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Storia e Cultura

La Principessa Sissi e la Danza: un’eleganza oltre il Trono

Elisabetta di Baviera, meglio conosciuta come la Principessa Sissi, è passata alla storia non solo per la sua bellezza e il ruolo come imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria, ma anche per la sua profonda passione per le arti, tra cui spiccava una speciale inclinazione per la danza. Sebbene non sia l’aspetto più noto della sua biografia, la danza ebbe un significato importante nella sua vita, sia come forma di espressione personale che come disciplina fisica e spirituale. La danza, in quel contesto, non era solo un passatempo, ma un modo per esprimere la propria vitalità e individualità. Ma soprattutto era una forma intima di libertà. La vita di corte a Vienna imponeva a Sissi rigide convenzioni, ma lei continuò a coltivare una personale disciplina del corpo. Accanto alla sua passione per la ginnastica e l’equitazione, la danza trovava spazio come mezzo per mantenere la forma fisica e sfuggire, anche solo per un momento, al peso delle responsabilità imperiali. Sissi era nota per la sua eleganza nei balli di corte, dove ogni gesto era studiato e misurato. Le danze imperiali – come il valzer – erano rituali sociali e linguaggi politici nei quali le alleanze si stringevano, i ruoli venivano ribaditi ...

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La Danza Segreta di Caterina “la grande”

Quando si parla di Caterina II di Russia, detta “la Grande”, si pensa subito a una delle sovrane più potenti e illuminate dell’Europa del Settecento. La sua figura domina per le riforme, le conquiste territoriali, la corrispondenza con Voltaire e Diderot. Meno noto, ma altrettanto affascinante, è il suo rapporto con l’arte della danza. Sotto il suo regno, il balletto non fu soltanto uno svago di corte: divenne uno strumento politico, culturale e identitario, che contribuì a forgiare l’immagine della Russia come potenza moderna e raffinata. Caterina, nata principessa tedesca con il nome di Sophie von Anhalt-Zerbst, arrivò in Russia nel 1744 per sposare il futuro zar Pietro III. Ma fu solo dopo aver preso il potere con un colpo di Stato nel 1762 che iniziò davvero a plasmare il Paese secondo la sua visione. Fra i suoi obiettivi principali c’era la “civilizzazione” della nobiltà russa, che passava anche attraverso l’adozione delle arti occidentali. La danza, in questo contesto, non era un semplice passatempo aristocratico. Era il simbolo di una cultura sofisticata e razionale, che si basava su regole, disciplina e armonia. Caterina ne comprese perfettamente il valore: promuovere il balletto significava avvicinare la Russia ai canoni estetici e morali ...

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Danze di Ferragosto: tra tradizione e festa popolare

Ferragosto, con il suo carico di sole, vacanze e convivialità, rappresenta uno dei momenti più vivaci del calendario italiano. Tra falò in spiaggia, sagre paesane e fuochi d’artificio, un elemento che attraversa l’Italia da nord a sud è la danza popolare. Le danze di Ferragosto sono un prezioso tesoro di identità, memoria e partecipazione collettiva. La danza tradizionale durante Ferragosto, emerge come un potente rito sociale: ballare insieme non è solo divertimento, ma un modo per rinsaldare legami, tramandare storie e sentirsi parte di una comunità. In molte zone d’Italia, le piazze si trasformano in palcoscenici dove giovani, anziani e bambini si lasciano coinvolgere da ritmi antichi, a volte accompagnati da strumenti tradizionali come tamburelli, organetti, zampogne o fisarmoniche. Ogni regione custodisce la sua danza agostana. Nelle valli alpine del Piemonte o del Trentino, si possono vedere danze in cerchio, spesso di origine medievale, oppure scendendo verso il centro Italia, troviamo il saltarello abruzzese o marchigiano, che durante Ferragosto anima le vivaci feste paesane. Al Sud, la danza si fa rito: in Puglia, la pizzica racconta di amore, corteggiamento e liberazione. In Calabria e Sicilia, la tarantella si fa protagonista delle appassionate notti ferragostane. I nonni insegnano i passi ai ...

