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Tag Archives: Margot Fonteyn

Il direttore artistico e coreografo Stephen Delattre “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Non ne ho uno preferito in particolare, perché credo che ogni balletto narrativo abbia qualcosa di unico. Ma per citarne uno, direi Il lago dei cigni. La profondità emotiva e la purezza senza tempo del movimento continuano ad ispirarmi come coreografo che unisce il linguaggio classico a quello contemporaneo. Il balletto contemporaneo prediletto? Anche in questo caso, molte opere coreografiche sono bellissime, ma in questo momento mi viene in mente Artifact Suite di William Forsythe. La sua reinvenzione della tecnica classica con un’architettura contemporanea del movimento risuona fortemente con la mia ricerca di un vocabolario coreografico dinamico ed espressivo. Il Teatro del cuore? Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di esibirmi in molti luoghi e di condividere i miei lavori in molti teatri, tra cui il leggendario Bolshoi o l’Opéra di Parigi. Ma per me, il Teatro Statale di Magonza ha un posto speciale, poiché è lì che la Delattre Dance Company ha celebrato il suo decimo anniversario. È il luogo in cui molte delle mie creazioni hanno trovato il loro respiro e dove il pubblico ha seguito il mio percorso artistico per oltre quattordici anni. Un romanzo da trasformare in balletto? Ad esempio, Il ...

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L’evoluzione fisica delle ballerine dall’Ottocento a oggi

Nel pieno del balletto romantico, la ballerina incarna un ideale di grazia ultraterrena. Figure come Marie Taglioni e Fanny Elssler rappresentano due poli estetici: la prima spirituale e impalpabile, la seconda sensuale e concreta.
 Il corpo deve apparire leggero, quasi incorporeo: linee sottili, spalle strette, volto diafano. L’introduzione delle punte e dei tutù vaporosi accentua l’illusione dell’assenza di peso. Tuttavia, dietro la grazia, si celano allenamenti estenuanti e una scarsa conoscenza anatomica: il corpo è più strumento estetico che organismo da preservare. Con la danza moderna, il corpo si emancipa dai canoni accademici. Isadora Duncan e Loïe Fuller lo riportano ad una dimensione naturale, libera, terrestre. Parallelamente, la tradizione classica — potenziata da Marius Petipa e dai Ballets Russes — eleva la tecnica e richiede maggiore potenza muscolare. La ballerina diventa così più forte e consapevole del proprio corpo, pur restando vincolata ad un’estetica di eleganza e controllo. Nel dopoguerra, la ballerina si trasforma in un’atleta dell’arte. Interpreti come Margot Fonteyn, Maya Plisetskaya, Liliana Cosi, Luciana Savignano e Carla Fracci incarnano una fisicità più scolpita e resistente come avvenuto più tardi con Alessandra Ferri, Oriella Dorella ed Elisabetta Terabust. L’allenamento assume una base scientifica: si studiano anatomia, alimentazione e prevenzione ...

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La solista Aida Vainieri “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Swan Lake con Maya Plizetskaya. Il balletto contemporaneo prediletto? La Sagra della Primavera di Pina Bausch. Il Teatro del cuore? Teatro la Fenice Venezia. Un romanzo da trasformare in balletto? Alice in Wonderland, La collina dei conigli di Richard Adams e di Stefano Benni Bar Sport, Margherita Dolcevita, La compagnia dei Celestini, e Gridalo di Roberto Saviano. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? La sposa cadavere di Tim Burton. Il costume di scena indossato che hai preferito? I costumi di Marion Cito… bellissimi tutti! Difficile scegliere! Uno? quello che indosso in Sweet Mambo per il mio solo. Quale colore associ alla danza? Tutti dipende dalle emozioni. Che profumo ha la danza? Anche qui come per i colori, tutti ma intensamente parte dall’odore di terra, sottobosco, casa, l’odore nell’aria prima e dopo le tempeste, l’odore della pelle, del respiro, del mare che libera. La musica più bella scritta per balletto? La Sagra della Primavera di Igor Stravinskij e La Bayadère di Ludwig Minkus. Il film di danza irrinunciabile? Saturday Night Fever e West Side Story. I tuoi miti della danza del passato, uomo e donna? Pina Bausch, Margot Fonteyn e Mikhail Baryshnikov. Il ...

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Rudolf Nureyev: perché veniva chiamato “il tartaro volante”?

