(Intervista del 27 luglio 2010)
All’età di 16 anni hai vinto il Primo Premio al Conservatorio di Parigi e sei stata ammessa alla Scuola di Ballo dell’Opéra di Parigi. Dopo aver conseguito il diploma, nel 1990, sei entrata a far parte del Ballet de l’Opéra de Paris e sei diventata Principal Dancer nel 2003 ed étoile nel 2009. Cosa provi rispetto a questi traguardi… cosa credi ti abbia portato così lontano?
Riconosco che il mio percorso di danzatrice è totalmente atipico. Sono passata per il Conservatoire National Supérieur de Musique prima di entrare alla scuola di danza, per infine essere integrata nel corpo di ballo dell’Opéra di Parigi. Ho dovuto lavorare moltissimo per raggiungere un livello “professionale”, poiché, avendo iniziato in Corsica, la mia terra natia, praticavo quest’arte solo due volte a settimana. Poi, all’età di 13 anni e mezzo, mi sono trasferita a Parigi perché volevo fare della danza il mio mestiere ed ho dovuto recuperare gli anni persi… sono cosciente che il mio percorso è stato relativamente lungo, ho dovuto attendere 19 anni prima di essere nominata étoile, ma questo ha tanto più valore per me e deve trasmettere un messaggio di incoraggiamento agli altri danzatori che, come me, non hanno ottenuto risultati rapidamente. La passione che ho per la danza mi ha portata sin dove sono adesso e, anche se qualche volta ho voglia di arrendermi, poiché l’ambiente è molto difficile, non ho mai perduto la speranza. L’importante per me è essere in scena, ho lavorato duro per andare sempre avanti e farmi assegnare nuovi ruoli. L’età non ha nessuna importanza, poiché è l’amore che ho per quest’arte non ha età.
Essere un’étoile: una gioia o una responsabilità?
La parola gioia non è sufficientemente possente per esprimere le sensazioni che ho provato dal momento della mia nomina. È un riconoscimento del mio lavoro, di me in quanto artista, ma non è ovviamente un fine in sé, in quanto il titolo non ci dà la sicurezza, bisogna mantenersi al livello, andare sempre al massimo delle nostre possibilità, mirare all’eccellenza per cercare di avvicinarsi ad essa. Niente è mai acquisito, il coraggio e la determinazione sono molto importanti in questo lavoro, bisogna cacciar via le paure ed esteriorizzare tutti i sentimenti che vivono in noi e che non chiedono altro che venir fuori. È in quel momento che possiamo completamente evadere mentre siamo in scena e lasciare per qualche ora la persona “umana” che siamo per il resto del tempo. Vi è sempre una parte di responsabilità danzando. La direzione ci offre delle opportunità e la fiducia che ci viene accordata va ricambiata dando prova di essere all’altezza, questo principio vale per qualsiasi danzatore, non solo per le étoiles.
Il tuo repertorio principale include La Sylphide e Giselle, Marguerite e Manon ne La Dame aux Camélias di John Neumeier, Tatiana in Onegin, Garance in Les Enfants du Paradis di José Martinez, Nikiya in La Bayadère, la Regina delle Driadi in Don Chisciotte. Hai danzato anche in balletti di Roland Petit, George Balanchine, Serge Lifar, Jerome Robbins, Wayne McGregor, Jiří Kylián, William Forsythe e John Cranko. Il ruolo e lo stile che senti più vicini alla tua personalità?
Molte persone mi definiscono una ballerina romantica per il mio fisico longilineo, ma nell’anima io sono innanzitutto una danzatrice drammatica. L’ideale per me è interpretare un personaggio della vita che sarebbe potuto esistere, parlare con il suo cuore e con la sua anima attraverso la danza. La musica è primordiale per me, per sentirmi ispirata. Amo essere trasportata in altre epoche e perdermi in amori impossibili, è per questo che ho dei ricordi meravigliosi de La Dame aux Camélias e di ruoli quali Tatiana, Nikiya, Giselle… sono dei balletti da cui non si può prescindere e, in quanto donna, considero un dono averli potuti interpretare. Il mio solo desiderio sarebbe danzare in Manon Lescaut. Spero che un giorno questo desiderio si realizzerà. Mi commuovo anche solo ad ascoltare l’ultimo adagio di questo balletto. La prossima stagione all’Opéra metteremo in scenaRomeo e Giulietta e spero di avere la possibilità di essere scelta come Giulietta. Non potete immaginare fino a che punto possa essere una gioia morire in scena.
L’importanza del balletto “Onegin” nella tua vita…
L’importanza??? È stata la mia consacrazione a étoile!! Cosa chiedere di meglio… era già un privilegio danzare nel ruolo di Tatiana come prima ballerina e nel primo cast quando questo ruolo era interpretato già da étoiles… poi è stato il ruolo con cui sono stata nominata étoile!! Potete immaginare… non ringrazierò mai abbastanza Reid Anderson che ci ha fatto lavorare a questo ruolo e che ha scelto me ed Hervé Moreau per danzare Onegin!!