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Maria Callas e la Danza: il corpo nascosto della voce

Quando si parla di Maria Callas, il pensiero corre immediatamente alla sua voce: drammatica, penetrante, unica. Senza dubbio, una delle più grandi voci del Novecento. Tuttavia, un aspetto meno esplorato della sua arte – e della sua leggenda – è il rapporto profondo e sotterraneo che la Callas intrattenne con la danza in senso lato. Non si tratta solo di movimenti teatrali o di portamento, ma di una vera e propria disciplina corporea che trasformò la sua presenza e, naturalmente, la sua voce. Maria Callas sotto l’influenza del regista Luchino Visconti e grazie al lavoro con coreografi e registi di chiara fama cominciò a comprendere il valore del corpo come estensione drammatica della voce. Studiò il linguaggio del gesto, l’equilibrio, l’intenzione nel movimento, il dettaglio nello spostamento, l’espressività fisica. «Ogni parola deve passare attraverso il corpo, altrimenti resta vuota», disse in un’intervista.  Ogni passo, ogni sguardo, ogni inclinazione del busto era coreografata con rigore. Non era però coreografia in senso classico, era una danza invisibile, fatta di tensioni muscolari, di sospensioni del respiro, di anticipazioni e ritardi che davano senso al tempo musicale. Non è un mistero che Maria Callas ammirasse la grande étoile Margot Fonteyn e che avesse un ...

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Le eteree ballerine romantiche dell’800: Amalia Brugnoli

Amalia Brugnoli (Milano, 11 agosto 1802 – 1892) è stata una notissima ballerina italiana del periodo romantico. Oltre alle sue doti innate viene ricordata come l’iniziatrice della danza sulle punte eseguita per la prima volta a Vienna. Infatti Amalia fu la prima a salire sulle punte in alcuni passaggi. Un’altra iniziatrice al suo pari fu la francese Geneviève Gosselin. Mentre a danzare per prima sulle punte un intero balletto fu Maria Taglioni in La Sylphide, che in pieno Romanticismo, fornì una precisa evoluzione alla bellezza estetica del lavoro sulla punta, apparendo eterea e impalpabile con la tipica caratteristica tra realtà e sovrannaturale. L’epoca romantica tersicorea ha così fortificato il ruolo della ballerina trasformandola nella componente principale ed essenziale del balletto, lasciando in secondo piano il ruolo maschile. Amalia Brugnoli riscosse un notevole successo in tutta Europa negli anni Venti dell’Ottocento, danzando spesso con il marito Paolo Samengo. Nata a Milano nel 1802, figlia di due ballerini Paolo e Giuseppa Brugnoli, nel 1813 si iscrisse all’Imperial Regia Accademia di Ballo del Teatro alla Scala aperta nel medesimo anno, della quale è stata una delle prime diplomate. A Milano fu inoltre allieva privata di Carlo Blasis. Come da tradizione della Scuola scaligera, ...

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Mozart e il suo unico balletto: un capolavoro poco famoso

Tra le opere più celebri di Wolfgang Amadeus Mozart, dal repertorio operistico alla musica da camera, spicca un pezzo poco noto ma significativo: il suo unico balletto completo, intitolato Les petits riens. Composto nel 1778 durante un soggiorno parigino del compositore, questo lavoro offre uno sguardo inedito sul Mozart coreografo, capace di unire grazia, leggerezza e ritmo in un contesto scenico. Les petits riens era destinato ad essere eseguito come intermezzo di balletto teatrale alla corte francese. Mozart scrisse la musica probabilmente su richiesta di Jean-Georges Noverre. La partitura mostra la capacità del genio austriaco di creare temi melodici vivaci, orchestrazione brillante e movimenti ritmici che accompagnano perfettamente la danza. Il balletto è strutturato in varie sezioni, ciascuna pensata per un diverso tipo di danza: minuetti, contredanses e altri passi tipici del repertorio coreografico settecentesco. Nonostante la brevità, mostra l’inconfondibile talento di Mozart nell’equilibrio tra struttura formale e spontaneità espressiva. Sebbene non sia mai diventato parte del repertorio standard dei balletti, Les petits riens rappresenta un esempio prezioso della versatilità del grande compositore. Les petits riens rimane un piccolo gioiello che dimostra quanto Mozart fosse capace di ideare anche un mondo musicale destinato a muoversi e a danzare. Michele Olivieri ...

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Un passo, una vita: Nureyev e Fonteyn

Nel silenzio sospeso tra le quinte e la scena, c’erano due respiri che si cercavano. Uno era giovane, impetuoso, come il vento del Nord che porta con sé rivoluzioni e crepe nel marmo antico. L’altro, più lento ma non stanco, come un fiume che conosce il peso della propria corrente. Erano Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn. Due anime che la danza non aveva solo unito, ma plasmato in un solo corpo scenico. Si incontrarono tardi, secondo i codici del balletto. Lui fuggiva da un mondo chiuso, lei sembrava avviarsi verso la fine della sua carriera. Eppure, fu proprio in quel punto che tutto si fece nuovo. Lui, con la forza cruda e selvaggia di chi ha qualcosa da dimostrare. Lei, con la grazia collaudata di chi ha già vinto tutto, tranne il tempo. Il loro primo Romeo e Giulietta non fu solo uno spettacolo. Fu una dichiarazione d’amore – non carnale, forse, ma viscerale – all’arte, alla scena, alla reciproca necessità. Non avevano bisogno di parole. I loro corpi dicevano abbastanza: la piega impercettibile della spalla di lei, il salto impetuoso di lui, la pausa millimetrica prima di un abbraccio coreografato. Erano poesia in movimento, ma anche carne e sangue, ...