Quando Rudolf Nureyev si lanciava in aria, sembrava che la gravità perdesse validità. Il pubblico tratteneva il respiro, sospeso con lui in una frazione di eternità. Non era solo un salto: era una dichiarazione d’indipendenza. Da uomo. Da artista. Da figlio dell’Asia e simbolo dell’Occidente. E fu proprio per questo che il mondo iniziò a chiamarlo Il tartaro volante. La stampa europea lo coniò con romanticismo quasi orientaleggiante. Tartaro evocava qualcosa di primitivo, fiero, indomabile. Una parola che funzionava come etichetta poetica per una figura fuori dai canoni. Nato in un treno transiberiano, cresciuto nella steppa e addestrato con rigore sovietico, Nureyev non era solo un ballerino: era un uragano. Il termine “volante” era, al contrario, perfettamente esatto. Il suo corpo non danzava: si librava. Chiunque abbia visto i suoi salti — che sfidavano le leggi della fisica con una sospensione surreale — capisce che non si trattava di semplice tecnica. C’era qualcosa di più. Come se ogni battito d’ali danzante fosse un atto di fede nella possibilità di elevarsi oltre il corpo e il tempo. Nureyev non fu mai addomesticabile. Nel 1961, quando decise di disertare durante una tournée del Kirov a Parigi, la sua fuga non fu solo ...

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L’étoile Anastasia Matvienko “allo specchio”

Balletto classico preferito? Giselle. Balletto contemporaneo preferito? Wayne McGregor, e il suo balletto Infra. Il Teatro del cuore? Il teatro che porto nel cuore è, naturalmente, il Teatro Mariinsky. Un romanzo da trasformare in un balletto? Il Maestro e Margherita è un meraviglioso romanzo, che è già stato trasformato in balletto dal coreografo Edward Clug. Lo spettacolo è in scena al Teatro Bol’šoj. È una produzione molto talentuosa. Il costume di scena che hai indossato e che hai preferito? Qualsiasi tutù classico – da Il Lago dei Cigni o La Bella Addormentata. Quale colore associ alla danza? Il colore che associo alla danza è sicuramente il bianco. Che odore ha la danza? La danza ha un odore tutto suo: odore di palcoscenico, di costume, di pece. La musica più bella scritta per il balletto? La musica più bella, per me, è quella de La Bella Addormentata di Čajkovskij. Due miti della danza del passato, maschile e femminile? Naturalmente Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn. Il tuo “passo di danza” preferito? Forse il Grand Pas de Chat. Chi avresti voluto essere nella vita reale tra i personaggi del grande repertorio del balletto classico? Giselle. Chi era il genio per eccellenza dell’arte coreografica? ...

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Il Direttore Jan Linkens “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Violin concerto di George Balanchine. Il balletto contemporaneo prediletto? Bella figura di Jiří Kylián. Il Teatro del cuore? Teatro San Carlo di Napoli. Un romanzo da trasformare in balletto? Mi piacciono i balletti astratti. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Idem come sopra, mi piacciono i balletti astratti. Il costume di scena indossato che hai preferito? Symphonic Variations di Frederick Ashton. Quale colore associ alla danza? Blue. Che profumo ha la danza? Sudore. La musica più bella scritta per balletto? Quella di Pëtr Il’ič Čajkovskij per “Il lago dei cigni”. Il film di danza irrinunciabile? Fame. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nurejev e Margot Fonteyn. Il tuo “passo di danza” preferito? Pas de bourrée. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio classico? Match in “La Sylphide”. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Jiří Kylián. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Grazie per la tua dedizione. Tre parole per descrivere la disciplina della danza? Duro lavoro, motivazione, curiosità. Come ti vedi oggi allo specchio? Felice! Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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Maria Callas e la Danza: il corpo nascosto della voce

Quando si parla di Maria Callas, il pensiero corre immediatamente alla sua voce: drammatica, penetrante, unica. Senza dubbio, una delle più grandi voci del Novecento. Tuttavia, un aspetto meno esplorato della sua arte – e della sua leggenda – è il rapporto profondo e sotterraneo che la Callas intrattenne con la danza in senso lato. Non si tratta solo di movimenti teatrali o di portamento, ma di una vera e propria disciplina corporea che trasformò la sua presenza e, naturalmente, la sua voce. Maria Callas sotto l’influenza del regista Luchino Visconti e grazie al lavoro con coreografi e registi di chiara fama cominciò a comprendere il valore del corpo come estensione drammatica della voce. Studiò il linguaggio del gesto, l’equilibrio, l’intenzione nel movimento, il dettaglio nello spostamento, l’espressività fisica. «Ogni parola deve passare attraverso il corpo, altrimenti resta vuota», disse in un’intervista.  Ogni passo, ogni sguardo, ogni inclinazione del busto era coreografata con rigore. Non era però coreografia in senso classico, era una danza invisibile, fatta di tensioni muscolari, di sospensioni del respiro, di anticipazioni e ritardi che davano senso al tempo musicale. Non è un mistero che Maria Callas ammirasse la grande étoile Margot Fonteyn e che avesse un ...

