“Terpsicore” è un prologo in forma di opéra-ballet di Georg Friedrich Händel composta nel 1734 come ampliamento della sua opera “Il pastor fido” che aveva debuttato nel 1712. L’aggiunta di “Terpsicore” come scena che precede l’inizio dell’azione vera e propria, con funzione introduttiva, fu eseguita per la prima volta il 9 novembre 1734 al Covent Garden Theatre di Londra. “Terpsicore” mescola la danza a brani musicali per solisti e al canto corale. Fu sagomata prendendo ispirazione dalle opere francesi.
La coreografia presentò la celebre ballerina francese Marie Sallé così come altre stelle delle opere italiane di Händel e riscosse a quel tempo un entusiasmante successo di pubblico. Il nuovo prologo venne aggiunto principalmente per offrire e palesare agli spettatori le capacità, la bravura, l’abilità e l’attitudine di Marie Sallé. In un secondo tempo la danzatrice apparve anche nelle opere “Alcina” e “Ariodante” sempre firmate da Händel.
L’opera-balletto non fu più rappresentata per lungo tempo, però negli anni Sessanta una nuova impennata di interesse verso la musica barocca riportò in scena “Terpsicore” in festival e teatri d’opera, sia come prologo al “Pastor Fido” sia come pezzo indipendente. Anche in tempi recenti l’opera è stata rivalutata ed è eseguita con una certa frequenza. Si ricordano tra i vari allestimenti quello del 1959 presso “Villa Olmo” di Como, quello del 1963 alla Reggia di Versailles e del 1974 al King’s Theatre di Edimburgo per l’Opéra Reale svedese. Il lavoro fu eseguito anche al “London Händel Festival” nel 2012, senza dimenticare la produzione del Teatro Manoel di Malta, e nuovamente quella al Castello di Versailles nel 2013.
L’opera si apre con un coro, seguita da una aria per Apollo e Erato. Tersicore dimostra la potenza della danza con una serie di movimenti in contrasto fra loro, intervallati da duetti e assoli dei cantanti. Il lavoro si conclude con i solisti vocali, il coro e i ballerini che si uniscono in un elogio della virtù e della saggezza. Ci narra di Erato, musa della poesia lirica e dei suoi seguaci che si rivolgono ad Apollo, il quale discende dal cielo con alcune delle Muse. Essi convocano Tersicore, che dona una rappresentazione del fascino della danza, illustrando diverse emozioni attraverso l’utilizzo del movimento.
“Il Pastor Fido” – opera pastorale eseguita la prima volta nel 1712 – non era stata un successo di pubblico a quell’epoca, probabilmente a causa del fatto che era carente di effetti scenici spettacolari e meno autorevole in confronto alla precedente opera di Händel “Rinaldo”, che aveva donato rilevanti suggestione. Nel 1734, Händel rivide radicalmente “Il Pastor Fido” e presentò la nuova versione con un ruolo di primissimo piano per il noto castrato Giovanni Carestini. Questa produzione si concluse nella stagione di Händel 1733-1734 al King’s Theatre e fu un tale successo che il compositore la scelse pochi mesi dopo, per inaugurare la sua prima stagione nel nuovo teatro, il Covent Garden, con l’inedito prologo “Terpsichore”.
Marie Sallé (Parigi, 17 aprile, 1709 – Parigi, 27 luglio 1756) fu una delle prime donne coreografe. Figlia dei danzatori Étienne Sallé e Marie-Alberte Moylin, mosse i primi passi nell’ambiente familiare, alla Foire Saint-Laurent nel 1718 e danzò per la prima volta ne “Les Fêtes vénitiennes” all’Opéra di Parigi, allora nota con il nome di “Académie Royale de Musique” nel 1721, rimpiazzando all’improvviso Françoise Prévost, della quale era stata allieva. Essendo la compagnia dell’Opéra al completo, Marie Sallé ritornò alla Foire e nel 1725, accompagnata da suo fratello François, partì per Londra per iniziare la sua prima tournée in Inghilterra. Ritornò a Parigi due anni più tardi e fece il suo debutto ufficiale all’Opéra il 14 dicembre 1727, in “Les Amours des dieux”, balletto di Louis Fuzelier. Fino al suo ritiro dalle scene pubbliche nel 1740, ottenne numerosi permessi per danzare regolarmente a Londra. Definita “la Vestale” in ragione dei suoi costumi irreprensibili, sviluppò una danza graziosa, espressiva e cesellata, contrastante con quella della sua rivale Marie Camargo. In “Les Caractères de la danse”, nel 1729, danzò con Laval indossando un abito di velo leggero simile ad una tunica greca e senza maschera impiegata fino ad allora per rappresentare il personaggio. Rivoluzionò così la pratica tradizionale che voleva la danzatrice vestita con lunghe e larghe gonne e busti stretti e anticipò le riforme di Jean-Georges Noverre. Fu una delle prime donne coreografe, creando diversi balletti-pantomime per l’Opéra: “Pigmalione” e “Bacco e Arianna” (1734), parecchie entrée delle opéra-ballet: “Les Indes galantes” di Jean-Philippe Rameau (1735), “L’Europe galante” di André Campra (1736) e “Les Fêtes d’Hébé” di Jean-Philippe Rameau (1739). Nel 1739 alla Camargo si aggiunse un’altra rivale per la Sallé e cioè Barbara Campanini, che debuttò all’Opéra conquistando il pubblico francese. La rivalità artistica fra le tre maggiori ballerine dell’epoca si risolse infine a vantaggio dell’italiana. Marie Sallé si ritirò dalle scene nel 1740.
