è esploso Alessandro Riga, interprete e danzatore molto preparato ed altrettanto bravo. Le compagnie non sono molto grandi, non si fanno abbastanza spettacoli ed è sempre più difficile per i giovani farsi spazio. Agli allievi molto spesso manca la concentrazione e il desiderio di dare tutto ad una disciplina come la danza.
Tu hai ballato anche in tv, quando ancora i varietà erano di altissimo livello e le coreografie erano di “qualità”
Si, ho ballato in alcune edizioni di “Fantastico” e con Lorella Cuccarini quando, a onor del vero, il varietà aveva la “v” maiuscola! Ai miei tempi era molto comune che un ballerino classico facesse anche della televisione: le coreografie si preparavano e si facevano al massimo proprio perché noi tutti avevamo una base classica molto forte. Una volta era fondamentale superare una “lezione base”, classe di danza classica: senza aver ottenuto una valutazione sufficiente, non si poteva lavorare. Ora è tutto diverso: le ragazze sono bellissime ma non sono proprio delle ballerine preparate.
Che cosa ha rappresentato la danza nella tua vita?
La danza è veramente la mia vita, non potrei dire altrimenti! L’ho conosciuta da piccolo, ci sono cresciuto, è parte integrante della mia personalità, del mio essere. Pensa che da poco sono stato operato ai piedi e, dopo un periodo di riabilitazione, mi son rimesso a ballare: non ce l’avrei mai fatta a smettere, nonostante i moniti del chirurgo che mi aveva prospettato un lungo periodo lontano dalle scene. La voglia di ballare è ancora fortissima, non mi sono riuscito a fermare. Ora è comunque un periodo di calma: mi son sforzato per rientrare a massimo regime ma adesso il mio fisico necessita una pausa. Credo comunque sia anche importante saper dire basta: c’è un età per tutti i balletti, non c’è più la freschezza di un tempo.
Credi di aver fatto tutto?
Sono molto fortunato perché nella mia carriera ho ballato tanto, avendo doti particolari che mi hanno permesso di interpretare numerosi e diversi ruoli. Sono stato scelto per tanti pezzi. Magari mi sarebbe piaciuto interpretare Killian, di stampo moderno: non è mai stato invitato a Teatro ed io stesso negli ultimi anni non mi sono più mosso tanto.
Cosa vorresti dire ai giovani ballerini?
Non mollate mai: la situazione nel nostro paese è molto difficile, i teatri chiudono, tantissimi danzatori non ballano proprio perché mancano i fondi ma sono convinto che la situazione, prima o poi, cambierà. E in positivo.
Valentina Clemente
Foto gentilmente concesse da Mario Marozzi