Simona Atzori nasce a Milano nel 1974, si avvicina alla pittura all’età di 4 anni come autodidatta e all’età di 6 inizia a seguire corsi di danza classica. Nel 1983 entra a far parte dell’Associazione dei Pittori che Dipingono con la Bocca e con il Piede (V.D.M.F.K.). Nel 2001 si laurea in “Visual Arts” presso la “University of Western Ontario” in Canada. Partecipa a mostre collettive e personali in tutto il mondo: Italia, Cina, Canada, Portogallo, Svizzera, Spagna, Austria. Alla sua brillante carriera di pittrice si aggiungono numerosi successi nel campo della danza. Ambasciatrice per la Danza nel Grande Giubileo del 2000, porta per la prima volta nella storia, la danza in Chiesa con una coreografia dal titolo “Amen” di Paolo Londi, che è stata inserita nella Grande Enciclopedia Multimediale del Vaticano. Testimonial del “Pescara Dance Festival” ha danzato una coreografia di P. Londi con l’étoile Marco Pierin. Un premio dell’arte ha preso il suo nome e dall’edizione 2002 del “Pescara Dance Festival”, Simona ha avuto l’onore di donare il premio “Atzori” a Luciana Savignano, Micha Van Hoecke, Caroline Carlson, Vladimir Vasiliev, Carla Fracci, Liliana Cosi, Vladimir Derevianko, Oriella Dorella, Premio Speciale 2009 a Roberto Bolle consegnato a Taormina, Sabrina Brazzo nel 2010. Simona è ritratta nella copertina del libro di Candido Cannavò, “E li chiamano Disabili”. È stata protagonista della cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Torino 2006. Nello stesso anno partecipa alla trasmissione “Amore” di Raffaella Carrà, danzando due coreografie di Franco Miseria. Dal 2008 i suoi quadri sono in Mostra permanente nella città di London Ontario (Canada). Nel 2009 Simona ha danzato “Legami” coreografia di P. Londi durante due tappe del “Roberto Bolle and Friends” al Teatro Antico di Taormina e alla Fenice di Venezia. Simona è stata invitata al Festival Internazionale della danza di Taiwan a Taipei e Tainan. Nell’ottobre 2009 nasce lo spettacolo “Simona & Friends” nel quale danza con importanti ballerini, tra cui gli scaligeri Mick Zeni, Maurizio Licitra, Antonella Albano, Sabrina Brazzo, Marco Messina e Salvatore Perdichizzi. È stata ospite fissa della Compagnia del “Pescara Dance Festival” diretta Paolo Londi ed è stata testimonial del Festival dei Giovani Talenti promosso dal Ministero della Gioventù oltre che testimonial del Campionato Mondiale di Danza di Castiglioncello. Nel 2010 nasce lo spettacolo “Me” presentato a Madrid, insieme a Mariacristina Paolini, Giusy Sprovieri, Marco Messina, Salvatore Perdichizzi, Laura Caccialanza e Lara Montanaro. Nel 2011 è uscito il suo primo libro: “Cosa ti manca per essere felice?” dal quale è nato lo spettacolo di danza omonimo che ha visto la prima al Teatro Cagnoni di Vigevano. Nel 2012 ha aperto la quarta serata del festival di Sanremo danzando una coreografia di Daniel Ezralow. Nel 2014 esce il suo secondo libro “Dopo di te” e l’8 ottobre dello stesso anno danza in Sala Nervi in Vaticano per Papa Francesco, e dona a lui un suo ritratto. In seguito danza in piazza Plebiscito a Napoli davanti a 40 mila persone. Nasce poi lo spettacolo “Una stanza viola”, in collaborazione con alcuni danzatori del Teatro alla Scala, che viene portato in scena al Teatro Regio di Parma. Tra i premi ricevuti: Premio Michelangelo per la danza, Premio USSI “Campione nella vita, Campione nello sport”, “Roma è Arte”, “Oro Donna”, “Rosa d’argento”, “Santa Caterina da Siena” “International Dance Award” a Taipei, Taiwan, “Tular” Todi, “Premio mondiale Toyp” in Tunisia, “Oscar del galoppo per l’Arte”, “Premio Atreju”. Nel 2012 Simona è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana dal Presidente Giorgio Napolitano. Attualmente è impegnata in numerosi appuntamenti mondiali anche con mostre personali e collettive raccogliendo consensi da parte di stampa e pubblico.
Carissima Simona, la danza è stata subito “amore a prima vista” oppure è maturata in te nel tempo?
La danza è stata amore a prima vista. Ci siamo innamorate reciprocamente e a volte penso che lei mi abbia scelta per dirmi che potevo usare il mio corpo per comunicare qualcosa che andava oltre ciò che non c’è.
