La disabilità è un argomento che vale la pena affrontare nel settore della danza. Molto spesso si pensa che solo corpi “perfetti” e modellati possono avvicinarsi alla danza, vista come la perfezione da raggiungere. Mentre al contrario si parla e si conosce poco degli aspetti terapeutici che si hanno sul corpo, ma soprattutto sulla mente. Danzare ci fa stare bene, fa gioire, e sopratutto è un atto sociale. Anche nello studio della danza, così come per la danza classica, contemporanea ecc. le lezioni sono collettive e quindi c’è un aspetto sociale e un confronto durante tutto l’atto dell’imparare. Non si impara a danzare da soli, ma è un’azione sublime che porta con se delle poetiche profonde attraverso l’utilizzo di un linguaggio corporeo non verbale, dando la possibilità di esprimere quello che la parola non può fare.
Uomini e donne con varie disabilità in tutto il mondo partecipano attivamente sia negli spettacoli di danza amatoriale che professionale. Compagnie professionali di danza contemporanea, come Axis Dance Company negli Stati Uniti d’America e CandoCo nel Regno Unito presentano coreografie di ensemble misto di danzatori abili e diversamente abili. Persino la Cina ha dedicato molte risorse nella creazione di compagnie con disabilità. In Italia già da molti anni viene organizzato a Milano il festival Dream Time, che l’ha vista alla settima edizione, la cui madrina è stata Anna Maria Prina, festival dedicato alla disabilità, ma da considerare anche le numerose associazioni e organizzazioni presenti sul territorio Italiano che si occupano di disabilità nell’ambito dell’arte coreutica.
Questo è un settore ancora oggi tutto da scoprire, e potrebbe essere una grande opportunità di lavoro, nonché una “seconda carriera”. Tutti i danzatori che smettono di danzare sul palcoscenico dovrebbero aver la possibilità di poter “ritornare a scuola” creando una seconda carriera. Questo è un argomento che abbiamo discusso più volte in questa rubrica. La transizione della vita di un danzatore, nel momento in cui smette di esibirsi sul palcoscenico, continua condividendo con la società il grande bagaglio di esperienza e di nozioni, acquisite in tanti anni.
Un’area molto interessante è quella della DanceAbility (http://www.danceability.com/links.php) dove si lavora con persone totalmente differenti, diverse tra loro per età, abilità, provenienza, sesso e cultura. A volte si lavora insieme agli psicologi, altri lavorano sulla lettura del parametro corporeo, sull’interpretazione e su alcuni concetti di Rudolf Laban (Movement Analysis http://en.wikipedia.org/wiki/Laban_Movement_Analysis) ma sopratutto sugli aspetti terapeutici della danza. Poi c’è ricordare l’importanza che l’espressione e il gesto può significare nello sviluppo e nella vita quotidiana oltre a quella professionale.
Senza dubbio chi si avvicina a quest’ambito, dovrà studiare a fondo gli aspetti psicologici e pedagogici nell’approccio del movimento con una persona disabile. Dedicarsi alle persone che hanno disabilità, è di sicuro un dono, ma soprattutto un lavoro. Per esempio la mia esperienza personale in questo campo mi ha dato la opportunità di ampliare le conoscenze sull’importanza dell’utilizzo del movimento del corpo come mezzo di terapia, potendo constatare personalmente che non esistono disabilità nel movimento, anzi casomai è un altro modo di approcciarsi al movimento, al corpo e alla creatività.
Per il coreografo non ci sono mai limiti su quello che un corpo può fare e raggiungere, c’è un percorso creativo da seguire e un linguaggio coreutico da sviluppare che certamente apre un varco nella sfera della disabilità, e DanceAbility potrebbe riservare una vera fonte di idee da condividere in maniera universale con il pubblico. Un esempio lampante di una brillante carriera in questo campo, è certamente riconosciuto nella danzatrice Simona Azori, che pur essendo priva di braccia dalla nascita, non si è mai persa d’animo e ha intrapreso sin da giovane l’attività di pittrice e di ballerina classica. La danzatrice scrive: “Perché ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c’è? Spesso i limiti non sono reali, i limiti sono solo negli occhi di chi ci guarda.”.
Con queste parole vi auguro un buon Natale e un nuovo anno carico di creatività, con la speranza che questo periodo porti un pò di pace nel mondo e tanta felicità nel cuore di tutti i bambini di ogni colore e razza. A gennaio sarò di nuovo qui pronto ad affrontare nuovi argomenti sul mondo della danza!
Lettori, insieme possiamo condividere idee e esperienze con un pubblico sempre più vasto. Inviate per mail le vostre domande e/o proposte, ma soprattutto raccontateci le vostre esperienze riguardo il settore danza.
Apriamo insieme un dialogo Inform-Azione.
Joseph Fontano