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Carlos Lopez, una carriera all’American Ballet Theatre

Hai iniziato la tua carriera con il Victor Ullate Ballet, la tua esperienza con questa compagnia?

È stata un’esperienza molto positiva. Era la mia prima volta in compagnia ed ho scoperto tante cose del mondo di un danzatore professionista, ad esempio cosa significasse girare in Spagna e in tutta Europa con la responsabilità di doversi esibire in grandi teatri, per un pubblico di tantissime persone, anche quando ero stanco o nervoso, ma i momenti di gloria in scena mi hanno dato molta gioia. Ho ballato così tanto che il palcoscenico era diventata la mia casa ed ho condiviso quei momenti con molti miei amici che erano con me a scuola e che ora sono grandi ballerini. Col tempo la responsabilità è diventata più grande ed i traguardi sempre più importanti e, anche se avevo conquistato una buona posizione, sentivo di non dovermi fermare e di dover provare ancora nuove esperienze. Dunque, a parte i momenti difficili che sempre fanno parte della carriera di un danzatore, ho degli ottimi ricordi di quella compagnia.

Quando hai iniziato con l’American Ballet Theatre? Come si è sviluppata la tua carriera…

Sono entrato a far parte dell’American Ballet Theatre nel mese di settembre del 2001. È stata una necessità di crescita. Ero stato principal col Victor Ullate Ballet per alcuni anni e la mia vita era molto stabile a soli 24 anni, dunque ho pensato “non può essere”, avevo bisogno di cercare nuova ispirazione. E questo è esattamente quello che ho fatto. Ho lasciato tutto quello che avevo in Spagna e sono andato in un altro Paese, affrontando un altro modo di vivere, un’altra compagnia ed un nuovo status, ma con moltissima energia ed entusiasmo per la mia carriera e credendo nella mia danza. Con l’American Ballet ho imparato molto in tutti questi anni. All’inizio mi ci è voluto un po’ di tempo per adattarmi a tutto e devo dire che non ho mai lavorato tanto nella mia vita come nel primo anno nella compagnia, ma, nello stesso tempo, questo mi ha dato la possibilità di conoscere tanti grandi ballerini e insegnanti e lavorare con così tanti coreografi… e, naturalmente, mi ha dato l’opportunità di esibirmi al Metropolitan Opera House, che per me è sempre stato e tuttora è il momento più bello dell’anno. Ho danzato alcuni dei più importanti balletti del repertorio americano e, quando ho dovuto lavorare con tante persone ad un livello altissimo, ho imparato molto su me stesso. Anche adesso sto avendo tantissime esperienze davvero incredibili.

La differenza fra l’Europa e gli Stati Uniti?

L’Europa è più avanzata rispetto al fatto di avere una tradizione ed una storia del balletto, il lavoro è più personale. Credo vi sia maggiore attenzione al dettaglio e tutto sembra più reale, ma manca il supporto alla danza, non basta andare a teatro. Tutto richiede più tempo, mentre negli Stati Uniti tutto è più veloce, ogni cosa deve esser fatta prima di ieri. Se piaci e ti piace lavorare sodo, ti accolgono e ti danno tante opportunità. Il pubblico sostiene molto la danza, non solo limitandosi ad andare a vedere gli spettacoli, e ci sono molte scuole che hanno delle compagnie di danza e fanno del loro meglio per sostenerle.

Ruoli classici, ma anche Maurice Béjart, Hans van Manen, Rudi van Dantzig, Nils Christie, sei un artista molto versatile, stili diversi di danza significano stati d’animo diversi?

Lasciami pensare… sì… no… forse…

Io credo che stati d’animo diversi generino la necessità di esprimermi in modi diversi attraverso la mia danza. Amo danzare, dunque non posso semplicemente fare le stesse cose in ogni circostanza, perché ogni stile presuppone diversi modi di esprimermi, utilizzando parti diverse del mio corpo, più movimenti o semplicemente l’energia in un altro modo. Oggi ogni compagnia di danza ha una grande varietà di repertorio e di coreografie, bisogna essere versatili.

Parlami dei coreografi con i quali hai avuto la possibilità di lavorare

Ho interpretato molte opere di grandi coreografi. Alcuni di essi li ammiro molto, come Forsythe, Kylián, Ratmansky, Béjart e mi piacerebbe danzare altri balletti loro, ma mi piace anche molto quando qualche coreografo che non conosco viene all’American Ballet Theatre e porta qualcosa di diverso che non ho mai visto prima. E, ora che me lo chiedi e mi ci fai pensare, mi piacerebbe tornare indietro nel tempo e lavorare con Robbins, Balanchine, Cranko, Macmillan, Ashton …sono stati un’ispirazione per me.