Quali sono i tuoi ricordi legati alla danza da bambina? E a quale spettacolo hai assistito, in assoluto per primo, dal vivo o in televisione?
I miei ricordi legati alla danza sono di grande gioia e serenità. Per me la danza rappresentava quel sogno, che sembrava impossibile, ma che mi dava una felicità immensa. Il primo spettacolo che ho assistito dal vivo è stato il “Bolero” di Maurice Béjart danzato dall’étoile Luciana Savignano al Teatro alla Scala e ne rimasi completamente affascinata e rapita.
Chi sono stati i tuoi maestri, com’è stato l’approccio tecnico ed espressivo con il linguaggio coreico?
Il mio approccio è stato con la danza classica, studiavo in una scuola di danza a Saronno. È stato da subito una modalità espressiva e di opportunità per prendere confidenza con un corpo che era diverso solo agli occhi degli altri, mentre a mio avviso era tutto ciò che mi serviva per esprimermi.
Ballare per te cosa rappresenta… libertà, bellezza, perfezione, completezza?
Danzare rappresenta ricerca interiore di quella parte nascosta dentro di me e allo stesso tempo la possibilità di comunicare, di andare oltre. E poi provo un senso di libertà fortissima, perché posso raccontare qualcosa in assoluta libertà senza un linguaggio che sia codificato da parole. È espressione di emozioni senza restrizioni in totale e completa armonia.
Quali sono i tuoi miti, presenti e passati nel mondo della danza?
Del passato sicuramente il grande Rudolf Nureyev. Del presente Roberto Bolle con cui ho avuto il prestigio di partecipare a due tappe del “Bolle and Friends” nel 2009. Poi ho avuto l’onore di danzare con celebri ballerini, il primo che ha danzato con me è stato il grande Marco Pierin. Poi ho danzato con degli straordinari artisti del Teatro alla Scala di Milano, Sabrina Brazzo, Mick Zeni, Antonella Albano, Maurizio Licitra, Laura Caccialanza, Lara Montanaro e naturalmente i miei amatissimi amici con cui collaboro da anni Marco Messina e Salvatore Perdichizzi. E poi un altro danzatore con cui ho avuto una grande gioia nel ballare è stato Silvio Oddi. In seguito, con immenso piacere, ho conosciuto dei miti della danza come Luciana Savignano, Micha Van Hoecke, Caroline Carlson, Vladimir Vasiliev, Carla Fracci, Liliana Cosi, Vladimir Derevianko, Oriella Dorella.
Tra i grandi coreografi del passato chi secondo te ha rivoluzionato il concetto di balletto e tecnica?
Mi viene subito in mente Martha Graham con il suo rivoluzionario “movimento”, che sapeva scavare e andare in profondità nella ricerca di quel movimento che bramava nel comunicare le più profonde emozioni del danzatore. Non solo tecnica, ma anima.
La religione ti ha sempre molto aiutata nel tuo cammino e per tua ammissione la “danza” è la tua preghiera? O mi sbaglio?
La fede mi ha aiutato, il credere nell’immenso dono della vita, e che io sono stata disegnata così, e il mio corpo è uno strumento per dire grazie a ciò che ho avuto in dono per comunicarlo: la danza, la pittura, la scrittura e naturalmente la fortuna di poter condividere ogni aspetto con numerose persone.
Quale nesso esiste tra Dio e la Danza?
La Danza è uno strumento che può donare gioia, amore, completezza, ricerca dentro e fuori di sé… Questa ricerca si avvicina molto al senso del divino.
Nella nostra esistenza, secondo te, tutto è già segnato e possiede un senso ben preciso?
La nostra esistenza è in continua evoluzione e ha un senso ben preciso, ma sta a noi cercarlo. Forse la ricerca è già una parte del senso della vita.
Prima della danza il tuo grande incontro con l’arte è avvenuto con la pittura… Cosa ti emoziona nel dipingere?
Io dico sempre che ho due ali: la Danza e la Pittura. Mi emoziona molto dipingere danza, ciò che vorrei continuasse anche dopo la performance, come se volessi rendere quelle emozioni infinite e per sempre.
Come nasce la tua opera pittorica e a cosa ti ispiri?
Nasce fin da bambina, all’inizio per me dipingere era un gioco, che piano piano è diventato una necessità di comunicazione molto forte. Mi ispiro sovente alle emozioni in generale, quelle della danza, ma anche dei volti. Amo dipingere ritratti di persone e cercare di cogliere un po’ della loro anima.
Non hai mai pensato di far prendere forma ai soggetti delle tue opere attraverso la danza?
