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Fred Astaire: amato da Nureyev, Balanchine, Baryshnikov, Fonteyn

Il 10 maggio del 1899 nasceva Fred Astaire, nome d’arte di Frederick Austerlitz, il più influente danzatore nella storia dei musical. Rudolf Nureyev esclamò “Fred Astaire è il danzatore più grande del Novecento”. George Balanchine disse “È terribilmente raro. È come Bach, che ai suoi tempi aveva una grande concentrazione di abilità, essenza, conoscenza, una vastità di musica. Astaire ha la stessa concentrazione di genio; c’è così tanta danza in lui che è stata distillata”. Anche Mikhail Baryshnikov definì Fred Astaire “Il migliore. Senza dubbio” aggiungendo “Nessun ballerino può guardare Fred Astaire e non sapere che tutti noi avremmo dovuto dedicarci a un altro mestiere”. L’illustre danzatore Edward Villella, ebbe modo di affermare che Fred Astaire era “la personificazione del neoclassicismo all’interno di una popolare forma d’arte americana”. Mentre la meravigliosa étoile Margot Fonteyn dichiarò della “magia della magia” di Astaire, che faceva apparire “la danza più facile del camminare, più naturale del respirare”. Nel libro Astaire Dancing: The Musical Films pubblicato nel 1985, l’autore John Mueller riporta che il coreografo Jerome Robbins nel suo balletto I’m Old-Fashioned (la première ebbe luogo nel giugno 1983 al New York State Theater, Lincoln Center) integrò la messa in scena con una sequenza danzata da ...

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“Le vent noir”, una travolgente esperienza performativa

A distanza di due anni rivive all’interno delle stanze di DanceHaus, lo spettacolo di danza contemporanea Le Vent Noir, ideato da Susanna Beltrami. “Si potrebbe dire che il vento furioso sia il simbolo della collera pura, senza pretesto, ingiustificata. La tempesta senza un preludio, la tragedia fisica senza un motivo (…). Il vento, nel suo parossismo, è la collera che è ovunque e da nessuna parte, che nasce e rinasce da se stessa, che gira e si ripercuote. Il vento minaccia e urla, ma non prende forma finché non incontra la polvere: una volta visibile diventa una povera miseria…” (Gaston Bachelard). Il vento, elemento distruttivo e generatore, un paesaggio desertico, mai uguale a se stesso, perché costantemente costruito e prontamente cancellato da improvvise tempeste; così in scena, tutto è creato per essere, allo stesso tempo, distrutto. La tempesta si placa solo quando viene prevaricata dal potere delle rêveries: immagini dell’intimità, legate ai ricordi, alle proiezioni mentali, alle percezioni, al riaffiorare di una sensazione, di un’emozione già vissuta, di un racconto. Un percorso che trova il suo compimento finale nelle fonti del riposo, quei luoghi dove l’essere umano può ritrovare il suo Io senza alcun tipo di corruzione o limite: sono ...

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