Intervista del 30.03.2013
Cultural Bridge, il primo festival delle arti e della creatività dedicato alla cura e al rispetto della natura, organizzato dalla Compagnia Oriolo Romano B Side, quest’anno compie due anni. Una realtà emergente basata su un percorso di cultura e creatività, una delle poche iniziative di rilancio nel settore in Italia al momento. Ne conosciamo finalità e obiettivi attraverso le parole del suo fondatore: Andrea Cagnetti.
Andrea Cagnetti, danzatore e coreografo, per anni direttore della Compagnia Ars Movendi ed attualmente direttore della Compagnia Oriolo romano B side, come nasce quest’idea di Cultural Bridge?
Il Cultural Bridge nasce dal confronto che ebbi con Marco Bellingeri quando, nel 2008, era il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Città del Messico. In quell’occasione mi chiese di pensare a un progetto con il quale potessi interagire con le realtà artistiche locali. Ma, fino a quando vivevo a Roma, non mi sentivo nel contesto giusto. Da quando mi sono trasferito a Oriolo Romano, le persone che mi sono vicine hanno un approccio nella collaborazione più trasparente e costruttivo. Qui il progetto ha preso forma anche grazie alla presenza di Eleonora Cerri Pecorella con la quale ho prodotto il festival.
Cultural Bridge, lo dice la parola stessa, è un ponte culturale, verso quali orizzonti?
Il Cultural Bridge agisce su tre livelli: quello didattico, sotto forma di laboratori creativi, quello produttivo ed infine quello rappresentativo. Tre realtà di differenti paesi si incontrano e nell’arco di due settimane producono un repertorio che diviene, grazie allo scambio degli artisti, proprietà dei gruppi partecipanti i quali rientrando nei paesi di origine lo divulgheranno.
Le finalità precise del progetto?
Si vuole promuovere il senso collaborativo nelle diverse forme d’arte. La capacità di costruire un’idea insieme, con una forte componente comunicativa e ogni volta trattando argomenti legati alla natura, per cui sia l’associazione culturale Oriolo Romano B Side sia il festival se ne occupano come mission. Dalla Natura all’Arte. Dall’Arte alla Natura è il claim sul quale è fondata la seconda importante identità dell’iniziativa.
Chi soni i fautori e i sostenitori anche in senso pratico di quest’iniziativa?
Sin dall’inizio della prima edizione il Cultural Bridge è nato dalle idee e dalla praticità mia e di Eleonora Cerri Pecorella, con l’importante aiuto di Basilio Cappelletti (presidente della Pro Loco di Oriolo) e Tiziano Ulanio, Assessore agli Eventi e al Turismo di Oriolo Romano. Il festival è riconosciuto e sostenuto dall’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco. È un progetto che segue la politica americana del “support us”, che nell’autoproduzione e nel sostegno di sponsor e mecenati le uniche risorse economiche. In questa seconda edizione saranno coinvolti sei comuni (Oriolo Romano, Bracciano, Vejano, Canale Monterano, Manziana, Bassano Romano), che hanno concesso il patrocinio morale, nonché l’Ente Regionale del Parco di Bracciano e Martignano e la riserva del parco di Monterano. Vi collaborano inoltre alcune dottoresse del centro di salute mentale di Bracciano e alcuni artisti di livello internazionale scovati sul territorio, come il gruppo musicale Le Loup Garou di Francesco Prota e Carine Jurdant.
La base di partenza e le attività previste dal progetto nel medio e lungo termine?
In questa seconda edizione ad ogni comune corrisponderà un’identità artistica: a Oriolo Romano, sotto la mia direzione, ci sarà il polo artistico e creativo legato al movimento. A Bracciano quello legato al video e condotto da Cecilia Pagliarani. A Bassano Romano il polo artistico e creativo condotto dall’editrice Angela Vergani. A Vejano il polo legato alla musica condotto da Francesco e Carine. A Manziana si svolgeranno le attività legate alla pittura e alle arti plastiche dirette da un gruppo di giovani artisti locali e per il quale stiamo ottenendo il patrocinio dell’Accademia delle Belle Arti di Roma. A Canale Monterano si svolgeranno le attività legate alla recitazione. Il tema che verrà trattato ruoterà intorno al disturbo borderline, per cui avremo la collaborazione di tre psicologhe. L’intento di questa iniziativa, che non è solo circoscritta al periodo delle due settimane ma è ricca anche di laboratori e produzioni di avvicinamento al festival e a nuovi progetti e nuove collaborazioni previste per il dopo festival, sarà quello di creare dei gemellaggi con centri artistici e gruppi creativi internazionali. Paolo Barlera, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco, in questo momento sta sviluppando per noi una collaborazione con il centro d’arte e creatività del San Francisco California Institute of Integral Studies.