Bellissima domanda, e grande spunto, perché ho sempre fatto l’inverso, ho sempre usato la pittura per fermare delle emozioni della danza già avvenute, ma mai l’opposto. Mi piace molto questo spunto che mi dai, ci penserò seriamente.
Le tue opere pittoriche sono parte di un percorso legato o solo ad intuizioni?
Alcune opere sono legate da un percorso, da un tema che si sviluppa e altre invece da pura intuizione o ispirazione di un momento.
Usi dei modelli?
Dei modelli fisici reali non spesso, perché non è facile trovare persone che posino per me per ore ed ore. Però a volte scatto delle foto che poi utilizzo come modelli.
Tecnicamente come inizi un quadro?
A volte parto da un’idea precisa, quindi se devo fare un ritratto, inizio da una foto, dal disegno a matita e poi uso diverse tecniche come il pastello, l’olio o l’acquarello. Mentre in altre occasioni comincio da un foglio bianco e seguo l’ispirazione senza un’idea precisa.
Nella storia passata o contemporanea c’è un artista od un movimento in particolare che ami o hai amato di più?
Nella storia dell’arte, in ogni epoca ci sono artisti che amo e che mi hanno ispirato. Però del passato adoro moltissimo Caravaggio e il suo uso del chiaroscuro. Mentre un’artista che mi ha ispirato molto nel periodo dei miei studi universitari in Canada è stata l’americana Georgia O’Keeffe.
Come si può giungere alla conoscenza profonda della propria anima per vivere in totale serenità ma soprattutto accettazione?
Non credo si giunga alla conoscenza profonda e completa della propria anima, penso più che sia un percorso che ogni giorno ti chiede di entrare nel posto più profondo di te, che piano piano scava maggiormente in profondità. Si scopre quotidianamente qualcosa di nuovo di sé, da amare, accettare, accogliere, rivedere o semplicemente guardare senza dirsi niente perché è parte di chi siamo.
Nella danza maschile, soprattutto quella classica, esistono ancora vari pregiudizi che spesso frenano il sogno degli allievi. Tu come hai vissuto e reagito alla curiosità degli altri, agli sguardi dettati dalla sola curiosità del “diverso”?
Accolgo quella curiosità che aiuta a conoscersi, a scoprirsi, ad imparare insieme, mentre quella curiosità del “diverso” senza ricerca a volte mi spaventa, e può fare anche male. Il mio è stato un percorso per far sì che gli sguardi non potessero più farmi del male, e l’arte mi ha aiutato moltissimo in questo. Ho dato agli altri uno strumento per guardare di me ciò che so fare e non quello che mi manca.
Tornando ai tuoi inizi, il Canada come ti ha accolta, qual è stato il tuo impatto con un paese così affascinante ed il momento più felice della tua permanenza?
Il Canada mi ha regalato moltissimo, mi ha semplicemente accolta e questo mi ha permesso di vivere quell’esperienza in maniera intensa e serena. I momenti di felicità sono stati numerosi, però sicuramente il momento della mia laurea in “Visual Arts” è stato uno di quelli “memorabile” in tutti i sensi.
Qual è stata la tua prima volta in palcoscenico nel ruolo di ballerina, davanti ad un pubblico?
La primissima volta in un ambito importante è stato in un Concorso ad Hannover. L’emozione era fortissima ma la gioia che ho provato è stata qualcosa che non potrò mai dimenticare.
Hai dimostrato che si possono abbattere certe barriere, la forza di volontà e la determinazione riescono a travalicare le convenzioni e i canoni imposti dalla società. Dipingere con la bocca e con il piede oppure danzare senza l’uso delle braccia. Sei un esempio per migliaia di persone che rivedono nel tuo percorso il loro riscatto?
Quando mi rendo conto di essere un esempio, sento una grande responsabilità che a volte mi spaventa, ma accolgo questo ruolo con immensa gioia e con molta serietà. Se posso donare qualcosa che serva a qualcuno, anche ad una sola persona allora il mio senso diventa ancora più grande e non è più solo mio.
Raccontami dei tuoi momenti in Vaticano, del tuo incontro con papa Giovanni Paolo II e con Papa Francesco?
Due incontri fondamentali per la mia vita. Due incontri che hanno scosso qualcosa di me nel profondo. Ho donato ad entrambi un quadro dipinto da me che li ritraeva e il solo averlo creato è stata emozione pura e poi nell’offrirglielo qualcosa che va al di là di ciò che avrei mai immaginato.
Candido Cannavò ha narrato la tua storia nel libro “E li chiamano disabili”. Ma la disabilità, oggi come oggi, in Italia quali passi ha fatto in aiuti e sostegni concreti?
