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“Il Lago dei Cigni”, una fiaba ancora viva

Swan Lake

Storicamente Il Lago dei Cigni è il primo dei tre balletti di Tchaikovsky, composto tra il 1875 e il 1876, ma la sua realizzazione coreografica definitiva è successiva sia a La Bella Addormentata (1890) che a Lo Schiaccianoci (1892), le altre due grandi opere del trittico. Infatti, nonostante la prima rappresentazione del Lago risalga al 1877, la versione definitiva è del 1895.

La prima rappresentazione, con la coreografia di Julius Wenzel Reisinger, deluse molto critica e pubblico. Reisinger operò tagli e manomissioni alla partitura originale ed allestì in modo scadente le scene, lasciando inoltre ai ballerini, di scarsa personalità, il compito di improvvisare variazioni e passi: il risultato fu molto deludente ed anche l’orchestra non spiccò per la sua esecuzione della partitura. Ciononostante, il balletto fu riproposto per un numero totale di quarantadue allestimenti, tutti, a detta della critica del tempo, dei veri e propri fiaschi, al punto che fu ritirato dalle scene.

Nel 1894, nel “Memorial Matinée” dedicato a Tchaikovsky da poco scomparso, ne venne ripresentato il solo secondo atto, riallestito per volere del direttore del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, che ne affidò la coreografia a Marius Petipa il quale lo trasmise al suo assistente Lev Ivanov. Ma l’anno successivo, nel 1895, lo spettacolo venne riallestito in versione integrale, sempre al Mariinskij, nella sua veste più famosa, quella con coreografia di Marius Petipa (I e II atto) e Lev Ivanov (II e IV atto), con aggiunta di nuove musiche scritte da Riccardo Drigo e una diversa sequenza dei brani musicali.

Questa volta fu un successo e così Il Lago dei Cigni entrò a pieno titolo nel repertorio classico divenendo uno dei più famosi e acclamati balletti del XIX secolo, rappresentato ancor oggi in tutto il mondo, di solito in quattro atti e quattro scene (soprattutto fuori dalla Russia e nell’Europa Orientale) o in tre atti e quattro scene (in Russia e in Europa occidentale).

Il libretto, di Vladimir Petrovic Begicev, è basato su un’antica fiaba tedesca, Der geraubte Schleier (Il velo rubato), secondo un racconto di Johann Karl August Musäus.

Swan Lake - ph. Martin Divíšek

In un parco di fronte al castello, il principe Siegfried festeggia con gli  amici il suo compleanno. Si avvicinano dei contadini per porgergli gli auguri e lo intrattengono con le loro danze. Giunge la regina madre, che esorta il figlio a trovare una sposa tra le ragazze che ha invitato al ballo del giorno dopo. Ormai è quasi buio, uno stormo di cigni appare nel cielo. Il principe Siegfried e i suoi amici decidono di andare a caccia e, imbracciato l’arco, si inoltrano nella foresta. Appare il secondo tema del cigno, più precisamente della “fanciulla cigno”. Sulle acque di un lago nuotano i cigni, in realtà bellissime fanciulle stregate dal malvagio Rothbart, che possono assumere forma umana solo la notte. Siegfried e i suoi amici li contemplano sotto la luce lunare. I cacciatori prendono la mira, ma proprio in quel momento i cigni si trasformano in fanciulle.

La loro regina, Odette, narra al principe la loro triste storia e spiega che solo una promessa di matrimonio fatta in punto di morte potrà sciogliere l’incantesimo che le tiene prigioniere. Siegfried, incantato dalla bellezza di Odette, la implora di prendere parte al ballo del giorno dopo, in cui dovrà scegliere una sposa. Odette vorrebbe accettare, ma non può comparire fra la gente fino a che la magia non si sarà dissolta, per timore della vendetta del malefico Rothbart, che potrebbe causare la morte di tutti i cigni. I due giovani restano insieme fino all’alba, senza però accorgersi che, nascosto nel folto degli alberi, Rothbart ha assistito a tutta la scena e già sta tramando un piano per ingannare Siegfried.

Non appena quest’ultimo si allontana, trasforma nuovamente le ragazze in cigni. Il giorno dopo, gli ospiti al ballo arrivano nella grande sala del castello per la presentazione a Siegfried delle ragazze fra cui scegliere la fidanzata. Ha inizio il lungo divertissement: si susseguono, nell’ordine, la danza spagnola, la tarantella napoletana, la mazurka polacca e la czarda ungherese, cui fa seguito un elegante valzer sulle note del quale sfilano le pretendenti, guardate con indifferenza da Siegfried, che continua a pensare a Odette e, quando giunge il momento di decidere, le rifiuta tutte.