A chi è rivolto nello specifico il progetto?
I partecipanti ai laboratori saranno i giovani dai 13 ai 25 circa, ragazzi sensibili alle forme espressive. Come ho già detto, il festival è aperto a diverse forme dell’arte e della creatività. La fruibilità è rivolta a tutti.
Il bilancio del primo anno di attività.
La prima edizione del Cultural Bridge è andata molto bene, per questo motivo stiamo lavorando al nuovo progetto moltiplicando le aspettative per sei. Nella prima edizione abbiamo avuto varie compagnie di giovani artisti, dalla California, dall’Irlanda e una coreografa olandese. Abbiamo ottenuto da subito l’interesse e il patrocinio dell’Ente Regionale del Parco di Bracciano e la collaborazione del Dipartimento Ambiente dell’E.N.E.A. Molti quotidiani nazionali come Il Messaggero e La Repubblica ci hanno dedicato spazio. Sono intervenuti anche molti artisti di livello internazionale.
Il programma per il 2013?
Come dicevo, iniziamo già dal mese di marzo con dei laboratori creativi per promuovere il festival e con delle produzioni che saranno rappresentate durante il festival stesso. È indetto un bando, che scade il primo giugno 2013, per selezionare gruppi di giovani artisti che potranno usufruire di una borsa di studio e uno di questi gruppi sarà selezionato per produrre il progetto che avrà presentato. Per il periodo del festival, dal 18 agosto al primo settembre, le due settimane saranno suddivise in tre fasi. Ogni fase sarà introdotta da un seminario di una psicologa che tratterà la patologia del borderline, seminario puramente scientifico ma che per gli artisti e i team creativi presenti sarà lo spunto per attivare un brainstorming dal quale nei tre giorni successivi sarà prodotta una performance che sia di forte contenuto comunicativo inerente al tema trattato. Le performance potranno vedere la collaborazione dei diversi team artistici. Movimento, video, musica, arti grafiche, recitazione, scrittura. Ci saranno performance, istallazioni interattive, mostre e concerti nei teatri dei paesi, nelle sale e negli angoli caratteristici delle strade e degli ambienti naturali che rendono questo territorio unico, come la Caldara, la Faggeta, il Parco della Mola, la riserva di Monterano.
Perché il territorio della Tuscia come scelta territoriale di partenza?
Mi sono trasferito a vivere in questo splendido territorio che mi ha accolto e riconosciuto subito. Ha una storia fantastica e la natura, dal mare ai laghi passando attraverso delle foreste meravigliose, è grandiosa. Le relazioni umane rispetto alla grande città sono molto più semplici e vere.
L’obiettivo artistico primario del progetto è la danza o non solo la danza?
L’obiettivo principale è rivolto alla creatività, la creatività non fine a se stessa, ma che abbia una forte valenza comunicativa rivolta al sociale. Una creatività che nasce dall’aggregazione, dal confronto e dallo scambio all’interno del gruppo. L’idea che si costruisce insieme. Un bravo creativo non ha idee, le fabbrica.
La filosofia alla base di esso?
Il Cultural Bridge è un fermento creativo e costruttivo fatto di menti giovani. Uno scambio internazionale, un confronto e una collaborazione tra le diverse forme d’arte e artisti di diverse culture.
Una frase conclusiva.
Ritengo che l’arte si debba mettere al servizio di valori sociali e umani per condizionare la nostra era. Un momento in cui si tende a formare cervelli, specializzarli attraverso un apprendimento cognitivo. L’apprendimento cognitivo sviluppa l’intelletto e l’intelligenza ma atrofizza la struttura emozionale, anziché integrarla. È l’esperienza che attraverso i cinque sensi alimenta le emozioni. Bisogna educare e allenare l’individuo a saper vivere le emozioni ad “alto volume” perché la vita non si appiattisca. Bisogna avere una struttura emozionale forte e ampia per poter investire emozionalmente in progetti professionali o affettivi. Progetti per i quali è necessaria sia l’evoluzione intellettuale che quella emozionale. La nostra iniziativa è aperta a tutte le persone che vogliono avvicinarsi e collaborare, purché siano disposte a portare il proprio talento e non le proprie idee.
Lorena Coppola