Il grande amico Candido con quel libro ha segnato un momento fondamentale in questo percorso, ancora molto lungo, ma che intanto sta camminando e tutto ciò è importante. I passi possono anche essere tanti o pochi, ma ciò che deve cambiare è la percezione, lo sguardo che abbiamo nei confronti delle persone che ai nostri occhi sono diverse da noi. Penso che la Paralimpiade di Rio 2016 ha dato il via a qualcosa di importante. Il pubblico si è appassionato alle storie di questi atleti, che come gli atleti olimpici, si allenano e danno tutto se stessi per una medaglia. La piccola e grande Bebe Vio con il suo entusiasmo, caparbietà e serenità ha mostrato il volto semplice e forte dello sport paralimpico e delle persone che sembrano “diverse”.
Ti ho ammirata in scena, un paio di volte, al Teatro Cagnoni di Vigevano… il tuo sorriso e il tuo modo di porti lascia agli spettatori un messaggio di amore e di “possibilità”. Dove trovi la forza, cara Simona, per regalare tanta positività?
Sono positiva di mio. La vita mi ha dato così tanto. Mi ha dato la vita. Mi ha dato una famiglia che mi ha resa semplicemente ciò che sono. Mi ha dato il dono dell’arte ed ora sento il bisogno di restituire tutto questo e regalare a chi decide di venire a vedermi, ad ascoltare le mie parole, a chi legge i miei libri, tutto ciò che ho e niente di meno.
Spesso sei relatrice ad incontri motivazionali. Com’è nata questa idea e quali sono le tue linee guida nel condurre tali momenti di socialità e aggregazione per una ritrovata stima?
È nata tanti anni fa, proprio da un bisogno delle persone a cui non bastava vedermi esprimere con l’arte, ma avevano bisogno di sapere, scoprire come avessi fatto ad arrivare a fare ciò che faccio. Ho deciso così di intraprendere questo percorso in modo cosciente, e di condividere la mia vita, e tutto questo mi ha aiutato ed è servito per decidere di vivere la mia vita in modo consapevole e sereno.
La cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Torino, penso sia stato un momento per te indimenticabile?
L’ho chiamato il sogno che non avrei mai potuto sognare. Emozionantissimo e indimenticabile. Ogni attimo è impresso in un posto talmente profondo che mi accompagnerà per sempre.
Hai avuto la fortuna di danzare nel gala “Bolle and Friends” a Taormina e al Teatro la Fenice di Venezia. Un traguardo ambito da tante danzatrici, cosa ti ha colpita in Roberto Bolle, nella sua tecnica, nel suo essere artista in palcoscenico, nell’essere ambasciatore della danza mondiale, una star amata a pieno titolo?
Un grande onore che ha reso il mio percorso ancora più speciale. Roberto Bolle è un danzatore di cui si percepisce la passione e l’amore, dedito a quest’arte in un modo assai profondo. Ho ammirato di lui anche la sua grande sensibilità di uomo, che traspare anche mentre dona emozioni al pubblico in scena.
Pensi che a livello coreutico ci siano delle remore nel tuo ruolo di danzatrice oppure l’accettazione ad autentica professionista tersicorea è tangibile?
Sinceramente non lo so, all’inizio me lo chiedevo ed era anche qualcosa di cui temevo. Poi ho compreso che il mio è un cammino mio, non ho mai voluto dimostrare nulla a nessuno e ciò mi fa sentire libera di essere e di donare ciò che il pubblico desidera ricevere.
Non possiamo non citare un’icona come Raffaella Carrà. Parlami del vostro incontro e della vostra collaborazione? Cosa ti ha lasciato in termini di “Amore” la Raffa nazionale?
Grande artista e professionista che ringrazierò sempre per la bellissima opportunità. La mia danza ad “Amore” è stata un’esperienza di grande impegno emotivo per me, che però mi ha fatto crescere enormemente. Danzare accanto a dei favolosi ballerini, tra cui Marcello Sacchetta e Cristian Ciccone, coreografati dal mitico Franco Miseria, è stata una gioia unica. Raffaella Carrà mi ha lasciato un’immagine di enorme professionalità e cuore, e soprattutto ho apprezzato particolarmente il suo volermi come danzatrice nel darmi l’opportunità di esibirmi nella mia arte coreutica e pittorica.
Qual è il tratto principale del tuo carattere?
Penso che sia l’allegria.
E un tuo difetto?
La pigrizia.
Sei superstiziosa, hai qualche rito scaramantico prendere di entrare in scena?
