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Danzaterapia: il potere curativo del movimento

La danzaterapia è una disciplina che unisce corpo, mente ed emozioni, trasformando il movimento in uno strumento di guarigione e crescita personale. A differenza della danza tradizionale, il suo obiettivo non è la performance o l’estetica, ma la possibilità di esprimere ciò che le parole spesso non riescono a raccontare. Nata negli Stati Uniti negli anni Quaranta e Cinquanta grazie a figure come Marian Chace e Trudi Schoop, la danzaterapia si è sviluppata osservando come il corpo potesse rivelare emozioni nascoste e facilitare processi psicologici complessi. La premessa centrale è semplice ma potente: mente e corpo sono un’unica entità, e il movimento è un ponte tra le sensazioni interiori e l’espressione esterna. Una tipica sessione di danzaterapia può assumere forme diverse, a seconda delle esigenze dei partecipanti e dell’approccio del terapeuta. Tra le pratiche più comuni troviamo: Movimento spontaneo: liberare il corpo dai vincoli e lasciare che le emozioni guidino i gesti. Espressione simbolica: utilizzare gesti e posture per rappresentare emozioni, ricordi o conflitti interiori. Interazione di gruppo: il corpo come mezzo di comunicazione e connessione con gli altri. Sequenze guidate: movimenti strutturati pensati per stimolare consapevolezza corporea, rilassamento o energia. Ogni gesto diventa un mezzo per ascoltare se stessi, ...

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La memorabile scena della pazzia in “Giselle”

Nel vasto panorama del balletto romantico, pochi momenti hanno avuto la forza di scolpire nell’immaginario collettivo un’emozione tanto pura e devastante quanto la scena della pazzia in Giselle. È l’istante in cui la protagonista, fragile e luminosa come un raggio di luna, vede infrangersi la sua illusione d’amore e, con essa, la sua stessa identità. Non è soltanto un passaggio narrativo: è un rito iniziatico, un abisso psicologico e un vertice di arte interpretativa. Inserita alla fine del primo atto, la scena si apre dopo la rivelazione del tradimento di Albrecht. Il villaggio, prima luogo di festa, diventa una cornice muta che osserva la lenta dissoluzione della giovane. La coreografia — ereditata dalla tradizione ma continuamente reinventata dalle grandi interpreti — abbandona la linearità dei passi accademici per farsi discorso frantumato: salti privati di slancio, gesti ripetuti come interrotti a metà, una postura che scivola dal controllo allo smarrimento. Giselle non impazzisce semplicemente: disimpara ad essere corpo. Ogni movimento diventa l’eco della vita che le sfugge, come se la danza stessa si spezzasse insieme al suo cuore. Ciò che rende unica questa scena è il suo linguaggio sottile. Nel teatro romantico l’amore tradito è tema frequente, ma in Giselle non ...

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La danza classica insegna a volare

La danza classica è un linguaggio che non si accontenta della terra. Vive nell’aria, nella sospensione, nel momento in cui il corpo dimentica il peso e ricorda al mondo che la grazia può essere una forma di ribellione alla gravità. È un’arte che non guarda avanti né indietro, ma in alto, come se ogni gesto fosse un atto di fede nella leggerezza. In ogni passo di danza classica c’è un respiro che si allunga, un pensiero che si innalza. Le punte non servono soltanto a sostenere il corpo, ma a tradurre in carne e ossa un desiderio di ascesa. Le gambe si tendono come colonne di luce, le braccia disegnano archi che aprono spazi invisibili tra l’umano e il cielo. Il danzatore classico non fugge la terra: la usa come trampolino, come memoria. Ma la sua vera casa è quel secondo di sospensione, quando il corpo non appartiene più né al suolo né all’aria, e tutto sembra possibile. Nella danza classica, l’altezza non è misura ma metafora. È purezza, spiritualità, aspirazione. Il volto rivolto verso l’alto non cerca solo il punto più alto della scena, ma un punto più alto dell’essere. La schiena si apre, il collo si allunga, e ...

