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Storia e Cultura

La rigorosa e nobile disciplina della danza classica

Dietro la leggerezza di un arabesque e la grazia di un fouetté, la danza classica cela un sistema di disciplina ferreo, quasi ascetico. Nulla in questo universo è lasciato al caso: ogni movimento, ogni gesto, ogni respiro nasce da anni di studio, ripetizione e controllo assoluto del corpo. Sin da piccoli, gli allievi delle accademie più prestigiose — come la Vaganova, l’Opéra o la Scala — imparano che la libertà si conquista attraverso la regola. Le giornate iniziano con ore alla sbarra, dove il corpo viene scolpito con una precisione chirurgica. La postura, la rotazione delle anche, l’equilibrio: tutto deve essere perfetto. Ma non si tratta solo di forma. La disciplina diventa una mentalità, un modo di stare nel mondo. Il dolore è parte del percorso. Le punte feriscono, i muscoli cedono, ma la resilienza del danzatore è silenziosa. Nessun lamento, solo lavoro. E l’insegnante, figura severa ma fondamentale, osserva ogni progresso con occhio critico: guida e specchio, esempio e confine. In questo ambiente, la disciplina non è una gabbia, ma una chiave: permette al danzatore di trasformare la tecnica in espressione, la fatica in leggerezza. È un linguaggio che si impara con il corpo, ma che cambia anche la ...

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La danza è un linguaggio universale che unisce

La danza non è solo arte, ma un atto profondamente civile. In ogni angolo del mondo, il movimento del corpo racconta storie, identità, memorie condivise. È linguaggio senza parole, capace di unire ciò che la società spesso divide: culture, generazioni, esperienze. Nella danza si costruisce comunità. Che sia su un palco, in una scuola o in strada, danzare insieme significa riconoscersi, ascoltarsi, coesistere. Dai rituali tribali africani alle danze popolari europee, fino alle forme più contemporanee di espressione urbana, la danza custodisce la memoria storica e l’identità di un popolo. In un tempo frammentato e digitale, la danza ci riporta al corpo e alla relazione autentica. È educazione alla sensibilità, all’empatia, alla bellezza. La danza ha anche un importante valore sociale. Negli ultimi decenni si sono moltiplicate esperienze che usano la danza come pratica educativa, terapeutica o di integrazione. Progetti di danza inclusiva coinvolgono persone con disabilità, anziani e giovani in situazioni di marginalità. In un mondo che cambia, danzare insieme può diventare un atto rivoluzionario: un modo per riconoscersi, per ascoltarsi e, forse, per ritrovarsi più umani. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com ©️ Riproduzione riservata

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Sulle punte del tempo: la leggenda di Sofia Fuoco

Nel cuore pulsante dell’Ottocento, quando il palcoscenico era ancora illuminato da luci a gas e la danza viveva il suo periodo più etereo, una figura minuta ma ardente rubava la scena con la sola forza dei suoi piedi in punta. Il suo nome era Sofia Fuoco, e il suo talento lasciava una scia incandescente ovunque posasse lo sguardo… o il piede. Sofia Fuoco non era nata Fuoco. Il suo vero nome, Maria Brambilla, non aveva nulla di infuocato, se non forse il destino. Nata a Milano nel 1830, in un’Italia ancora spezzata, crebbe in una famiglia dove la danza era lingua madre. Fin da piccola, il suo corpo parlava con una grazia che andava oltre la tecnica: era espressione pura. Sotto la guida severa e geniale di Carlo Blasis, Sofia si forgiò come l’acciaio sotto il martello. Blasis non addestrava solo ballerine, ma plasmava icone. E Sofia fu una delle sue punte di diamante — forse la più brillante. A nove anni debuttava al Teatro alla Scala, e a tredici portava già il titolo di prima ballerina assoluta. Era l’epoca dei sogni in tutù, e Sofia sembrava incarnarne ogni piega. Quando danzava, il suo corpo sembrava librarsi tra il visibile ...