A parte il classico “merda” insieme ai danzatori, prima di entrare in scena guardo il cielo e dico alla mia mamma che danzo per lei.
Di che cosa hai paura in generale?
Della cattiveria.
Da scrittrice di successo, a tua volta, quali sono le tue letture preferite?
Amo molto leggere e spazio dai romanzi, alle biografie, mi piacciono le storie vere e libri che hanno a che vedere con la spiritualità in generale.
Milano, la nostra città, cosa possiede di magico?
Milano per me è la città in cui sono nata. Mi ha sempre fatto sentire colma di possibilità, la magia di Milano sta proprio nella possibilità di poter essere ciò che desideri.
Che musica ascolti?
Un po’ di tutto. Amo in particolare quella italiana.
Qual è il film che hai amato di più e qual è il balletto del grande repertorio che sogni interpretare?
Il film che ho amato di più è “Forrest Gump”. Il balletto che adoro è “Il lago dei Cigni”.
La tua stagione preferita?
La primavera.
Sei molto attiva nel sociale, hai una causa umanitaria che ti sta particolarmente a cuore?
Sono ambasciatrice per la “Fondazione Fontana” che opera con il “Saint Martin” in Kenya, e con loro ho vissuto dei momenti unici in quel Paese. Li sostengo attraverso la loro filosofia nell’aiutare gli altri: “Only through community”… Solo attraverso la comunità. Aiutare loro ad imparare ad aiutarsi.
Quando non sei in vesti ufficiali qual è la situazione che ritieni più rilassante, nel tuo privato?
È rilassante stare a casa mia, perché ci sto poco e quando torno ho tutto ciò che mi serve.
Qual è il tuo rifugio da tutto e da tutti?
Il mio rifugio è la mia camera da letto.
Tra tutti i tuoi partner in scena, a chi vuoi mandare un grazie particolare?
Ognuno di loro è stato un dono immenso, un pezzo di ciò che sono, nessuno di loro escluso, dai più grandi artisti, ai ragazzi giovani con cui ho condiviso emozioni immense. Dico grazie alla ballerina che ora mi accompagna nei miei spettacoli, Beatrice Mazzola, elegante e sublime con un’anima profonda. Mariacristina Paolini, mia partner da tredici anni con cui ho condiviso i momenti di grande gioia e anche di dolore. Una giovane donna piena di talento artistico, sensibilità e soprattutto “amica speciale” per me.
Hai avuto molti incontri con celebri étoile, chi ti ha colpito in particolare e perché?
Sono stati incontri di una potenza immensa, ma l’étoile Oriella Dorella mi ha lasciato e mi dona sempre qualcosa di speciale, perché sento il suo bene e la sua ammirazione per me.
La Compagnia del “Pescara Dance Festival” come ti ha arricchita a livello formativo ed umano?
Mi ha arricchito molto, ho trascorso gli anni più importanti e di grande crescita artistica e personale.
Naturalmente come non citare la tua partecipazione al Festival di Sanremo, come ti sei approcciata alla danza geniale di Daniel Ezralow?
Lui è un uomo straordinario, artisticamente ed umanamente. Mi sono approcciata con molto timore, mentre lui con serenità e semplicità e quella è stata la chiave che ci ha permesso di vivere un momento prezioso ed intenso.
Il Teatro alla Scala cosa rappresenta per te? Tu che spesso hai anche come partner ballerini scaligeri….
Il Teatro alla Scala rappresenta “il sogno”. Ho la fortuna di aver collaborato con molti danzatori del teatro e se ci penso ancora non ci credo. Da molti anni danzo con Marco Messina e Salvatore Perdichizzi, che oltre ad essere come due fratelli, quando ballo al loro fianco mi sento completamente me stessa, al sicuro e libera.
Tra i tanti premi ricevuti, ne cito uno in particolare, l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana da parte del Presidente Giorgio Napolitano. Immagino un momento di grande orgoglio personale e soprattutto di realizzazione?
Un momento davvero intenso, emozionante e forte. Un evento che ho vissuto in un momento difficile della mia vita, perché la mia mamma era malata, ma sapere che lei ha potuto comunque gioire di questa Onorificenza è stata la vera emozione, perché la mia mamma, mio papà e mia sorella mi hanno permesso di essere quella che sono.
Per concludere, possiedi un motto per continuare a sorridere alla vita tramite la nobile arte della danza?
Il mio motto che mi accompagna da sempre è quello che ogni volta che salgo sul palcoscenico dev’essere come la prima volta, e come se potesse essere l’ultima, così che ogni volta l’emozione possa essere unica e irripetibile.
Michele Olivieri
Foto: Grace Caruso, Paolo Genovesi
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