L’inaugurazione di Torinodanza Festival è programmata al Teatro Regio il 10 settembre, alle ore 20:00, con una serata in cui saranno presentati, in prima italiana, due diversi spettacoli a firma Sidi Larbi Cherkaoui, NOETIC e ICON, entrambi prodotti da GöteborgsOperans Danskompani, il corpo di ballo dell’Opera della città svedese di Göteborg che da anni sta costruendo un repertorio tra i più interessanti in Europa. Con questo debutto si suggella una collaborazione con Sidi Larbi Cherkaoui, che sarà “artista associato” del Festival Torinodanza, dunque presente con una propria produzione nei prossimi tre anni di programmazione.
Noetic e Icon, entrambi realizzati con le scenografie dell’artista visivo inglese Antony Gormley, sono opere emblematiche e significative del percorso artistico di Sidi Larbi Cherkaoui: se Noetic fonda il proprio disegno creativo su elementi aerei supportati da elementi scenici che costruiscono affascinanti geometrie e forme, in Icon elementi di argilla costituiscono la scenografia e gli oggetti che ne derivano ancorano pesantemente al suolo forme e movimenti. Nei due spettacoli di Sidi Larbi Cherkaoui si celano domande universali. In Icon il coreografo si pone la questione di come la società contemporanea senta la necessità di crearsi sempre nuovi miti, delle vere e proprie “icone”, per poi distruggerle e sostituirle, perdendosi in una spirale infinita, in Noetic si interroga sul rapporto tra scienza e coscienza, tra forme fisiche e forme della mente. Noetic e Icon sono inseriti in MITO SettembreMusica, con cui prosegue la ormai consolidata collaborazione.
Noetic è la prima esperienza del coreografo Sidi Larbi Cherkaoui con la compagnia di danza del Teatro dell’Opera di Göteborg cui segue, due anni dopo, la creazione di Icon. I due spettacoli sono collegati, in opposizione, tra loro grazie alle loro specifiche differenze: se Noetic fonda il proprio disegno creativo sulla leggerezza della materia grazie ad elementi scenici che costruiscono geometrie e forme aeree, in Icon l’uso dell’argilla che forma scenografia e oggetti scenici áncora pesantemente al suolo gesti e movimenti dei danzatori. La creazione esplora la necessità istintiva dell’uomo di strutturare ogni dettaglio della propria esistenza e del desiderio di liberarsi di regole e sistemi per scoprire cosa sta al di là di essi. I movimenti, a volte meccanici, a volte fluidi e classici, permettono ai danzatori di costruire e de-costruire la realtà.
In questa pièce ho lavorato sulle nostre interconnessioni più intime, sulla conoscenza che ci mette in relazione con l’istinto, che ne determina causa ed effetto ‒ dichiara Sidi Larbi Cherkaoui. Per esplorare questi legami degli individui tra di loro e con la società, Cherkaoui ha lavorato con l’artista visivo inglese Antony Gormley, suo storico collaboratore: insieme hanno creato lunghe aste flessibili in fibra di carbonio che formano linee, quadrati che delimitano gli spazi e, legate tra loro, cerchi perfetti, sfere, forme importanti e nello stesso tempo sottili. Geometrie sacre, specchio della vita urbana in forma di funzione meccanica, effetto del microcosmo in un macrocosmo, interconnessioni di tutte le strutture in rete: Noetic affronta questi temi con poesia.
L’interazione di queste forme sferiche intrecciate tra loro ‒ dichiara Antony Gormley ‒ evoca la cristallografia molecolare: le valenze degli atomi che costituiscono le molecole degli elementi e i loro legami puri. La geometria del cerchio è sacra nella Cabala, nella tradizione tantrica, nell’architettura islamica e in moltissime altre tradizioni che integrano le regole numerologiche dei sistemi binari – triangolo, quadrato, pentagramma – così come lo sviluppo di tutte le relazioni poliedriche. In questa pièce le figure geometriche sono degli strumenti destinati a far emergere delle forme piuttosto che delle strutture dogmatiche: creano possibilità piuttosto che creare dei vincoli. E i danzatori manipolano con dolcezza lo spazio, si adattano allo spazio, interagiscono con lo spazio.
La riflessione da cui è partito Sidi Larbi Cherkaoui per la creazione di Icon, seconda produzione con la compagnia di danza del Teatro dell’Opera di Göteborg, è sul come in ogni tempo l’uomo abbia la tendenza a fabbricare degli idoli, investendoli di forza e di potere, per avere poi la capacità di distruggerli e ricominciare, come se ogni atto fondante della vita nascesse da una necessità di distruzione. Per esprimere questo pensiero metafisico, Cherkaoui, insieme all’artista Antony Gormley ha scelto di lavorare con la creta, la materia fisica tra le più pesanti, ma anche la più manipolabile, con una potenzialità infinita di trasformazione, come il corpo del danzatore: I danzatori nel loro rapporto con le forme d’argilla rappresentano per me la nozione di icona e distruzione dell’icona, portando un messaggio universale di mutazione costante ‒ dichiara il coreografo.
Il risultato è un palcoscenico che assomiglia a un campo di battaglia in cui ciascun interprete lotta con se stesso e gli altri nella costruzione-difesa-distruzione di un proprio simulacro, creando gesti che evocano un rituale, a tratti ancestrale, amplificato dalle armonie di sonorità antiche espresse dalle musiche eseguite dal vivo. Icon tratta del potere dell’immagine scolpita ‒ aggiunge Gormley. La nostra capacità di creare effigi o equivalenti corporei è una forma di furto rispetto all’evoluzione o al potere divino. L’Ebraismo e l’Islam vietano la creazione di qualsiasi forma di immagine in virtù della capacità della scultura di controllare e modificare le nostre attitudini. Siamo partiti dalla trasformazione di una massa inerte in immagine e poi dall’immagine all’entropia o alla disintegrazione. La tensione tra iconografia e iconoclastia è una questione che non ci lascerà mai. Lo spettacolo unisce tredici danzatori della compagnia del Teatro dell’Opera di Göteborg a cinque danzatori della compagnia Eastman fondata e diretta da Sidi Larbi Cherkaoui con sede ad Anversa.
ORARI & INFO
Lunedì 10 settembre 2018, ore 20:00
TEATRO REGIO
Piazza Castello 215 – Torino
Lorena Coppola
www.giornaledelladanza.com
Photo Credits: Bengt Wanselius