Il fasto e l’imponenza delle rappresentazioni alla Scala acquistano splendore e rinomanza anche grazie a nuove produzioni come Paquita, dove la purezza delle linee si rivela un aspetto fondamentale della tecnica e dell’estetica applicate alla danza classica. È uno di quei balletti che si era perso nel tempo malgrado possieda forme dinamiche e statiche chiare, precise e armoniose, meglio di molti altri cosiddetti capisaldi. Lacotte nella sua ricostruzione filologica ha plasmato la bellezza contornandola di eleganza, equilibrio, candore e purezza tipiche del periodo romantico e delle grandi protagoniste della scena storica. Paquita è un capolavoro sotto ogni punto di vista che sprigiona soavità nella totalità dei due estesi atti. Come se fossimo ancora nel 1887 i suoi movimenti non appaiono mai antiquati o polverosi. Altre versioni sono nate negli anni ma questo approntamento è ciò di più vicino a quelle di Mazilier e Petipa: è una cerimonia in onore della danza e questo accade senza alcun momento di calo, da apertura di sipario fino agli applausi finali, i quali sono stati meritatamente scroscianti e ripetuti. Da notare che è la prima Paquita “a serata intera” ad entrare nel repertorio del Teatro alla Scala che ha precedentemente presentato solo estratti come ...
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