C’è nel mondo della danza un progressivo, allarmante, infierire, un crescente accanimento, un’aggressività non solo morale ma anche fisico-materiale per sete di potere. Apprendiamo con orrore, misto a disgusto, quanto è successo a Mosca in seno agli organismi del Teatro Bolshoi. Specchio dei tempi, è stato detto, ma anche specchio allarmante che proietta luci sinistre e orribili. Altro guaio di rilievo: il pubblico, spettatore o lettore, senza una reale indignazione, si compiace di questa sorta di spettacolarizzazione, per eliminare ciò che invece, all’ascolto di fatti e di notizie orripilanti, non è che un sintomo di decadenza nel costume di vita generale. Una storia di gelosie, di odi, di violenze di vario genere che ci lasciano sgomenti. Purtroppo non si sa ancora tutta la verità, ma ciò di cui si è venuti a conoscenza finora è sufficiente per stabilire un quadro abbastanza drammatico. C’è così poco di artistico nella storia che stiamo per raccontarvi.
Metti un ballerino, Sergej Filin, di notevole bravura e notorietà (lo abbiamo visto in alcune occasioni anche in Italia), passato alle redini della direzione di ballo al Bolshoi, quindi invidiatissimo, affrontato, all’uscita del teatro, da un sicario il quale gli getta sul volto acido solforico concentrato al punto di sfigurarlo e di minacciarne la vista. Non conosciamo l’esito dell’intervento chirurgico, della durata di quattro ore, in Germania, per restituirgli la vista e un aspetto quasi normale. Radici profonde di dissenso, di odio e d’invidia si intrecciano nell’antico e glorioso stabile del teatro. Un ballerino solista del Bolshoi, Pavel Dmitrichenko, incarica un collega, Yuri Zarutsky, di dare una lezione a Filin. In che modo? Pare che quest’ultimo avesse interpretato l’incarico nella maniera più drastica e grave che si possa conoscere. E perché? Il sicario non avrebbe gradito certe tendenze del neodirettore, ammogliato, ma pare dedito anche ad esperienze omosessuali. Semmai, sono fatti suoi, perfettamente allineati alla sua natura.
Tutto è ancora da chiarire secondo l’avvocato di Filin, ma il mandante del delitto ha chiarito il motivo principale dell’attentato per cui il direttore avrebbe rifiutato di assegnare il ruolo di Odette ne “Il Lago dei Cigni” proprio alla fidanzata di Dmitrichenko. Probabilmente non ne aveva le attitudini… Dmitrichenko, specialista del ruolo di Ivan il terribile nel balletto omonimo, non avrebbe così smentito compatibilità e assuefazione al celebre personaggio veramente terribile. Pare che sia stato costume del ballerino minacciare sempre tutti come se tornasse a vivere la parte. È anche vero che l’esimio poeta Fëdor Ivanovič Tjutčev del secolo XIX ci ha asciato scritto che la Russia non si intende con il senno né si misura con il metro comune: la Russia è fatta a modo suo, ad essa si può credere soltanto…
Conclusione: senza toccare i toni drammatici dell’accaduto moscovita, consapevoli che al Bolshoi regni e sovrani da tempo un regime di terrore, facciamo nostra la considerazione del barbarismo ormai impossessatosi della società. È chiaro che una lotta insensata, quando non disperata, tenti in tutti i modi di sgomitare per prendere il posto dell’altro, peggio ancora quando non ne ha le risorse o i talenti sino alla violenza estrema per far cadere dalla torre il rivale (che poi rivale non è) nelle maniere più incivili, brutali; ecco, proprio così: barbare!
Alberto Testa