(Intervista del 16 febbraio 2011)
Irina Dvorovenko e José Manuel Carreño non sono soltanto due stelle dell’American Ballet Theatre: sono due danzatori che amano condividere le loro esperienze, i loro timori e le loro convinzioni con chi, come me, li ha sempre visti così lontani e inafferrabili. Trenta minuti sono bastati per comprenderne le passioni, la dolcezza e soprattutto la forza che li contraddistingue e che li ha portati fino ai grandi palchi internazionali. Fermo e restando che quando danzano ci fanno quasi commuovere tanta è la loro bravura. Un plauso alla loro semplicità ma soprattutto alla loro dedication, sempre presente in ogni passo della loro carriera.
Siete in Italia, al Teatro dell’Opera di Roma, per due serate: danzerete insieme nel celeberrimo “Lago dei cigni”, balletto che da sempre risveglia anche gli spettatori più pigri. Come vi sentite?
ID: Sono molto felice: danzare in teatri importanti è sempre stato il mio sogno e, renderlo realtà, è sicuramente fantastico. Roma è una città magica, eterna: “Il lago dei cigni” che balleremo la renderà ancor più bella, non ho alcun dubbio.
JMC: É una sensazione bellissima, lo devo proprio ammettere! Roma è una bellissima città, le persone che vengono a teatro sono molto calorose e questo mi stimola moltissimo a dare il meglio di me stesso, a fare una performance spettacolare. La versione che danzeremo è nuova, almeno per me: un ulteriore slancio e stimolo a ballare al meglio delle mie possibilità.
Danzate da tantissimi anni, avete toccato palchi famosissimi ma credete ci sia qualcosa di diverso e speciale al Teatro dell’Opera?
ID: È sempre speciale e magico poter ballare in teatri importanti! Quando ho deciso di diventare una ballerina ed esercitare questa professione a livelli altissimi, mi sono sempre prefissata degli obiettivi precisi: uno di questi era proprio di portare la mia arte su palchi importanti e di valore. Nel caso specifico del Teatro dell’Opera, la sola struttura non è l’unica a darmi stimoli: c’è l’orchestra, il corpo di ballo, tutti i danzatori che mi danno sostegno e soprattutto adrenalina.
JMC: Per me, “Il Lago dei cigni” è sempre speciale, qualsiasi sia la struttura in cui si danza, sia essa un grande teatro o una piccola sala di periferia. In Italia ci sono tantissimi teatri dove la danza viene espressa al meglio: Roma ha un palco speciale e portare questa pièce mi rende particolarmente entusiasta.
C’è un ruolo, una parte che danzereste all’infinito, che non vi ha mai stancato?
ID: Danzo da quando avevo sei anni ma non ho mai avuto dubbi: adoro i ruoli drammatici, come per esempio Giselle e Giulietta. Interpretarli è bellissimo: posso tirare fuori i sentimenti più reconditi, le parti più nascoste del mio carattere e rendere gli spettatori partecipi di ciò che sente il personaggio che interpreto. Non è sempre semplice e immediato “entrare” nel ruolo: si deve costantemente fare un intenso lavoro, ma molto graduale per assimilare il più possibile le qualità del carattere che si interpreta. Mio marito mi prende in giro un pochino quando studio un personaggio, la cui storia magari implica anche un legame affettivo con la controparte e mi dice, scherzando: “Ok, per un paio di mesi ti ho persa…ti sei innamorata di un altro uomo!” Questo vuol dire fare il meglio nel proprio lavoro!
JMC: Non mi stancano i ruoli che mi fanno tirare fuori il meglio di me stesso, ovvero tutti! Cerco sempre di pormi degli obiettivi, delle sfide molto importanti per fare delle performance superlative: il mio lavoro è meraviglioso e lo voglio sempre fare al meglio delle mie possibilità, non mi voglio porre limiti proprio perché non ce ne devono essere. Sin da piccolo mi è stato insegnato che è difficile arrivare in alto ma mantenere il livello lo è ancor di più: questo è l’aspetto più stimolante dei ruoli che si interpretano e si assimilano.
Quando salite sul palco, cosa volete dare alle persone che assistono al vostro spettacolo?
ID e JMC: Il meglio di noi stessi, senza remore e timore alcuno. Cerchiamo di offrire le nostre qualità, il nostro amore per la danza, la nostra passione per quello che facciamo da tantissimi anni!