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La Reverence: un gesto di grazia, umiltà e tradizione

Nel mondo della danza classica accademica, ogni movimento, ogni gesto, ogni posizione porta con sé secoli di storia, estetica e significato. Tra questi, la reverence occupa un posto di rilievo, non tanto per la sua complessità tecnica, quanto per la sua carica simbolica e il suo valore rituale. Spesso relegata alla fine della lezione o dello spettacolo, la reverence è in realtà un momento profondamente significativo, dove si intrecciano rispetto, gratitudine e consapevolezza artistica. Il termine reverence deriva dal francese, lingua ufficiale della terminologia del balletto classico, e significa “riverenza” o “atto di rispetto profondo”. Storicamente, la reverence affonda le sue radici nelle corti europee del XVII secolo, dove la danza era parte integrante dell’educazione aristocratica. I ballerini, spesso nobili essi stessi, erano tenuti ad esprimere omaggio al re, alla corte e ai maestri attraverso gesti codificati, eleganti e misurati. Con il tempo, queste formule di saluto e ringraziamento si sono cristallizzate nella pratica della danza accademica. In ambito didattico, la reverence viene eseguita alla fine di ogni lezione, in particolare dopo il lavoro alla sbarra e dopo il centro. È un gesto semplice ma solenne, sovente accompagnato da una musica lenta e cerimoniale. Le ballerine inchinano il busto e ...

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Mata Hari: la ballerina che incantò e lasciò un mistero

Nata il 7 agosto 1876 nei Paesi Bassi, Mata Hari si trasformò in un’icona della Belle Époque grazie alle sue performance teatrali che mescolavano esotismo, sensualità e tecnica raffinata. Quando si parla di Mata Hari, il pensiero corre subito alla figura leggendaria di spia e femme fatale, ma pochi ricordano che il suo vero talento risiedeva in un’arte più sottile: la danza. Sul palcoscenico del Théâtre des Champs-Élysées e dei cabaret parigini, Mata Hari portava in scena coreografie ispirate ai rituali orientali, creando illusioni di sensualità e di trasgressione che catturavano il pubblico europeo. La danza di Mata Hari era un equilibrio tra eleganza e provocazione. I suoi movimenti sinuosi, studiati nei minimi dettagli, riuscivano a raccontare storie senza parole, mescolando tradizione orientale e interpretazione personale. Era una pioniera nell’uso del costume come parte integrante della coreografia: veli fluttuanti, copricapi sofisticati, gioielli scintillanti e abiti leggeri diventavano strumenti per accentuare ogni gesto. Nonostante la fama di spia che tragicamente, la portò alla condanna a morte nel 1917, Mata Hari rimane soprattutto una figura simbolo della danza teatrale e dell’esotismo scenico. Oggi Mata Hari resta un simbolo di arte performativa e innovazione artistica, un esempio di come il corpo e il ...

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Le eteree ballerine romantiche dell’800: Lucille Grahn

Nata Lucile Alexia Grahn-Young (Copenaghen, 30 giugno 1819 – Monaco di Baviera, 4 aprile 1907) è stata la prima ballerina danese di fama internazionale e una delle ballerine più popolari dell’era del balletto romantico. Da giovanissima Lucille Grahn iniziò lo studio coreutico presso la Royal Danish Theatre School di Copenaghen con il Maestro August Bournonville. Il suo debutto sulle scene avvenne con il ruolo principale di Astrid nel Valdemar di Bournonville nel 1835. In seguito Lucille Grahn serbò l’ardente desiderio di esibirsi a Parigi con il Balletto dell’Opéra e questo fatto creò una rottura con Bournonville. Alcuni giornali dell’epoca riportano che Grahn avesse modificato alcuni passi in Valdemar per far ammirare il suo virtuoso gioco di gambe, attirando su di sé il disappunto di Bournonville che segnalò questo sgarbo alla direzione del teatro. Nel 1836, Grahn creò il ruolo principale ne La Sylphide di Bournonville, una inedita versione che vide la commissione di una nuova partitura musicale ad Herman Severin Løvenskjold. Poco dopo a Lucille venne accordato il permesso di trasferirsi a Parigi. La sua partenza avvenne nel 1836, non tornò mai più in Danimarca, tanto che nel 1839 il suo nome venne cancellato dall’organigramma del Royal Danish Ballet per scaduti termini ...

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