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La disciplina classica è la madre di tutte le danze

La danza classica è la radice da cui si sono sviluppati molti stili coreutici moderni. Nata nelle corti europee del Rinascimento e codificata alla corte di Luigi XIV, ha dato origine a un linguaggio tecnico preciso e universale. Le sue cinque posizioni, la postura eretta e l’en dehors costituiscono ancora oggi la base della formazione di ogni ballerino. Al contrario, rappresenta un fondamento solido che permette a chi la padroneggia di affrontare con facilità anche gli stili più moderni: dal contemporaneo al jazz, dalla danza urbana al teatro-danza. La danza classica è una disciplina altamente tecnica. Richiede anni di studio, rigore costante e una dedizione quasi ascetica. Ogni passo, ogni linea del corpo, ogni port de bras è studiato con precisione matematica. Questa codificazione rigida ha permesso alla danza classica di diventare il “vocabolario” su cui si sono sviluppati moltissimi stili. Un ballerino classico può adattarsi con maggiore facilità a nuovi stili proprio perché possiede una base tecnica solida. Nei teatri e nelle scuole, il balletto continua ad essere un punto di riferimento, non solo per preservare la tradizione, ma per nutrire l’evoluzione della danza. Definire la danza classica come la madre di tutte le danze non è un’esagerazione, ma ...

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Erik Bruhn: l’eleganza immortale del balletto

A 96 anni dalla nascita di Erik Bruhn, il mondo della danza celebra ancora il genio, la grazia e la disciplina di un artista che ha ridefinito l’archetipo del danzatore classico maschile. Nato il 3 ottobre 1928 a Copenaghen, Erik Belton Evers Bruhn è stato non solo uno dei ballerini più ammirati del XX secolo, ma anche un interprete, coreografo e direttore artistico che ha lasciato un’impronta profonda e duratura nel mondo del balletto. Formatasi alla Royal Danish Ballet School, Bruhn incarnava lo stile raffinato e controllato della scuola danese, ma il suo talento lo portò presto a calcare i più prestigiosi palcoscenici internazionali: dal Balletto Reale Danese al New York City Ballet, fino all’American Ballet Theatre, dove divenne una leggenda. In un’epoca in cui il virtuosismo cominciava a prevalere sull’eleganza, Bruhn rappresentava una voce fuori dal coro. Il suo stile era caratterizzato da una purezza tecnica impeccabile e da un lirismo mai ostentato. Quando danzava, sembrava raccontare senza parole: ogni gesto, ogni salto, ogni linea del corpo era espressione di un sentire profondo, filtrato attraverso una tecnica rigorosa e quasi ascetica. Dietro l’apparenza aristocratica e la compostezza scenica, Bruhn era un uomo complesso, profondamente sensibile. La sua riservatezza, a ...

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Rita Sangalli: dall’Accademia della Scala alle ribalte del mondo

Nel cuore dell’Ottocento emerse una figura destinata a lasciare un’impronta profonda nella storia del balletto: Rita Sangalli. Nata il 20 agosto 1849 ad Antegnate, nella bergamasca, Rita fu molto più di una semplice ballerina: fu pioniera, innovatrice e musa in un’epoca in cui la danza era in trasformazione. La passione per la danza la portò giovanissima alla Scuola del Teatro alla Scala di Milano, dove si formò sotto la guida del coreografo Auguste Hus. A tredici anni era già in scena, dimostrando un talento che non poteva restare confinato ai teatri di provincia. Il debutto ufficiale arrivò nel 1865 con il balletto Flik e Flok, ma era solo l’inizio di un percorso straordinario. Nel 1866 Rita fece una scelta audace: salpò verso gli Stati Uniti. A New York, collaborò con Maria Bonfanti nello spettacolo The Black Crook, considerato da molti il primo musical della storia. Non si limitò a esibirsi: fondò una sua compagnia, portando il balletto classico in luoghi allora periferici alla scena culturale, come la California e l’Oregon. Dopo aver conquistato il Nuovo Mondo, Rita tornò in Europa e si stabilì a Parigi, dove nel 1872 entrò nel corpo di ballo dell’Opéra de Paris, all’epoca il palcoscenico più ambito ...

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Odette e Odile: il doppio volto dell’anima

In un regno sospeso tra sogno e destino, dove la musica non è solo suono ma respiro, vivono due nomi – Odette e Odile – specchio e ombra dello stesso battito d’ali. Odette, candore che danza nella luce dell’alba, cigno bianco di un’anima prigioniera, è la promessa dell’amore puro, l’innocenza che resiste al sortilegio del tempo. Odile, nera come la notte che seduce, è la scintilla del desiderio travestita da verità, il volto che mente con grazia e sorriso, l’incanto dell’illusione fatta carne e pirouette. Due corpi, un solo danzare. Un’unica ballerina che li incarna entrambi: non come scelta, ma come necessità. Perché dentro ogni essere umano coabitano la grazia e la tentazione, la verità che implora fedeltà e la maschera che vuole essere vista. Il principe, in mezzo, non sa vedere. Non sa distinguere tra ciò che luccica e ciò che brilla. E come spesso accade, l’inganno ha la voce più forte. Ma la verità, anche trafitta, non svanisce. Odette non muore: si trasfigura. Va oltre la carne, oltre la danza. E così, Il Lago dei Cigni non è solo una favola tragica, ma una meditazione sull’identità. Chi siamo, davvero? Siamo Odette quando amiamo senza difese. Siamo Odile quando ...