All’improvviso, annunciato da uno squillo di trombe, fa la sua apparizione un ospite misterioso in compagnia di una fanciulla vestita di nero. Questa fanciulla, sosia di Odette, è Odile, la figlia di Rothbart, che  ha l’incarico, su ordine del padre, di conquistare il principe e impedirgli, quindi, di mantenere il giuramento fatto a Odile.  In un grande e famosissimo pas de deux, il gioco della seduzione si compie. Con sguardi ammaliatori, Odile convince Siegfried di essere lei il cigno bianco del quale si è innamorato. Il giovane principe cade nel tranello e presenta Odile alla regina madre come sua futura sposa.

Il gioco del tradimento si è così perpetrato ai danni dell’inconsapevole Siegfried, a cui, perfidamente, Rothbart infine svela la vera natura di Odile, mentre in lontananza gli fa mostra il volto di Odette ormai destinata alla morte. Disperato, Siegfried, resosi conto dell’inganno, corre verso il lago.  Nascosto dietro le rovine del castello, Rothbart cerca di scorgere Odette, ma lei non è fra le sue compagne. Il furore di Rothbart preannuncia una minaccia di morte. Mentre i cigni si lamentano del loro destino, arriva Odette che, da lontano, ha visto tutto quello che è successo nel castello di Siegfried.

Addolorata, racconta alle amiche tutto quello che si è svolto durante il ballo, il tradimento del giuramento d’amore e la fine definitiva delle sue speranze di riprendere sembianze umane. Disperato e dopo una lunga corsa, arriva Siegfried che cerca Odette per ribadirle il suo amore e raccontarle del raggiro. L’amore di Odette è più forte della magia di Rothbart e, commossa dalla disperazione e dalle parole del principe, lo perdona. In mezzo alle rovine compare Rothbart, provoca una furiosa tempesta e lotta con Siegfried nel tentativo di separarli, ma senza riuscirvi. Di fronte ad un amore così disperato ed intenso la magia di disperde. Compare su lago l’alba e i primi raggi del sole illuminano i due giovani che hanno conquistato la loro felicità e il loro amore.

Del Lago sono state realizzate molte altre versioni, tra le quali quella di Aleksandr Gorskij – allievo di Petipa, che lo ripropose al Bolshoi di Mosca nel 1901, aggiungendovi il personaggio del buffone – e l’intervento successivo di Asaf Messerer del 1937, che introdusse il finale positivo in cui Siegfried sconfigge Rothbart e libera Odette dal suo potere.

Nel 1910 Mikhail Fokin con Olga Preobrajenskaia (Odette/Odile) propose una nuova versione in due atti, ripresa nel 1911 dai Ballets Russes di Diaghilev al Covent Garden, interpretata da Matilde Ksessinskaia e Vaslav Nijinskij e successivamente portata in tournée da Anna Pavlova. Del 1933 è la coreografia di Agrippina Vaganova con Galina Uvanova al Kirov di San Pietroburgo; del 1934 quella a Londra di Nicholas Serghiev con Alicia Markova e Robert Helpmann, che fu la prima edizione completa messa in scena in Occidente, e del 1950 la versione di Konstantin Sergeev, che è ancora oggi rappresentata al Kirov di San Pietroburgo.

Altri grandi coreografi si sono cimentati nel proporre una propria versione del Lago: Georges Balanchine (1951 con il New York City  Ballet, in un  atto unico), Jurij Grigorovic (1953), Vladimir Bourmeister (1953), Frederick Ashton con Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev (1962), John Cranko (1963), Kenneth MacMillan (1964), John Neumeier (1976), Rudolf Nureyev (1984), Mats Ek (1987) e Roland Petit (1988). Audace ed originale è la versione riprodotta da Matthew Bourne, con un corpo di ballo tutto al maschile, che andò  in scena per la prima volta il 9 novembre 1995 al Sadler’s Wells di Londra, diventando subito una delle rivisitazioni contemporanee del balletto più rappresentate in tutto il mondo. 

 Lorena Coppola

www.giornaledelladanza.com

Foto Martin Divisek e Gene Schiavone

 

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