La Compagnia Accademica di Danza Nazionale di Mongolia sbarca a Genova e porta tutte le magie del suo paese al Teatro Carlo Felice.
La Mongolia è il Paese del cielo azzurro e pulito, di steppe infinite, di imponenti montagne, di fitte foreste, di fiumi e laghi limpidissimi, di morbide dune di sabbia. Il paesaggio, aspro e dolce al tempo stesso, il clima, rigidissimo nell’inverno e molto caldo nell’estate e la vocazione nomade delle popolazioni, con continui spostamenti cadenzati dal ritmo delle stagioni, hanno improntato di sé la danza e, più in generale, tutta la cultura musicale dei Mongoli.
Il repertorio della Compagnia comprende danze assai particolari, suddivisibili in alcune grandi categorie: religioso-rituali, sia sciamaniche che buddiste, storico-militari e nazionali propriamente dette, che incarnano le peculiarità delle diverse etnie mongole. La danza è accompagnata da strumenti tradizionali e dal canto, formando insieme ad essi un’unica espressione artistica.
I Mongoli hanno sostanzialmente tre forme di musica vocale: il canto “lungo” (a distesa), praticato sia da uomini che da donne, sempre in a solo, con o senza accompagnamento musicale, con vocalizzi e fioriture innumerevoli e passaggi dai suoni più profondi a quelli più acuti, che richiede per sua natura molto fiato ed è, pertanto, incompatibile con attività lavorative, mentre è ingrediente di feste e cerimonie ed evoca gli spazi sterminati degli altipiani e delle vallate; il canto “corto”, ritmato, rapido e accattivante, anche se privo di particolari fioriture, accompagna un’attività o un lavoro precisi; il canto “Khuumi”, tipico della regione dell’ Altai, una vera e propria acrobazia vocale, riservata esclusivamente a cantanti maschili che, grazie a un gioco di faringe, naso e lingua, riescono a produrre fino a tre suoni contemporaneamente, modellando quelli più acuti e melodici sulle armoniche dei suoni più profondi.
La musica è eseguita su strumenti tradizionali, quali il liuto a 3 corde (shanz), la cetra (ioochin) a 14 corde doppie che vengono percosse con due archetti, suonata esclusivamente da donne, la cetra su tavola (iataga), suonata in arpeggio, la viella (khuur), a cassa cilindrica e archetto imprigionato tra le due corde, la viella a testa di cavallo (morin khuur), forse il più caratteristico fra gli strumenti mongoli; completano il quadro diversi strumenti a fiato, tra cui il flauto (limbe) e il corno.
Lo spettacolo che verrà presentato, per la coreografia di Sevjidin Suekhbaatar (allievo Igor Moiseev per la danza di carattere e Fyodor Lopukhov per la danza classica), offre al pubblico una panoramica storica, dall’epoca degli Sciamani ai giorni nostri, attraverso l’epopea di Gengis Khan e la Rivoluzione del 1921. Una particolare attenzione è stata dedicata alla ricostruzione dei preziosissimi costumi d’epoca (in metallo, cuoio e seta) della Guardia di Ferro di Gengis Khan; non meno accurati sono i tradizionali costumi nazionali, realizzati in seta, pelle e pelliccia, molto variopinti e raffinati. Particolarmente degne di nota sono le acconciature femminili, già descritte con stupore dal viaggiatore medievale Giovanni da Pian del Carpine, colpito dalla loro monumentalità: i capelli vengono raccolti in due grosse code piatte ai lati della testa, tenuti insieme da un’intelaiatura in legno e da borchie metalliche, a fare quasi da ulteriore ornamento al ricco copricapo. Profondamente suggestiva la suite dedicata all’epopea di Gengis Khan: le feste nella sua corte mobile, la grande yurta imperiale trainata da centinaia di buoi; il khurultai, l’assemblea dei capi tribù dove venivano pianificate le strategie di conquista e la divisione del bottino saccheggiato; le imprese militari della leggendaria cavalleria mongola; le cerimonie religiose.
ORARI & INFO
15 e 16 gennaio ore 20.30
16 e 17 gennaio ore 15.30
Teatro Carlo Felice
Passo Eugenio Montale, 4
http://www.carlofelicegenova.it/
www.giornaledelladanza.com