Nel vasto universo della danza classica, pochi passi riescono a catturare l’immaginazione del pubblico quanto i fouetté.
Iconici, vertiginosi e carichi di tensione scenica, i fouetté non sono solo un’esibizione di abilità tecnica: rappresentano la sfida tra forza e grazia, tra rigore accademico e spettacolarità.
Originari della tecnica accademica russa, i fouetté hanno conquistato un posto d’onore nel repertorio ballettistico, diventando una sorta di “firma” del grande assolo femminile.
Il termine fouetté in francese significa “frustato” o “frustata” e descrive perfettamente la dinamica del movimento.
L’effetto visivo è quello di una ballerina che gira vorticosamente su sé stessa, mantenendo il perfetto equilibrio mentre la gamba esterna “frusta” l’aria ad ogni rotazione.
Il più celebre esempio di fouetté è senza dubbio quello contenuto nel Grand Pas de Deux del Lago dei Cigni, atto III, in cui Odile esegue 32 fouetté consecutivi — un vero e proprio banco di prova per ogni ballerina professionista.
Un fouetté corretto non è soltanto questione di rotazione. Esso richiede:
- Solida forza del centro per mantenere l’asse del corpo dritto e stabile;
- Precisione della gamba di supporto, che deve restare perfettamente tesa e forte per sostenere il peso e la forza centrifuga;
- Coordinazione tra braccia e gamba libera, affinché la “frustata” generi la giusta energia senza squilibri;
- Controllo del respiro e del ritmo, perché i fouetté, soprattutto in serie, richiedono resistenza e lucidità.
A livello tecnico, la ballerina parte da una pirouette preparatoria in posizione retiré (con la gamba piegata al ginocchio dell’altra), poi stende la gamba libera in seconda posizione (di lato) e la riporta velocemente in retiré durante la rotazione successiva. Questo ciclo si ripete per ogni giro.
Sebbene i fouetté abbiano radici nella tecnica accademica francese, fu la scuola russa — e in particolare Marius Petipa con le sue coreografie imperiali — a consacrarli nel repertorio classico.
Il celebre assolo di Odile fu reso immortale dalla ballerina italiana Pierina Legnani, che nel 1893 eseguì per la prima volta i 32 fouetté consecutivi al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, lasciando il pubblico in visibilio. Da allora, sono diventati simbolo di virtuosismo femminile.
Nel balletto contemporaneo, i fouetté mantengono il loro fascino. Anche in coreografie più moderne o astratte, i coreografi li utilizzano come elemento di forte impatto, consapevoli del loro significato quasi mitologico.
I fouetté sono molto più di una semplice prodezza tecnica: sono l’emblema del lavoro invisibile che ogni ballerina compie per anni, tra rigore, determinazione e amore per l’arte.
Quando eseguiti con perfezione e passione, suscitano un’emozione che va oltre la tecnica — raccontano una storia di potere, controllo e libertà.
In quell’istante in cui la ballerina gira, sospesa tra equilibrio e slancio, il tempo sembra fermarsi.
Michele Olivieri
Foto di Mugijo
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