Danzate da sempre: avete sempre saputo che questa sarebbe diventata la vostra professione?
ID: Si, non ho mai avuto dubbi. Nel mio paese, ad un certo punto dell’infanzia, si deve decidere di non essere più “piccola” e, se veramente lo si vuole, di intraprendere un percorso disciplinato, difficile, talvolta tortuoso. Quand’ero piccina, quando mi venne chiesto “Da grande vuoi fare la ballerina?” io immediatamente risposi “No, voglio diventare Prima Ballerina”! Non avrei mai scelto di iniziare questa carriera se non fossi stata certa di diventare la migliore, di svolgere un ruolo importante per le mie capacità. Ovviamente siamo tutte diverse: ogni danzatrice ha molteplici caratteristiche e non tutte possiamo occupare lo stesso ruolo. Ciò che è fondamentale, secondo me, è sapere cosa si vuole…e nessuno mai ti potrà fermare!
JMC: Sono cresciuto nel mondo della danza, ho due zii ballerini e, a onor del vero, è stato più semplice entrare nell’ambiente e capire i suoi ingranaggi. Quando danzo sono felice e mi piace: non apprezzo chi soffre mentre balla, non deve essere così! Dopo tanti anni, ora posso considerarmi fortunato perché finalmente posso scegliere quali opere portare in scena senza, però, dimenticare di continuare ad amare ciò che faccio.
I futuri danzatori: mancano di qualcosa?
ID: La nuova generazione di ballerini ha delle doti fisiche fantastiche, è tecnicamente preparata ma molti danzatori non sono pronti a diventare artisti, ad investire nelle loro qualità di interpreti. Spesso non si dedica tempo allo sviluppo della personalità, a rendere speciale una performance: è un vero peccato, perché le doti ci sono, e sono molteplici. Ci sono tanti bravissimi ballerini, ma ancora pochi interpreti.
JMC: Continuo a danzare ma al contempo insegno a molti ragazzi. Spesso manca la preparazione, talvolta teorica: vogliono sapere, imparare a fare un passo specifico ma non sono interessati a conoscere il perché, il motivo di ciò che compiono. Quando danzano, fanno passi meravigliosi ma non sanno cosa c’è alla base, non studiano le storie. Non credo manchi l’informazione – basta cercare su internet e si trova tutto – immagino le priorità siano diverse o forse, più semplicemente, noi facciamo parte di un’altra generazione!
Vi siete mai ispirati a qualcuno nell’esecuzione di un ruolo?
ID: Non credo ci siano ballerine perfette, altrimenti sarebbero semplicemente delle bambole meccaniche! Quando interpreto un ruolo cerco sempre di essere me stessa: probabilmente all’inizio della mia carriera anch’io ho attinto da altre bravissime ballerine, ma non ho mai voluto esserne e diventarne una copia. Ognuna di noi è brava e bella perché ha doti che, magari, altre non hanno ed è fondamentale esaltarle al massimo.
JMC: Per me è la stessa cosa: voglio essere me stesso, senza copiare nessuno. Ovviamente ho sempre osservato i miei miti, Nureyev e Baryshnikov, ma non ho mai voluto e nemmeno provato ad imitarli.
Cosa significa “danza” per voi?
ID: Parlo a nome di entrambi, visto che abbiamo dedicato la nostra vita a quest’arte: non è un lavoro, nemmeno un hobby. La danza per noi è una gioia, la nostra essenza, la nostra passione.
Cosa farete dopo “Il Lago dei Cigni”?
ID: Danzerò in alcuni galà in giro per il mondo prima di ricominciare la stagione con l’American Ballet. Nel tempo libero terrò qualche lezione alle giovani promesse della danza senza dimenticarmi, ovviamente, della mia bimba, una piccola ballerina in erba! Diciamo che avrò parecchio da fare, non mi lamento.
JMC: Ballerò anch’io in alcuni galà prima di salutare il pubblico il 30 Luglio 2011, giorno in cui terminerò la mia carriera ufficiale di danzatore con l’American Ballet. Ovviamente non smetterò di ballare, anzi! In agosto ci sarà la prima edizione della mia Summer School in Florida, continuerò ad insegnare: anch’io avrò numerosi impegni, non avrò tempo di annoiarmi!
Valentina Clemente
Foto di G. Schiavone e C. M. Falsini