Alex Atzewi intraprende lo studio della danza jazz con i maestri Daniel Tinazzi, Max Stone e lavora a contatto con realtà internazionali come Elisa Monte, Montreal Ballet, De Mons Groups, Contemporary Holland Artist, Scapino. Nel 1996 forma il gruppo New Dance Concept, che nell’anno 2000 si trasforma in Compagnia a tutti gli effetti. Sempre nel 2000 porta la New Dance Concept a ballare in grandi enti italiani ed esteri con la produzione Cotton Wool. Nell’anno 2001 Atzewi porta in scena la sua seconda creazione Communication, confermandosi come uno dei nuovi coreografi di spicco nel panorama ballettistico. Nel 2007 con la nascita di Puzzle la danza di Alex Atzewi assume nuove sfumature, nuovi particolari interessanti concentrandosi maggiormente sulla quotidianità e sull’essere umano nella sua complessità. Dal 2009, anno della tournè di Le Spectre De La Rose, la compagnia assume il nome di Atzewi Dance Company.
Alex, che momento artistico stai vivendo?
È un momento un po’ particolare perché sto cambiando il mio percorso artistico ritrovandomi a lavorare con nomi importanti del teatro come Beatrice Carbone, Valerio Longo, Leon Cino. Fino ad ora ho sempre lavorato con danzatori che formavo io personalmente, adesso invece mi sto confrontando con artisti già consolidati.
A quale delle tue produzioni sei più legato?
In realtà sono legato ad ognuna delle mie creazioni anche se devo riconoscere che Carmen sta avendo un grandissimo successo, più di altre. Ha avuto una grossa affluenza di pubblico già dalla presentazione al Teatro Politeama di Genova, e soprattutto un ottimo riscontro da parte di tanti artisti che hanno riconosciuto l’ottimo lavoro fatto da tutto il corpo di ballo e della creazione in generale. Anche la produzione Pelle sotto l’abito rappresenta un momento particolare per la mia vita artistica perché l’ho portata a New York, ed è stata la prima volta che sono andato a NY con tutta la produzione riscuotendo un grandissimo successo.
La prossima creazione che porterai in scena con la Atzewi Dance Company?
Si intitola Le quattro stagioni. Siamo appena stati a Parma e successivamente, il 10 agosot, saremo al Priamar di Savona. A settembre porteremo anche Le quattro stagioni a New York.
Quali responsabilità comporta essere alla guida di una compagnia?
Le responsabilità e i “doveri” sono tantissimi a partire proprio dal cercare di essere credibile ed interessante in tutto quello che produci. Gli artisti che decidono di lavorare con te si basano principalmente su quello che hai realizzato prima e che hanno visto, quindi ogni lavoro diventa fondamentale per la crescita e non solo mia personale ma dell’intera compagnia.
Qual è il criterio con cui selezioni gli elementi della tua compagnia?
Quello che chiedo principalmente ai miei ballerini è una grande preparazione fisica intesa non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello salutare. I miei ragazzi difficilmente fumano, difficilmente bevono, questo perché il mio è un tipo di danza molto imperniato sulla prestanza fisica con un grande utilizzo dello spazio. Noi lavoriamo tutti i giorni sullo studio della danza classica, contemporanea e passo a due.
Ti sei formato molto all’estero. Nel tuo lavoro quanto c’è di italiano e quanto di straniero?
La mia natura di italiano penso di trasmetterla attraverso la latinità legandola proprio al concetto precedente di fisicità e interpretazione, a differenza dell’estero in cui sono più astratti, più freddi. Quello che invece ho cercato di assimilare dalle mie esperienze all’estero è lo spirito di collaborazione, di unità, il lavorare insieme. In questo senso in Italia siamo più individualisti, sempre in concorrenza l’uno con l’altro.
Come vedi le nuove generazioni di ballerini?
Per quanto riguarda il nostro paese guardo alle nuove generazioni con un grande punto interrogativo. Trovo ci sia poca voglia di lottare e sacrificarsi, mi sembra che i giovani di oggi preferiscano essere alla moda con i tempi dal punto di vista tecnologico che dedicare del tempo allo sport e all’arte.
Qual è il consiglio che daresti loro?
Quello che mi sento di consigliare a chi vuole intraprendere la carriera di danzatore è di puntare molto sullo studio e sulla cura atletica del proprio fisico. Questo lavoro richiede di essere sempre pronti e competitivi e quindi quando un ballerino si presenta ad un’audizione deve essere al massimo delle potenzialità fisiche e tecniche.
Da dove prendi ispirazione per le tue creazioni?
In realtà quando mi trovo in sala mi baso molto sull’istinto, il mio è un lavoro sull’astrattismo. Ci sono però produzioni come Carmen e Le quattro stagioni che hanno richiesto un lavoro diverso, più ricercato, in cui mi sono anche fatto guidare dalle mie collaborazioni. Carmen ad esempio è nata insieme ad Alessandro Rende che ne ha scritto la storia su cui io mi sono basato, mentre per la regia ed altre cose le abbiamo lavorate insieme con Leon Cino.
Un sogno nel cassetto?
A me piace sognare in grande per cui mi piacerebbe avere un teatro tutto mio in cui far esibire la compagnia tutti i giorni. Mi piacerebbe molto anche poter instaurare uno scambio con le altre compagnie italiane con alcuni miei elementi che vanno a lavorare in altre realtà e viceversa.
Alessandro Di Giacomo