Come si suol dire “chiusura col botto” per il MilanOltre Festival a cura della Compagnia Susanna Beltrami. Presso i suggestivi spazi della DanceHaus milanese è andata in scena l’inedita creazione, in prima nazionale, Io sono il Bianco del Nero. Uno spettacolo di Susanna Beltrami che fin dall’inizio rivela la sua profondità, lo spettatore si immerge totalmente e trattiene il respiro. I gesti, i movimenti, i piccoli accenni e la preziosa cura dello spazio riescono a narrare, come fosse un rito millenario, un mondo concepito sulla sacralità dei caratteri essenziali e distintivi della specie umana. L’interiorità, durante la performance, prende corpo per poi trasformarsi in desiderio, memoria, e periodicità. Un pensiero di danza in cui affiora, ben nitido, l’inedito modo di “coltivare” il palcoscenico tra sentori del passato, narrazioni inventate, racconti leggendari, ventagli di profezie supportato da un concept d’avanguardia.
Forse come non mai in questo caso, le parole non sono sufficienti a raccontare la bellezza di Io sono il Bianco del Nero. Luoghi di perdizione in terre desolate ed infernali dove la realtà si scontra con impulsi patologici e si manifestano sotto forma di parole, idee, immagini persistenti dando vita a disomogenei equilibri. L’evento è l’ennesima conferma di Susanna Beltrami, camaleontica e capace di proporre sempre un qualcosa di innovativo ed autorevole nell’ambito della danza contemporanea, ricerca, sperimentazione e assoluta vocazione (disegno luci di Matteo Bittante, pittore scenografo Elena Valdetara, tecnico di scena Mario Giallanza, assistente Eleonora Cotugno, produzione ContART, MilanOltre e con il sostegno di NEXT – laboratorio delle idee 2016).
Ne viene fuori un “film” che scorre “intimamente” a più voci, una esposizione visiva che assorbe e calcifica aspetti artistici i quali oltrepassando le barriere mentali riescono a giungere al cuore. Un efficace uso della voce, delle note di sottofondo, degli effetti cromatici e scenografici trasformano la complessità del tema, altalenando emozioni in espressività totalizzante, tra sussurri appena accennati e potenti vibrazioni. Lo spettacolo include elementi diversi, in senso fisico, sessuale, affettivo ed intellettuale. Un’infinita forma di confidenza. L’allestimento di Susanna Beltrami vive costantemente su una netta percezione, che avverte gli occhi di chi guarda della luce riflessa nelle tante immagini osservate, scene primarie e scene secondarie.
Quindi il significato induce lo spettatore, a trasformarsi in protagonista muovendosi da un luogo all’altro, nel preferire o meno un colore, sicuramente nello scegliere quello più affine ai propri gusti caratteriali. Il temperamento degli evocativi danzatori, a partire dal virtuoso e plastico Cristian Cucco passando per i persuasivi Alice Beatrice Carrino, Samira Cogliandro, Giuseppe Morello, Giovanni Leone, Vanessa Loi, Michela Priuli, Giulia Vacca, Elena Valdetara con la speciale presenza di Matteo Bittante, Daniele Ziglioli e Lorenzo Conti, svelano unitamente le attitudini dove la simbologia viene associata alla luce come elemento fondamentale e dominante.
Negli antichi miti della creazione ritroviamo il Bianco quale simbolo del giorno associato al principio della fase vitale. Infatti la danza della Beltrami rispecchia l’emblema della purezza, dei sentimenti e il desiderio di cambiamento ma anche di una verginità spirituale votata alla ricerca del mutamento. La coreografa non tradisce mai le aspettative ed offre uno stimolo forte da vivere secondo le individuali inclinazioni. Al contrario il Nero, colore del buio, a tratti del male e del mistero lascia scorrere immagini che appartengono al caos delle origini e al vuoto. In scena appare netto il dualismo bianco/nero = luce/oscurità, dove l’invisibile e l’inconoscibile si fondono in un’unica scintilla, palesando la comprensione che morte e rinascita non sono altro che momenti transitori di una maggiore continuità.
La drammaturgia (con l’attenta consulenza di Lorenzo Conti) rispecchia l’apparente pioggia che porta verso il finale dove traspaiono a galla sentimenti del subconscio in un chiaro messaggio positivo, simbolo di rigenerazione e crescita. Un “lavare via” le cose brutte per ritrovare il tempo di un nuovo inizio incarnante emozioni negative spesso represse ma per fortuna passeggere. Portandoci così, in chiusura, in una maggiore trasposizione riflessiva dove la fiamma simboleggia la preghiera, e il fuoco delle candele apre un passaggio tra il mondo terreno e quello invisibile. L’emblematica scacchiera in scena è il fulcro della concezione, tra antiche leggende, dove il potere di un re, senza gli altri, risulta nullo. Susanna Beltrami, al termine dello spettacolo, mi ha donato questa sua brevissima ma intensa dichiarazione: “L’artista è uno sciamano che usa la potenza delle immagini interiori e i segni di cui è intagliata la stessa vita, per comunicare”!
Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com
Foto di Cristina Valla, Augusto De Bernardis e Mirella Vecchi