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Pia Russo: “Consiglio a tutti di fare piccoli passi, proprio per non rimanere delusi e per poi, un giorno, potersi voltare e dire: sono arrivata qui, non l’avrei mai detto!”

Preparazione, umiltà e disciplina: sono questi i tre valori, veri e propri cardini, che la Maestra Pia Russo mi trasmise alcuni anni fa quando cercava di insegnare a me e ad altre piccolissime allieve una tarantella: io ero una semplice bambina che si stava avvicinando alla danza di carattere, lei una maestra che già era descritta come una vera e propria “grande” della danza e del suo insegnamento. Molti anni dopo, ci siamo riviste: io non danzo più la tarantella di carattere lei, invece, ha avuto un crescendo nei suoi insegnamenti e, se già tanti anni fa era una delle poche a saper lavorare in maniera ottimale, ora è una delle “grandissime” maître de ballet. Eh già, la maître de ballet: non tutti possono intraprendere questa carriera e, nel momento in cui decidi di percorrerla, devi anche saperti migliorare, senza se e senza ma. Rivedere la Maestra Pia Russo mi ha fatto ricordare il suo sguardo di un tempo, mai cambiato, in grado di saper esprimere proprio tanta preparazione, umiltà e disciplina, valori fondamentali per un danzatore ma anche di chi, come me, nella vita ha deciso di percorrere un’altra strada e ha portato questi cardini in quello che fa ora. È proprio così: i veri maestri non ti insegnano a dare il meglio soltanto in un ambito, ma ti aiutano in tutta la vita. Ed è proprio questo che li rende speciali. La Maestra Russo è una di queste persone.

Pia Russo: una vita per la danza. Prima danzatrice, poi insegnante ed ora maître de ballet. Che cosa le ha trasmesso ciascuna esperienza?

Sono tre fasi completamente diverse: diciamo che la differenza viene fatta dalla maturità che ciascuno di noi ha relativamente all’età che ha. La fase formativa è stata importantissima perché ho avuto la fortuna di studiare con  grandi maestri come Gabriel Pupescu, Liliana Cosi, Marina Stefanescu, dei veri e propri “grandi” della danza che mi hanno dato tantissimo. Mi hanno, inoltre, fatto capire di tirare fuori sempre il meglio di me stessa: a dir la verità io non me ne rendevo affatto conto, dato che ero una spugna pronta ad assorbire il massimo dai loro insegnamenti! Avevo tanta voglia di fare e soprattutto di apprendere al meglio. La seconda fase, quella di ballerina, mi ha permesso di mettere in pratica gli insegnamenti appresi e al contempo di trasformarli! Quando si inizia a lavorare con i coreografi o per la preparazione di un balletto  metti in discussione tutto quello che hai imparato! Paradossalmente i rapporti che solitamente durano di più sono quelli con le persone che più hai detestato e che ti hanno messo in crisi. Credo sia tutto molto affascinante. Nel momento in cui ho iniziato a fare la maître tutto mi è servito di più. Tra l’altro, io non volevo intraprendere questa carriera! Mi ci sono trovata quasi costretta, sono sincera! Molte persone che in quel momento studiavano con me a lezione ottenevano ottimi posti di lavoro in compagnie importanti. Allora, mi sono detta: il mio lavoro deve essere molto buono! Quindi, diciamo, “costretta dagli eventi” ho intrapreso questa carriera, che ancora prosegue e va molto bene. Fare il maître è un mestiere molto difficile perché necessita di stile e anche di una solida conoscenza dei cambiamenti avvenuti nel tempo nel modo di ballare. Bisogna adattare il proprio gusto e “costringere” il ballerino a lavorare il proprio corpo in modo tale da raggiungere un determinato risultato: tutto questo va elaborato anche secondo quello che il ballerino deve portare in scena. Per fare tutto questo, comunque, fondamentale averlo vissuto sul proprio corpo: non puoi insegnare qualcosa che non hai dentro di te, diventa tutto molto più difficile. All’artista devi trasmettere delle emozioni, un preciso apprendimento: non solo il lato tecnico, bensì le sfumature della danza. Il maestro devo aver ricercato queste sfumature nel proprio corpo, altrimenti non sarà mai in grado di saperle trasmettere ai ballerini che ha davanti.

