Geometrie di corpi ordinate secondo uno schema perfetto nella sua mescolanza e confusione, mimiche facciali sempre sul labile confine tra l’ironia e l’iper-concentrazione, sequenze coreografiche impeccabili – se non per qualche leggera sbavatura di coordinazione – nel palesare la finezza del genio creativo di un maestro della danza contemporanea come Angelin Preljocaj. Questi i punti di forza di Empty Moves (parts I, II & III), andato in scena all’Arena del Sole di Bologna lo scorso 18 novembre (in replica anche il 19). Già nel titolo, dichiaratamente omaggiante la performance Empty Words di John Cage, si intuisce che dai 105 minuti di messinscena c’è da aspettarsi qualcosa di sbalorditivo, tentando (invano) d’immaginare il frutto dell’avvicinamento di cotanti pilastri della danza e della musica dei nostri tempi. E la performance persino supera le aspettative: i corpi sinuosi, elastici e – per certi versi – intriganti dei quattro danzatori in scena (Nuriya Nagimova, Yurié Tsugawa, Baptiste Coissieu e Liam Warren) ipnotizzano totalmente lo sguardo degli spettatori, quasi distraendo la mente dalla rimbombante presenza della registrazione audio di sottofondo, in cui ai suoni del compianto compositore statunitense si alternano le urla di disapprovazione del pubblico milanese, che assistette allo spettacolo nel 1977. Un ...
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