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Gli Idoli d’oro dell’ Opera di Roma

La riproduzione di un balletto dell’Ottocento pone problemi specialissimi che toccano la natura profonda – e unica – della danza. In altri generi teatrali – poniamo la prosa o la lirica – esiste sempre un testo su cui basarsi: un copione o la partitura, che sono il fondamento di ogni possibile messa in scena,  e che, comunque, hanno una loro consistenza anche al di fuori della realizzazione teatrale. Con la danza la cosa è diversa : della danza, che è ovviamente la sostanza di un balletto, non esiste la partitura ma soltanto la memoria. Il libretto e la partitura musicale , che invece restano, non sono che punti di riferimento, su cui si può ogni volta operare nelle più svariate direzioni. Si può, sì tentare la direzione del rigore filologico fondandosi  sull’insegnamento diretto, o gli appunti mnemonici, di un maestro-ricostruttore che abbia preso parte personalmente come ballerino o come assistente alla creazione del balletto; oppure chi fu allievo di un interprete originario o allievo di un allievo di un allievo.

Questo non è un limite nella danza, come certa nostra cultura  – accademica e paludata – frettolosamente è portata a concludere. Ma è il suo fascino. Un balletto è ed è sempre stato un processo aperto. Un capolavoro del balletto ottocentesco cresce, cioè si arricchisce, si trasforma, in altre parole continua meravigliosamente a vivere attraverso il lavoro dei successivi ricostruttori.

Ecco perché ogni volta che si apre il sipario sul vecchio Bayadère, si ha l’emozione non soltanto di ricatturare il profumo di un’epoca  e di una cultura – quella della “prima” in questo o quel teatro, di questa o quella corte reale o imperiale, con questi o quei caratteri nazionali. Ma anche di vedere, vivo dinanzi ai nostri occhi, il lavoro in qualche modo sempre originale, sempre diverso, di un nuovo creatore-ricostruttore e dei suoi nuovi artisti.

Nel nostro caso è il lavoro di Rafael Avnikjan che ha saputo con astuzia alleggerire e snellire la versione originale del 1877 –  creata per il Balletto Imperiale Russo da Marius Petipa – composta da quattro atti e sedici quadri. Una versione quella dell’Opera in due atti e tre quadri arricchiti dalle suggestive e raffinate scene di Juan Guillermo Nova e dall’eleganza dei costumi realizzati da Luca Dall’Alpi hanno trovato il giusto tocco nella riproduzione di quei tipici colori molto adatti ad un balletto in stile puramente orientale.

Applausi, grida e furore per la stella russa Svetlana Zakharova nel ruolo di Nikija – ruolo che più di tutti s’incalza in lei per la sua leggiadria e in questo caso per le sue linee arabescate, fluide e taglienti… Di forte interpretazione anche tutti gli altri artisti, curati nei movimenti di pantomima e con uno studio approfondito di introspezione del personaggio.

Nel ruolo di Solor – il principe innamorato – l’elegante Alexander Volchkov e nel ruolo di Gamzatti – l’eterna antagonista – una raffinata e di stabile tecnica, Olga Esina , prima ballerina dell’Opera di Vienna. Non sono stati da meno però i nostri “romani” : dotato di forte temperamento l’ètoile Mario Marozzi e di spiccata presenza scenica invece Riccardo Di Cosmo.

Inaspettata, nel senso positivo, l’interpretazione dell’Idolo d’Oro di Alessio Rezza – dal 2011 all’Opera di Roma – avevo avuto già modo di vederlo in altre occasioni, ma ieri ho veramente visto in lui una brillante carriera, forti anche gli applausi!!!

Dal mio “racconto” sembra tutto rose e fiori – come si dice in questi casi – ma in tutte le prime che si rispettano, qualcosa che non và deve pur esserci: il corpo di ballo, nell’atto bianco, l’atto del regno delle ombre, l’atto della resurrezione non era proprio del tutto in sintonia… Lo si è potuto notare poiché quell’atto specifico della Bayadère richiede precisione, armonia e sincronia. Ovviamente, questo può essere giustificato dal fatto che, la compagnia romana si cimenta per la prima volta in questo balletto assai articolato del repertorio.

Nel complesso all’Opera è stato fatto un ottimo e raffinato lavoro, nonostante tanti miei pseudo colleghi diano “addosso” continuamente al Maestro Micha Van Hoecke – Direttore del corpo di ballo – io invece devo congratularmi: era da tempo che all’Opera di Roma non assistevamo alla “Bella” danza.

Sara Zuccari

Direttore del www.giornaledelladanza.com

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