Händel, di origine tedesca, dopo aver trascorso una parte della sua iniziale carriera nella composizione in Italia, si stabilì a Londra, dove nel 1711 per la prima volta aveva portò l’opera italiana con “Rinaldo”. Il compositore creò a Londra una vera e propria mania per l’opera seria italiana, una forma musicale concentrata prevalentemente sulle arie virtuosistiche da solista per le star del bel canto. Händel aveva composto numerose opere italiane per il pubblico londinese ed alcune erano diventate popolarissime. Alla fine della stagione 1734, il contratto di affitto che aveva Händel al King’s Theatre di Haymarket scadde ed egli trovò un’altra sede per la sua attività operistica nel nuovo teatro costruito da John Rich a Covent Garden. “Il Pastor Fido”, con l’introduzione di “Terpsichore”, aprì la sua nuova stagione. È l’unico esempio di un’opera di Händel con un prologo ed è modellata sui lunghi prologhi simili a quelli delle opere di Jean-Philippe Rameau, che miscelavano arie operistiche, cori e danza.
La trama originale ci racconta di Diana che è diventata scontenta dell’Arcadia e ha fatto sapere che solo attraverso il matrimonio di una coppia discendente da antenati celesti, uno dei quali sarà “un pastore fedele”, la sua ira si placherà. La coppia che si pensa abbia i requisiti per soddisfare questa descrizione sono il cacciatore Silvio, che però non ha alcun interesse per l’amore, essendo dedito a Diana ed interessato solo alla caccia, e la pastorella Amarilli, che però è innamorata del pastore Mirtillo, la cui discendenza è sconosciuta. Nel primo atto primo il pastore Mirtillo è infelice a causa del suo grande amore per Amarilli, che sta per sposare Silvio per compiacere la dea Diana. Anche Amarilli è infelice per il matrimonio che le è stato proposto perché innamorata di Mirtillo, del quale non è nota la provenienza della famiglia, anche se lei non gli ha detto che lo ama. Mirtillo la sente lamentarsi a causa del suo amore per lui e la corteggia, ma lei lo rifiuta dato che il suo dovere è quello di sposare Silvio per il bene comune. Mirtillo è in tale disperazione che decide di uccidersi. La pastorella Eurilla, innamorata di Mirtillo, gli impedisce di uccidersi e si offre di cercare di convincere Amarilli per lui, in realtà è interessata solo a Mirtillo. Silvio, dal canto suo, non ha alcun interesse per le ragazze o per il matrimonio, e non ricambiando i sentimenti della pastorella Dorinda le causa dolore. Il secondo atto si apre in un bosco roccioso, Mirtillo canta per conciliare il sonno. Mentre dorme, Eurilla posa sul suo corpo una ghirlanda di fiori con scritto “Mi fu caro l’amor, io lì t’’attendo”. Mirtillo si sveglia, lo trova e pensa che esso sia da parte di Amarilli. Eurilla dice ad Amarilli che Mirtillo ha ricevuto un pegno d’amore e un invito ad un convegno amoroso da un’altra ragazza ingelosendo Amarilli: nel frattempo Dorinda continua a tormentare Silvio con le sue profferte di affetto ma lui continua a mettere in chiaro che non è interessato. Eurilla dice a Mirtillo che il suo amore è per la strada e che dovrebbe andare nella caverna vicina e aspettarla, cosa che lui esegue. Eurilla poi recupera Amarilli e le dice che può vedere ciò che Mirtillo sta facendo con l’altra ragazza dall’interno della stessa grotta, e vi conduce Amarilli. Quando i due sono nella grotta insieme, Eurilla va ad avvertire dei soldati che li arrestano per sesso illecito, reato per il quale la legge arcade prevede la morte della femmina. Amarilli verrà giustiziata e quindi Eurilla avrà Mirtillo per sé. Il terzo atto si apre nel bosco sacro al di fuori del tempio di Diana, dove Dorinda malata d’amore sente arrivare il suo Silvio con i compagni cacciatori e si nasconde tra i cespugli a guardarlo. Silvio, vedendo che qualcosa si muove, pensa che sia un cervo e scaglia la lancia, ma è dispiaciuto nell’accertare che è Dorinda, soltanto ferita. Silvio scopre di essere sopraffatto dall’amore per lei e i due si giurano fedeltà. Le trame di Eurilla hanno avuto successo. Mirtillo chiede che gli sia concesso di morire al suo posto ma gli viene rifiutato. Amarilli viene trascinata al luogo dell’esecuzione quando il sommo sacerdote di Diana entra con un nuovo decreto dalla dea. Mirtillo è di discendenza divina ed è il “pastore fido” della profezia. Il sacrificio umano è abolito, un doppio matrimonio è annunciato: Mirtillo e Amarilli così come Silvio e Dorinda. Eurilla chiede e riceve il perdono, la maledizione viene eliminata dalla terra, e tutti gioiscono.
Come ben risaputo Tersicore è una delle nove muse della mitologia greca. È la protettrice della danza. Solitamente viene raffigurata con abiti simili a quelli degli aedi e coronata con foglie di alloro sempre intenta a trarre accordi con le dita affusolate nel suo strumento. Il suo nome viene dal greco antico τέρπω, térpō (“dar piacere, rallegrare”) e χoρός, chorós (“danza”). Da Tersicore derviva la parola “tersicorèo” che significa “legato alla danza”. La musa è solitamente rappresentata seduta, mentre suona una lira, accompagnando con la sua musica le danzatrici. Talvolta viene anche indicata come madre delle Sirene e del poeta Lino.
Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com