Una prima italiana, per una serata indimenticabile dedicata ai 50 anni dalla morte del compositore russo Igor Stravinsky. La blasonata compagnia francese Malandain Ballet Biarritz, sabato 2 ottobre (ore 20.00) al Teatro Ponchielli, omaggerà la sua memoria mettendo in scena due delle sue più grandi opere: L’oiseau de feu e Le Sacre du printemps coreografate rispettivamente da Thierry Malandain e Martin Harriague.
L’UCCELLO DI FUOCO
Fu creato all’Opéra de Paris il 25 giugno 1910, coreografia di Michel Fokine per Les Ballets Russes di Serge Diaghilev. “Il Principe Ivan Tsarévitch vede un giorno un uccello meraviglioso dal piumaggio rosso oro, lo cattura ed in cambio della libertà riesce ad ottenere una delle sue magiche penne…”, questo è l’inizio del libretto secondo l’omonima fiaba della tradizione russa. Ma non è il ritratto di questo uccello che andremo a mettere in risalto, nemmeno l’integrale del racconto che realizzerà George Balanchine nel 1949 ma piuttosto la Suite nella versione musicale dallo stesso utilizzata nel 1945. Il nostro approccio intende mettere in risalto ciò che gli uccelli simboleggiano, ciò che li lega al cielo ed alla terra, vedere che la Fenice si decompone per rinascere personifica nella religione cristiana l’immortalità dell’anima e la resurrezione di Cristo. Nel commentare la partitura il compositore Reynaldo Hahn nel 1910 scrive: “un soffio purissimo, forte e che viene dall’alto”. Da qui la tentazione di fare de L’Uccello di Fuoco un traghettatore di luce che porta al cuore degli uomini la consolazione e la speranza, ricordando San Francesco d’Assisi, il poeta della natura che conversava con i suoi fratelli “uccelli” che fossero essi di grande splendore o semplici passerotti. (Note di intenzione di Thierry Malandain)
LA SAGRA DELLA PRIMAVERA
Il rapporto uomo – natura affascina ed al tempo stesso inquieta Martin Harriague. La rinascita della vita, la sua forza, la lotta per la sopravvivenza: l’opera iconoclasta e geniale di Stravinskij creata per Les Ballets Russes contiene tutto questo e molto altro. Harrigue si impossessa del mito rispettando l’intenzione originale del compositore, illustrata con un rito pagano: “è la sensazione oscura ed immensa nel momento in cui la natura rinnova le sue forme, è un’onda scura e profonda di pulsione universale“, precisa Stravinskij in un articolo, che Harriague prende come riferimento ( 23 maggio 1913 revue Montjoie) . Il martellante ritmo che dona all’opera una forza selvaggia e minacciosa conviene al linguaggio corporale ed esplosivo di Martin Harriague. Dettato dalla musica, rinuncia ad ogni lirismo gestuale, si concentra sul potere espressivo del movimento primitivo e delle figure frattali nelle quali il gruppo si sviluppa, si avvolge, si dispiega, si contrae come un essere umano che risorge e che si apre un percorso prima di esplodere. Harriague prende in prestito il calpestamento degli Augure, che marcavano con il loro passo le pulsazioni della primavera, da Nijinski che aveva osato questa rottura trasgressiva con il linguaggio della danza classica. Le citazioni al balletto originale si fermano qui, ma l’intero lavoro testimonia la volontà di farci affidamento per poter mettere in scena la visione di Stravinskij, sull’espressività della musica particolarmente eclatante nella versione diretta dal Maestro Teodor Currentzis. (Note di intenzione di Nuria López Cortés).
Redazione www.giornaledelladanza.com
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