Cosa mi dici del pubblico oggi?
Il pubblico è straordinario… lo ringrazio per tutte le sensazioni che mi danno gli applausi, è allora e solo allora che io vedo se c’è stata magia.
Cos’è la perfezione per te?
Ogni grande ballerino ha una parte di perfezione in sé… io penso che sia impossibile essere totalmente perfetti, abbiamo tutti dei difetti e delle qualità, ma io cerco di avvicinarmi all’eccellenza, che è meno presuntuosa come parola.
C’è mai stato un momento, nella tua carriera, in cui hai sentito che tutti gli elementi erano al posto giusto, che la tua danza era vicina alla perfezione?
Quando si diventa una sola cosa con il partner e la musica, ci si avvicina alla magia…
Cosa provi e pensi mentre sei in scena?
Meno si pensa più si può aspirare ad essere ciò che si desidera… è in questo la difficoltà, nel non lasciarsi sopraffare da emozioni negative… lasciare la paura dietro le quinte e non essere pienamente coscienti di ciò che si fa… diversamente lo stato d’animo può essere terribile a volte.
Riusciresti a danzare ad occhi chiusi?
A parte Alicia Alonso, non vedo chi potrebbe affrontare questa sfida!!! Effettivamente mi capita di fare dei movimenti con gli occhi chiusi, ma purtroppo è difficile mantenere l’equilibrio senza avere gli occhi aperti… ma, di tanto in tanto, è meraviglioso potersi abbandonare nelle braccia del partner chiudendo gli occhi… danzare ad occhi chiusi richiede un controllo estremo di sé… questo andrebbe approfondito!!
Come identifichi te stessa nei termini della tua danza?
Sta agli altri giudicare.
La tua condizione psicologica influisce sul tuo modo di danzare?
Sì, certamente!!! Come ho già detto prima, la cosa più difficile è non lasciarsi sopraffare dalle informazioni negative che il nostro spirito potrebbe inviarci!!!
Isadora Duncan una volta ha detto: “Se potessi dire cosa significa, non avrei bisogno di danzarlo”. Che tipo di linguaggio è la danza per te?
Io vivo per la danza… attraverso la danza e la musica racconto la mia una storia con il mio corpo e con la mia anima. Il corpo è il nostro unico mezzo di espressione e la scena è una droga di cui non si può fare a meno!
L’importanza dell’inconscio per un danzatore?
Sulla scena bisogna essere coscienti ed incoscienti al tempo stesso… controllo e abbandono di sé.
È più difficile diventare una ballerina o continuare ad esserlo?
Questa domanda mi fa sorridere!!! Entrambe le cose!!! Posso confermare che è ugualmente difficile continuare ad essere una ballerina!!! Sono stata operata alla caviglia tre mesi fa ed ho dovuto ricominciare da zero per recuperare il mio livello… delle sensazioni che mi sembravano ovvie prima, mi hanno dopo richiesto degli sforzi inusuali… dei muscoli da riallenare, la fatica nel ricominciare a lavorare, la forza da ritrovare, in poche parole ho come l’impressione di debuttare nuovamente, ma è più difficile psicologicamente, poiché, rispetto ad una debuttante che non ha mai provato certe sensazioni, io avevo già lavorato tantissimo sul mio corpo!!! Tutto torna, posso rassicurare chi legge su questo, ma bisogna saper essere umili, accettare di ricominciare tutto, di infliggere al proprio corpo delle nuove sofferenze per sentirsi di nuovo bella in scena! Niente è mai acquisito!! Tutto va mantenuto!
La cosa più importante per te?
Essere in scena e poter vivere la sua passione.
Essere una danzatrice professionista richiede sacrifici, viaggiare in tutto il mondo per gli spettacoli ha influito sulla tua vita privata?
Non posso dire il contrario, perché al momento davvero non ho vita privata! Si sa che la carriera di un danzatore è relativamente breve, allora preferisco viverla intensamente al momento e consacrarmi alla mia vita privata in un secondo momento. Purtroppo non ho il tempo di uscir per poter fare degli incontri, la mia famiglia è l’Opéra.
Hai mai pensato di lasciare questo lavoro?
Secondo te?
Che cosa hai dovuto sacrificare per essere dove sei oggi?
Forse la mia vita privata.
I tuoi obiettivi personali come ballerina e come donna?
Come ballerina, vorrei, dopo che mi sarò ritirata dall’Opéra, fra quattro anni, essere invitata a danzare in qualche compagnia, perché altrimenti il distacco rischia d’essere difficile. Come donna vorrei trovare un marito! A buon intenditor poche parole…
Lorena Coppola