Qual è il compito più difficile e più importante del maître de ballet?

Sono tante le cose importanti, non ce n’è una sola: come dicevo prima, c’è un insieme di tanti valori e caratteristiche. Il maître deve avere una solida conoscenza del linguaggio classico accademico, una forte conoscenza del corpo, per poter capire fino a quando spingere un danzatore a migliorare i suoi movimenti nonché conoscere la natura umana, conoscere i dettagli di ciò che accade in sala, saper avere un giusto approccio con il singolo ma anche e soprattutto con la compagnia.

È difficile fare tutto questo, in una compagnia?

Si, assolutamente non è facile! Si lavora con delle persone che hanno sentimenti, umori, desideri, con il loro immaginario: ciò che si deve fare, come prima cosa, è sistemare il lato tecnico, lavorare sui dettagli poi, come secondo passo, dare corpo alla coreografia, farla “vivere” in scena, perché è sempre e comunque un momento teatrale. Bisogna emozionare chi guarda la coreografia e tutto questo non si può fare se prima non ci si è emozionati! Il maitre è il custode di quello che vuole mettere in scena il coreografo, sia un pezzo classico sia una coreografia contemporanea, e deve avere rispetto di chi ha creata quella pièce nel passato.

Che cosa cerca nei ballerini che lavorano con lei?

Io non scelgo i ballerini che lavorano con me: io ci lavoro semplicemente e sono al loro “servizio”. Il mio compito è riuscire a tirare fuori il meglio da questi danzatori. Io ho una forte visione della danza, ma è un mio modo: ovviamente chi decide di lavorare con me apprezza il mio lavoro e soprattutto il mio approccio alla danza e ai danzatori della compagnia. Sono io che devo mediare la mia visione, le persone che ho davanti e il coreografo.

Lei ha avuto la fortuna di conoscere la danza molti anni fa: che cosa manca alla danza di adesso?

I talenti ci sono, questo è poco ma sicuro! Quello che credo manchi è la possibilità di far crescere le persone. Ai danzatori di questi giorni non viene data la possibilità, per mancanza di soldi soprattutto, di andare tutti i giorni in scena: questo vuol dire non poter crescere. Poter  salire sul palco tutte le sere è un banco di prova per i danzatori che, anche e soprattutto grazie a questo, verificano le conoscenze apprese in sala. I giovani devono ballare tanto e lavorare con coreografi bravi, che in sala lavorano sulla ricerca del movimento. È come se, in questo paese non ci fosse la volontà di far crescere le persone: questo non dipende dai direttori, purtroppo la situazione è così.

C’è un filo rosso che ha guidato la sua vita, un pensiero particolare che l’ha accompagnata nel suo percorso?

Io non ho mai avuto grandi progetti: avevo idee a piccole scadenze e sono sempre andata avanti per la mia strada. Ho lavorato tantissimo con me stessa: talvolta mi veniva riconosciuto, in altre occasioni no ma ho sempre fatto le mie scelte. Ho sempre lavorato nella ricerca, nei dettagli, nel piccolo lavoro quotidiano che mi ha fatto crescere con costanza. Consiglio a tutti di fare piccoli passi, proprio per non rimanere delusi e per poi, un giorno, potersi voltare e dire “sono arrivata qui, non l’avrei mai detto”! Come tutti, ho avuto le mie delusioni ma sono andata avanti.

È questo che vuole trasmettere ai ragazzi con cui lavora?

Credo che certe idee non si possano esprimere con le parole, ma si debbano trasmettere nel modo in cui si lavora: l’approccio che si ha quotidianamente diventa un esempio, secondo il mio modo di pensare. Ed è così che mi comporto: attraverso i miei insegnamenti sul campo, voglio dare il massimo ai danzatori che apprendono da me.

Valentina Clemente

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