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Stendere le punte: il segreto invisibile della danza classica

Chi osserva un ballerino classico spesso resta incantato dalla sua eleganza: movimenti che sembrano sospesi, passi che sfiorano l’aria, linee perfette che si perdono nello spazio. Ma dietro quella leggerezza apparente si nasconde una disciplina minuziosa, fatta di controllo e consapevolezza. Tra i gesti più delicati e decisivi, ce n’è uno che racconta tutta l’essenza del balletto: stendere le punte dei piedi. Nel linguaggio del corpo, il piede è la penna con cui il danzatore scrive nell’aria. Quando la punta si allunga completamente, la linea della gamba si prolunga fino all’infinito, creando un effetto visivo di purezza e continuità. Un piede non steso, invece, spezza la magia: la linea si interrompe, la figura perde fluidità, l’occhio dello spettatore smette di seguire con meraviglia il movimento. Stendere le punte è, in fondo, un atto estetico di rispetto verso la danza: il dettaglio che trasforma il gesto in arte. Dietro la bellezza si cela la tecnica. Un piede ben steso non è solo elegante, ma anche funzionale. Durante i salti o i giri, l’allungamento del piede favorisce il controllo dell’equilibrio, la spinta dal suolo e la stabilità dell’atterraggio. Allenare le punte significa anche proteggere le articolazioni: un piede attivo e ben allineato ...

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Rudolf Nureyev: perché veniva chiamato “il tartaro volante”?

Quando Rudolf Nureyev si lanciava in aria, sembrava che la gravità perdesse validità. Il pubblico tratteneva il respiro, sospeso con lui in una frazione di eternità. Non era solo un salto: era una dichiarazione d’indipendenza. Da uomo. Da artista. Da figlio dell’Asia e simbolo dell’Occidente. E fu proprio per questo che il mondo iniziò a chiamarlo Il tartaro volante. La stampa europea lo coniò con romanticismo quasi orientaleggiante. Tartaro evocava qualcosa di primitivo, fiero, indomabile. Una parola che funzionava come etichetta poetica per una figura fuori dai canoni. Nato in un treno transiberiano, cresciuto nella steppa e addestrato con rigore sovietico, Nureyev non era solo un ballerino: era un uragano. Il termine “volante” era, al contrario, perfettamente esatto. Il suo corpo non danzava: si librava. Chiunque abbia visto i suoi salti — che sfidavano le leggi della fisica con una sospensione surreale — capisce che non si trattava di semplice tecnica. C’era qualcosa di più. Come se ogni battito d’ali danzante fosse un atto di fede nella possibilità di elevarsi oltre il corpo e il tempo. Nureyev non fu mai addomesticabile. Nel 1961, quando decise di disertare durante una tournée del Kirov a Parigi, la sua fuga non fu solo ...

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