Il ruolo che senti più tuo?

In genere mi piace molto interpretare ruoli neoclassici, perché con questo stile ho iniziato la mia carriera, ma i momenti più appaganti della mia carriera li ho vissuti danzando Basilio in Don Chisciotte o Albrecht in Giselle. Mi piacciono moltissimo i ruoli che mi lasciano interpretare un carattere mentre danzo, avere la possibilità di essere una persona diversa ogni volta.

La sensazione di essere un danzatore per te…

Essere un danzatore per me non è solo un lavoro, una carriera, è un “modo di vivere”. Talvolta cerco di separare me stesso dal mondo della danza e dal sogno che rappresenta per cercare di restare con i piedi per terra, ma, alla fine la danza è la mia vita, è ciò che ho sempre fatto sin da quand’ero bambino. Dunque, penso sempre a cosa ci sarà domani, ai prossimi impegni, a dove andrò a danzare, a dove potrò fare la classe per tenermi in forma o cosa posso fare per migliorare. È come scalare una montagna, con molti alti e bassi. Sai che c’è una linea di confine e vuoi godere al massimo di tutto ciò che l’esperienza della danza può offrire.

Credi che la danza sia una forma d’arte discriminante rispetto alla forma fisica?

Non credo che la danza in generale sia discriminante rispetto alla forma fisica. La danza include molte discipline e, a seconda del tipo di danza che si sceglie di fare, si può avere maggiore o minore attenzione alla forma fisica. Esistono molti stili di danza che non richiedono di essere particolarmente belli o magri né di avere belle gambe o piedi molto flessibili. Semplicemente richiedono più forza, volume o coordinazione. E, se parliamo di danza classica, so che ci sono dei luoghi in cui, se non hai l’altezza giusta, belle linee e la giusta flessibilità sin da bambino, non ti ammettono e questo può essere discriminante, ma io sono stato molto fortunato da ragazzino e non sono dovuto passare per quella selezione. Dunque, credo nell’intelligenza e nel sapere come fare del proprio meglio con ciò che si ha e si è.

Quanto è difficile mantenerti sempre in forma? Hai paura che il tuo corpo possa cambiare o invecchiare?

Man mano che gli anni passano, diventa più difficile mantenersi in forma, ecco perché credo che la disciplina e una buona base accademica siano molto importanti quando si è giovani, perché questo è ciò che fortifica mentalmente e spinge a fare la classe e a provare tutti i giorni anche col passar degli anni. Nel mio caso, io amo gli esercizi e danzo sempre, faccio riposare il mio corpo quando è necessario e non ho problemi, sto bene. Se ho paura che il mio corpo cambi o invecchi? Provo a crescere con esso e, in più, cerco di circondarmi di persone giovani e piene di energia. Ma ci sono anche altre cose collegate alla crescita di un artista. È qualcosa a cui non si pensa quando si è giovani.

Qual è il sacrificio più grande che hai dovuto fare per la danza?

Innanzitutto lasciare la mia famiglia per andare negli Stati Uniti e continuare la mia carriera. In quel momento non pensavo fosse un sacrificio. E poi, mi sarebbe piaciuto continuare a studiare mentre danzavo.

Sei interessato ad altre forme d’arte?

Come artista mi piace la recitazione, il canto e quando sono stressato mi piace scrivere i miei pensieri.

Com’è stato per te esibirti a Positano, era la tua prima volta lì?

Lo spettacolo si è tenuto sulla spiaggia ed è stato molto entusiasmante per me perché non avevo mai ballato l’Idolo di Bronzo in un Gala e in uno spazio aperto. Sono stato felice di esibirmi in quella cornice e al pubblico è piaciuto molto. È stata una grande opportunità per me di incontrare grandi ballerini e amici di altre compagnie e stare con loro per qualche giorno. Mi ero esibito altre volte in Italia, ma mai a Positano e, dopo averne sentito parlare tanto, è stata un’esperienza indimenticabile danzare in un luogo così bello. È un paesino molto affascinante e ricco di colori e la gente è molto cordiale. Siamo stati invitati a visitare Li Galli, l’isola che era stata di Massine e Nureyev e, per qualsiasi ballerino che conosca un po’ la storia, questo è un sogno che diventa realtà. Da mozzafiato!!!

Hai in programma di tornare a danzare in Spagna in futuro?

Mi piacerebbe. Avevo dei progetti, ma finora non li ho ancora realizzati. Come ballerino non sai mai cosa accadrà in futuro. Al momento danzo con l’American Ballet Theatre e come guest per altre compagnie. Sono aperto ad altri progetti. Spero che il mio futuro mi porti vicino alla Spagna, ma staremo a vedere.

Lorena Coppola

Foto Jesus Vallinas

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