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Da riscoprire il balletto “L’Angelo Azzurro” di Roland Petit

C’è un angelo che non ha ali, ma gambe lunghissime e uno sguardo che brucia. Non scende dal cielo, ma da un cabaret fumoso. Non salva, ma distrugge. È L’Angelo azzurro, balletto firmato da Roland Petit (libretto di Marius Constant, Gert Reinholm, Roland Petit) che nel 1985 trasformò una delle figure più ambigue del Novecento in una creatura coreografica ammaliante. Donna sensuale e misteriosa, una vamp che conquistava il pubblico con la sua aura enigmatica e il suo incanto peccaminoso.  L’opera prese le mosse da Professor Unrat, romanzo del 1905 di Heinrich Mann, reso immortale dalla versione cinematografica diretta da Josef von Sternberg nel 1930, Der blaue Engel, intriso di un erotismo simile alla pittura di Henri de Toulouse-Lautrec, con interprete la magnetica Marlene Dietrich nei panni di Lola-Lola, femme fatale da palcoscenico, dove la diva tedesca canta la celeberrima canzone di Friedrich Hollaender Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt. Roland Petit raccoglie il testimone di questa storia e ne fa un balletto dai sentori oscuri, carico di desiderio, dissoluzione, decadenza e rottura morale. La sua è una trasfigurazione. Lola non è più solo un simbolo erotico, ma diventa l’incarnazione del potere distruttivo della fascinazione. Petit racconta non solo la caduta ...

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La danza dei 4 cignetti: eleganza, simmetria e precisione

Nel cuore del balletto Il Lago dei Cigni, composto da Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1875-76, si trova uno dei momenti più iconici della danza classica: la Danza dei Piccoli Cigni (Pas de Quatre), conosciuta anche come la Danza dei Quattro Cigni. Questa breve ma intensissima coreografia appare nel secondo atto del balletto. È interpretata da quattro ballerine che rappresentano giovani cigni. Legate fisicamente — spesso incrociando le braccia o tenendosi per mano — eseguono una serie di passi piccoli, rapidi e sincronizzati, chiamati pas de bourrée. Il fascino di questo pezzo non è solo nella bellezza del movimento, ma nella sua straordinaria richiesta tecnica: ogni ballerina deve essere perfettamente coordinata con le altre. Anche un solo errore di tempo o posizione può rompere l’illusione dell’unità del gruppo. Dal punto di vista narrativo, la danza raffigura la tenerezza, l’innocenza e la vulnerabilità delle giovani donne trasformate in cigni dal maleficio del perfido Rothbart. I loro movimenti all’unisono ricordano un’unica creatura con più ali, che cerca rifugio e protezione. Visivamente, l’effetto è magnetico: quattro figure bianche che si muovono come se fossero una sola, in una danza leggera ma intensa. Il pubblico resta spesso ipnotizzato da questo momento, tanto che la Danza dei ...

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Amina Boschetti: la stella dimenticata del balletto romantico

Nel cuore dell’Ottocento una giovane ballerina italiana incantava i teatri con la sola forza del suo movimento. Il suo nome era Amina Boschetti: figura luminosa del balletto romantico, oggi avvolta da un velo di ingiusto oblio. Nata a Milano nel 1836 con il nome di Giacomina, fu ribattezzata artisticamente Amina, quasi a evocare quell’aura eterea che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita. Fin da bambina, il suo destino apparve segnato: fu ammessa alla scuola di Carlo Blasis, il più influente maestro di danza del suo tempo. Il suo talento fu così precoce che a soli dodici anni debuttò come prima ballerina al Teatro Re, affiancando icone del calibro di Fanny Cerrito e Marie Taglioni. La sua danza non era solo tecnica: era emozione, teatralità, presenza. Il pubblico non vedeva una bambina sul palco, ma uno spirito danzante capace di trasformare il movimento in poesia. Giovanissima, fu scritturata dall’impresario Domenico Ronzani e intraprese una tournée internazionale che la portò a Barcellona, Vienna, Firenze, Trieste. Ovunque andasse, lasciava dietro di sé un’eco di entusiasmo e lacrime di commozione. Ogni città diventava un altare dove il pubblico adorava la sua leggerezza come un dono divino. Nel 1852 approdò alla Scala di Milano, consacrandosi definitivamente ...

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