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Toulouse-Lautrec e la danza: il battito segreto di Montmartre

Nelle notti di Parigi di fine Ottocento, quando il fumo dei caffè si mescolava al profumo di assenzio, Henri de Toulouse-Lautrec trovò la sua verità. Nei gesti delle ballerine del Moulin Rouge — un salto, un sorriso, una piega del busto — egli vide l’anima inquieta della modernità. Per Lautrec la danza non era spettacolo, ma vita allo stato puro: un corpo che sfida la gravità, un istante di libertà prima della caduta. Seduto ai tavoli dei cabaret di Montmartre, disegnava febbrilmente, come se temesse che la musica finisse prima del suo tratto. Le sue donne — Jane Avril, La Goulue, Yvette Guilbert — non sono figure idealizzate, ma creature vive, contraddittorie, consumate dalla stessa energia che le anima. Con linee spezzate e colori vibranti, Lautrec trasformò il movimento in ritmo visivo. Le sue litografie non descrivono: pulsano. Ogni manifesto è una danza che si espande nello spazio, dove il nome di un’artista diventa coreografia tipografica e la luce gialla del cabaret diventa battito del cuore. Dietro il clamore del can-can e le risate della folla, Lautrec dipinse anche la malinconia del dopo: la stanchezza, la solitudine, il corpo che si spegne. Forse perché conosceva bene il prezzo della fragilità, ...

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Anniversario della nascita di Maya Plisetskaya: un’eredità immortale

Il 20 novembre ricorre l’anniversario della nascita di Maya Plisetskaya, una delle figure più luminose e rivoluzionarie della danza del Novecento. Nata nel 1925, in un’epoca segnata da profonde tensioni politiche, Plisetskaya seppe trasformare il palcoscenico nel luogo in cui libertà, grazia e forza potevano convivere in equilibrio perfetto. Celebrata come prima ballerina assoluta del Teatro Bol’šoj, la sua arte non si limitò alla tecnica impeccabile: fu un’espressione radicale di personalità e coraggio. Le sue interpretazioni di “Il Lago dei Cigni”, “Carmen Suite” e “La Morte del Cigno” sono rimaste scolpite nella memoria collettiva per la capacità di ridefinire, di volta in volta, il linguaggio del balletto classico. Con il suo stile inconfondibile, caratterizzato da linee ardite e da una musicalità fuori dal comune, Plisetskaya dimostrò che la danza poteva essere insieme disciplina e dichiarazione d’identità. A distanza di decenni, la sua eredità continua a ispirare ballerini, coreografi e appassionati di tutto il mondo. Ricordare la sua nascita significa celebrare una donna che ha trasformato la fragilità del corpo umano in un gesto di pura eternità, lasciando in dono un’idea di danza che ancora oggi invita a guardare oltre i limiti, verso un volo sempre possibile. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com ©️ ...

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La danza mantiene giovani nello spirito e nella mente

C’è un istante, quando si comincia a danzare, in cui il mondo smette di avere contorni rigidi. Le preoccupazioni si assottigliano, i pensieri si sciolgono, e il corpo prende la parola con una spontaneità che spesso dimentichiamo di possedere. La danza non è soltanto un’arte: è una soglia. Un passaggio attraverso cui si rientra in contatto con una parte di sé che non invecchia mai. Ogni gesto danzato è un ritorno alla memoria più antica: quella del movimento libero. Non esiste età che possa cancellare il piacere di sentire le proprie braccia aprirsi nello spazio o i piedi seguire un ritmo familiare. Nella danza non si cerca la performance perfetta, ma l’ascolto: del battito, del respiro, dell’energia che scorre. È questo ascolto a restituire giovinezza allo spirito. Chi danza, anche solo per pochi minuti al giorno, si riconosce più leggero, più presente, più capace di vivere il momento senza restare intrappolato tra ieri e domani. La danza esercita la mente in modi che spesso sfuggono a chi la osserva dall’esterno. Coordinare i movimenti, interpretare la musica, improvvisare soluzioni, memorizzare sequenze: tutto questo è un allenamento mentale che stimola l’attenzione, la concentrazione e la flessibilità cognitiva. È come se il cervello, ...

