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Stoffa per la Danza: Il costume del seicento

Il 600 rappresenta un periodo determinante per l’evoluzione del costume così come lo intendiamo oggi. Chi veste comprende e desidera creare un abito che sappia vestire l’anima del danzatore, suggellare quel patto d’amore che inizia a crearsi tra  passi e piroette.

Nel 1661 Luigi XIV fondò l’accademia Nazionale della Musica della Danza e nacque la professione del ballerino professionista e di qui la necessità di un abito unico nella consapevolezza di rappresentare il corpo dove il danzatore rispecchia lo spirito ma anche un abito che  deve agevolare i movimenti sempre più rapidi del danzatore stesso . Anche se le tenute erano ancora molto elaborate , ricami e colori che richiamavano alla ricchezza ed allo splendore proprio di questo secolo “superfluo” cosi come gli accessori che non dovevano mai mancare. Questo stile era riversato anche nella vita di quel tempo infatti

E’ proprio attraverso le tele dei grandi artisti che possiamo conoscere le vere donne e i veri uomini, di quelli che si incontravano per strada, in un caffè, colti con il sudore negli occhi mentre con un piede si facevano nervosamente strada nei campi. Ognuno di essi veniva rappresentato per quello che era, per i loro sguardi ma anche nei loro vestiti. L’abito, infatti, non era semplicemente apparire ma appartenere. Ad ogni ceto sociale ne era attribuito uno, come ad ogni animale la sua pelliccia.

Dalla nascita dell’uomo ai giorni nostri, tutti hanno visto nei capi un segno distintivo del loro essere, un riconoscimento. Ad ogni periodo è attribuita una peculiarità nel vestiario, proprio come avviene oggi. Ad esempio agli uomini era attribuito l’allora famoso “farsetto”, un giubbino appuntito sul davanti e indossato su calzoni voluminosi chiusi in basso da stivali con il bordo piegato o calze bianche e colorate. Non erano poi scontati tutti gli accessori con i quali un abito doveva essere decorato, ancor più in un uomo. Allo stesso modo non era possibile sfigurare per la capigliatura, quindi dopo aver portato a lungo tempo i capelli corti e la barba, gli uomini iniziarono ad indossare parrucche dai lunghi capelli boccolosi, segno di grande eleganza.

Il vestiario delle donne doveva anche essere molto rotondo, ricco di merletti e colori a seconda delle occasioni. Le gonne dovevano poggiare sul “verdugale”, una gabbia di cerchi concentrici partendo dalla vita fino in basso. Indossavano anche i classici corpetti che stringevano la vita tanto da spingere la dame a trattenere il respiro mentre qualcuno legava loro i laccetti dietro la schiena. L’ispirazione arrivava sempre dai costumi francesi dell’epoca.

E’ anche vero che il 600 è stato un secolo di grandi cambiamenti, di grandi guerre e tutta questa passionalità ha influito sui costumi che venivano scelti con colori ricchi e brillanti, che dessero pace e tranquillità. Studiare la moda vuol dire studiare anche gli avvenimenti del secolo, le emozioni e i desideri degli uomini in battaglia, delle donne in casa o dei contadini. Ogni evento o stato d’animo ha un colore, una piega diversa, e ognuno di noi, come una dama dipinta in un quadro, ha bisogno di comunicare con un semplice capo ciò che sente dentro. “Nulla è più necessario del superfluo” , scrisse Oscar Wilde,  i costumisti  avevano fatto proprio questo concetto già due secoli prima.

Giuseppe Tramontano

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