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Tag Archives: Beauchamp-Feuillet

“Settima posizione” nel neoclassicismo francese di Lifar

La settima posizione nella danza è un argomento interessante, perché non fa parte del sistema canonico di posizioni dei piedi definito nel balletto classico accademico moderno (quello codificato da Pierre Beauchamp e poi sistematizzato da Feuillet e da Carlo Blasis). Tuttavia, il termine settima posizione è esistito storicamente e compare in alcuni contesti specifici. Nel XVII secolo, durante il periodo di Luigi XIV (quando nacque la danza accademica francese), furono formalizzate le cinque posizioni dei piedi che conosciamo oggi. Tuttavia, alcuni trattati antichi di danza (in particolare quelli di Beauchamp e Rameau) menzionano una sesta e talvolta una settima posizione, che però non sono sopravvissute nella codificazione moderna. Nel XVIII e XIX secolo, la settima posizione indicava: una posizione derivata dalla quinta, ma con una gamba davanti e l’altra dietro in punta o demi-pointe, come una posizione di transizione. In alcuni casi, una posizione “en croix”, ovvero con un piede puntato lateralmente (una variante più ampia della quarta o della quinta). In altre scuole (soprattutto in quella italiana ottocentesca, come nel metodo Cecchetti), si parlava di sette posizioni, includendo la sesta (piedi paralleli, posizione naturale) e la settima come una posizione derivata dal movimento o dall’en dehors estremo. Oggi il ...

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Trattati di danza: quando il corpo scrive la storia

Oggi, i trattati di danza storici sono strumenti imprescindibili per studiosi, danzatori e coreografi che si occupano di ricostruzione filologica e interpretazione del repertorio antico. Essi testimoniano come il corpo, attraverso il gesto danzato, sia stato plasmato da ideali estetici, morali e sociali. Ogni passo, ogni posa, non è solo tecnica, ma rappresenta un’idea di mondo, una visione dell’uomo e del suo posto nella società. La danza è stata, per secoli, il linguaggio invisibile del potere, della grazia e dell’educazione. E i trattati di danza? I suoi archivi segreti. Non solo manuali di passi, ma veri e propri codici del corpo, capaci di raccontare epoche intere attraverso il movimento. Nel Quattrocento, le corti italiane trasformano la danza in arte codificata. Domenico da Piacenza, con il suo De arte saltandi, scrive il primo trattato noto. Più che passi, insegna comportamento: come muoversi con grazia in società. I suoi allievi – Guglielmo Ebreo e Cornazzano – ne ampliano il messaggio, creando una vera grammatica coreutica rinascimentale. Nel 1589, in Francia, Thoinot Arbeau pubblica l’Orchésographie. È un trattato, sì, ma anche un dialogo tra maestro e discepolo, dove danze popolari e di corte si intrecciano con musica e ritmo. Una guida che parla ...

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