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Stendere le punte: il segreto invisibile della danza classica

Chi osserva un ballerino classico spesso resta incantato dalla sua eleganza: movimenti che sembrano sospesi, passi che sfiorano l’aria, linee perfette che si perdono nello spazio. Ma dietro quella leggerezza apparente si nasconde una disciplina minuziosa, fatta di controllo e consapevolezza. Tra i gesti più delicati e decisivi, ce n’è uno che racconta tutta l’essenza del balletto: stendere le punte dei piedi. Nel linguaggio del corpo, il piede è la penna con cui il danzatore scrive nell’aria. Quando la punta si allunga completamente, la linea della gamba si prolunga fino all’infinito, creando un effetto visivo di purezza e continuità. Un piede non steso, invece, spezza la magia: la linea si interrompe, la figura perde fluidità, l’occhio dello spettatore smette di seguire con meraviglia il movimento. Stendere le punte è, in fondo, un atto estetico di rispetto verso la danza: il dettaglio che trasforma il gesto in arte. Dietro la bellezza si cela la tecnica. Un piede ben steso non è solo elegante, ma anche funzionale. Durante i salti o i giri, l’allungamento del piede favorisce il controllo dell’equilibrio, la spinta dal suolo e la stabilità dell’atterraggio. Allenare le punte significa anche proteggere le articolazioni: un piede attivo e ben allineato ...

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La salvaguardia dello “stile” nella danza classica accademica

Nel silenzio di una sala prove, interrotto solo dal cigolio del legno e dal fruscio lieve delle punte, la danza classica continua a raccontare storie senza tempo. Quando un gesto diventa solo un’esecuzione, e non più un’evocazione, qualcosa si perde. Non è la tecnica a svanire — quella oggi è affinata, analizzata, potenziata — ma lo spirito che ne guidava la forma. Parlare di stile nella danza classica significa interrogarsi sulla sua identità profonda. Non basta replicare le posizioni, rispettare le linee, contare i tempi. Lo stile è ciò che trasforma un passo corretto in un passo vivo. È quel dettaglio invisibile che collega il danzatore alla sua Scuola, alla sua epoca, e soprattutto alla sua intenzione. Senza stile, la danza classica diventa una lingua morta: comprensibile, ma muta. Ogni scuola porta con sé una visione del mondo. L’eleganza sobria della Scuola francese, la teatralità ampia di quella russa, il virtuosismo dell’italiana: sono varianti di uno stesso alfabeto, ma nessuna è intercambiabile. Salvaguardare lo stile significa quindi proteggere questa pluralità, non uniformarla. Lo stile si trasmette da corpo a corpo, da uno sguardo ad un gesto corretto in silenzio. Non basta guardare un video d’archivio per comprendere cosa fosse davvero ...

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Danza Classica: un atto di bellezza e cura verso sé stessi

C’è una bellezza silenziosa nella danza classica, che non vive solo sul palcoscenico ma si costruisce, giorno dopo giorno, in sala. Non è fatta di applausi né di riflettori, ma di attenzione, disciplina e amore per ogni dettaglio. È una forma d’arte, sì, ma anche un modo profondo e personale di prendersi cura di sé. Quando si entra in sala danza, si lascia fuori il rumore del mondo. Il tempo si dilata, il respiro si fa più lento, il corpo diventa presenza. Ogni movimento – anche il più semplice – è un atto di consapevolezza: una scelta di esserci, di ascoltarsi, di ricercare armonia tra mente e corpo. A differenza di ciò che molti pensano, la danza classica non è solo rigore. È anche gentilezza: verso i propri limiti, verso il corpo che cambia, verso gli errori che insegnano. Si impara a migliorare senza giudicarsi, a cadere senza punirsi, a riprovare con pazienza. Ogni lezione diventa così una forma di dialogo interiore, in cui la disciplina non è una costrizione, ma una cura quotidiana. In un’epoca in cui il corpo è spesso oggetto di confronto o controllo, la danza classica ci invita a riconoscerlo come casa. Un luogo da ascoltare, ...

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