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Un passo, una vita: Nureyev e Fonteyn

Nel silenzio sospeso tra le quinte e la scena, c’erano due respiri che si cercavano. Uno era giovane, impetuoso, come il vento del Nord che porta con sé rivoluzioni e crepe nel marmo antico. L’altro, più lento ma non stanco, come un fiume che conosce il peso della propria corrente. Erano Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn. Due anime che la danza non aveva solo unito, ma plasmato in un solo corpo scenico. Si incontrarono tardi, secondo i codici del balletto. Lui fuggiva da un mondo chiuso, lei sembrava avviarsi verso la fine della sua carriera. Eppure, fu proprio in quel punto che tutto si fece nuovo. Lui, con la forza cruda e selvaggia di chi ha qualcosa da dimostrare. Lei, con la grazia collaudata di chi ha già vinto tutto, tranne il tempo. Il loro primo Romeo e Giulietta non fu solo uno spettacolo. Fu una dichiarazione d’amore – non carnale, forse, ma viscerale – all’arte, alla scena, alla reciproca necessità. Non avevano bisogno di parole. I loro corpi dicevano abbastanza: la piega impercettibile della spalla di lei, il salto impetuoso di lui, la pausa millimetrica prima di un abbraccio coreografato. Erano poesia in movimento, ma anche carne e sangue, ...

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L’étoile Diana Ferrara “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Giselle. Il balletto contemporaneo prediletto? 5 Tango’s di Hans Van Manen. Il Teatro del cuore? Opera di Roma e Teatro de Bellas Artes di Città del Messico. Un romanzo da trasformare in balletto? Il romanzo di Massimo Grillandi “Madame de Pompadour”. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Il film “Orchestra Stonata” di Emmanuel Courcol. Il costume di scena indossato che hai preferito? Il tutù corto nero del balletto “Ma Pavlova” di Roland Petit tempestato di pietre Swarowski brillanti! Un tutù bellissimo, ma pesantissimo!!! Quale colore associ alla danza? Per il classico colore rosa cipria, per il contemporaneo color nudo. Che profumo ha la danza? Il profumo della danza è l’Iris. La musica più bella scritta per balletto? Musica di Jules Massenet: Meditation dall’opera “Thaïs”. Il film di danza irrinunciabile? Film “Due vite e una svolta” e “Billy Elliot”. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nureyev con Margot Fonteyn, Natalija Makarova in modo speciale nel “Lago dei Cigni”. Il tuo “passo di danza” preferito? Mi sono entusiasmata dei passi dei “manège” nei balletti “La Sylfide” e “Marco Spada” di Pierre Lacotte! Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra ...

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Il coreografo Giuliano Peparini “allo specchio”

Il balletto classico preferito? “Les Sylphides”. Il balletto contemporaneo prediletto? “Le Jeune homme et la mort”. Il Teatro del cuore? Mariinsky di San Pietroburgo. Un romanzo da trasformare in balletto? “Il conte di Montecristo”. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? “The Parfume” (che è anche un romanzo). Il costume di scena indossato che hai preferito? La salopette del “Jeune Homme” nel balletto di Roland Petit “Le Jeune Homme et la mort”. Quale colore associ alla danza? L’azzurro cielo. Che profumo ha la danza? Il profumo della primavera a Kyoto. La musica più bella scritta per balletto? “Romeo e Giulietta” di Prokofiev. Il film di danza irrinunciabile? “Due vite una svolta”. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Serge Lifar e Margot Fonteyn. Il tuo “passo di danza” preferito? Doppio saut de basque. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio di balletto classico? Sono quasi tutte tragedie e spesso i ruoli maschili non sono personaggi che mi corrispondono nella vita reale. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Roland Petit e Mats Ek. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa le diresti? Grazie. Tre parole per descrivere la ...

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