A 96 anni dalla nascita di Erik Bruhn, il mondo della danza celebra ancora il genio, la grazia e la disciplina di un artista che ha ridefinito l’archetipo del danzatore classico maschile.
Nato il 3 ottobre 1928 a Copenaghen, Erik Belton Evers Bruhn è stato non solo uno dei ballerini più ammirati del XX secolo, ma anche un interprete, coreografo e direttore artistico che ha lasciato un’impronta profonda e duratura nel mondo del balletto.
Formatasi alla Royal Danish Ballet School, Bruhn incarnava lo stile raffinato e controllato della scuola danese, ma il suo talento lo portò presto a calcare i più prestigiosi palcoscenici internazionali: dal Balletto Reale Danese al New York City Ballet, fino all’American Ballet Theatre, dove divenne una leggenda.
In un’epoca in cui il virtuosismo cominciava a prevalere sull’eleganza, Bruhn rappresentava una voce fuori dal coro. Il suo stile era caratterizzato da una purezza tecnica impeccabile e da un lirismo mai ostentato.
Quando danzava, sembrava raccontare senza parole: ogni gesto, ogni salto, ogni linea del corpo era espressione di un sentire profondo, filtrato attraverso una tecnica rigorosa e quasi ascetica.
Dietro l’apparenza aristocratica e la compostezza scenica, Bruhn era un uomo complesso, profondamente sensibile.
La sua riservatezza, a volte interpretata come freddezza, nascondeva una dedizione assoluta all’arte e un’introspezione che traspariva in ogni sua performance.
La lunga e intensa relazione, sia personale che artistica, con Rudolf Nureyev aggiunse una dimensione ancora più affascinante alla sua figura pubblica, nel contrasto tra l’impetuosità di Nureyev e la classicità di Bruhn.
Negli anni successivi alla sua carriera di danzatore, Bruhn si distinse anche come direttore artistico, in particolare del National Ballet of Canada. Lì contribuì a elevare il livello della compagnia, introducendo nuovi repertori, formando generazioni di danzatori e trasmettendo la sua visione della danza come equilibrio tra tecnica e anima.
A distanza di decenni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1986, l’eredità di Erik Bruhn è ancora vivissima.
Il 3 ottobre, ricordiamo non solo il danseur noble, ma anche l’uomo, l’insegnante, il visionario. Erik Bruhn ci ha insegnato che la vera grandezza nella danza non risiede nel clamore, ma nella perfezione silenziosa di un gesto fatto con onestà e devozione.
La sua figura resta un invito alla profondità che nasce dalla disciplina e dalla grazia interiore. Un esempio raro, oggi come allora.
Michele Olivieri
Foto di David Cumming
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