L’adrenalina del dietro le quinte, la preparazione in retroscena di uno spettacolo, le prove, il sudore, la fatica e la bellezza delle performance finale racchiusa in uno scatto eterno, magnetico, carico di luce seppure a volte senza colore. Compagni nella vita e nel lavoro, i fotografi Luca Di Bartolo e Chiara Rainer, eclettici e appassionati, riescono a trasferire in immagine emozioni e sensazioni vissute sul palcoscenico e non solo, gustando assieme ai ballerini l’entusiasmo di ogni momento con devozione e passione.
Come è nata in voi la passione per la fotografia, in particolare per ciò che riguarda la fotografia di danza?
L.D.B.: Ho iniziato a fotografare fin da quando ero piccolo perché il mio babbo era un fotografo, quindi questa passione è nata grazie lui. In seguito l’ho coltivata negli anni fotografando anche altre cose, dato che sono un architetto: paesaggio, architettura, di tutto. La fotografia di danza è nata più o meno intorno al 2000-2002, però non la seguivo tantissimo. Negli ultimi sette anni ho iniziato a seguirla in modo più costante, fino a che negli ultimi due anni mi sono occupato solo di questo. È difficile imporre una data precisa ai miei inizi. Lo spettacolo in cui ho fatto la mia prima foto di danza, che tra l’altro considero una delle migliori, è stato a Gràssina, vicino Firenze, durante un saggio di alcune scuole. Foto in bianco e nero che ancora considero tra le più belle. Quello può considerarsi il nichelino di Paperone.
C.R.: Per me è stata una conseguenza della conoscenza di Luca. Ho sempre amato la fotografia tantissimo, come cultrice, come spettatrice di mostre, sempre. Mi sono avvicinata prima al cinema, non solo da spettatrice ma anche da fautrice: ho fatto un cortometraggio e sto continuando ancora ad interessarmi di video. La fotografia è nata da quando ci siamo conosciuti, lui mi ha messo la macchina fotografica in mano e mi ha detto: “Prova!” Ed io, molto timidamente, sapendo bene quanto fosse bravo Luca, ho provato. Mi veniva tutto molto naturale. Poi mi ha portato in teatro e da lì è nato tutto. Adesso lavoriamo quasi sempre insieme. È nata così. Anche io adesso faccio prevalentemente fotografia di danza.
Per il vostro lavoro avete fotografato molte produzioni di diverse compagnie, quali il MaggioDanza o il Balletto di Torino. Cosa si prova nel fotografare creazioni di cosi grande impatto emozionale?
L.D.B.: Hai fatto la domanda giusta. Cosa si prova? Intanto grande emozione. Più forte è l’emozione che trasferiscono gli artisti sul palco, maggiore è quella che, almeno per quanto mi riguarda, provo anche io. È una cosa molto di suggestione. La dico con una metafora un po’ strana, un po’ violenta: è come andare ad un funerale, vedere la gente piangere e riuscire ad assorbirne le emozioni. È detto brutalmente, ma rende l’idea di ciò che accade dentro di sé. Quando si guarda il palco, le emozioni sono positive, artistiche. È proprio la sensazione di assorbire le emozioni degli altri in modo diretto, senza schermi.
C.R.: Per me è la stessa cosa. Essendo entrambi persone molto sensibili, si riesce ad assorbire tutto, a maggior ragione quando si è molto vicini: noi abbiamo spesso la fortuna di fotografare le prove, il processo di preparazione allo spettacolo, quindi vediamo l’emozione che sta crescendo prima della performance e anche nel dietro le quinte. Anche lì l’emozione è fortissima: vedere ed essere lì in mezzo, sapere che i ballerini stanno per entrare o sono appena usciti dal palco. È un’emozione molto grande, per fortuna, sia viverla sia trasportarla nelle fotografie.
A mio gusto personale, le fotografie più belle sono proprio quelle scattate nel backstage degli spettacoli. Cosa si riesce a cogliere nell’atmosfera del dietro le quinte di un balletto? Ci sono aspetti su cui vi concentrate di più oppure viene davvero tutto molto naturale?
L.D.B.: Sempre parlando per metafore, è come trovarsi in una gelateria dall’altra parte del banco e prendere i gusti che ti trovi davanti. Come guardare dei fiori che sbocciano: tu non fai altro che vederli sbocciare. L’emozione di un ballerino che guarda da dietro le quinte verso il palco, un altro che si prepara con la costumista che l’aiuta… Alle volte è quasi una situazione un po’ orgiastica, nel senso che avvengono tante cose e tu stai li a gustarle. Semplicemente ti giri da un lato e dall’altro in base all’aria che senti muovere di fianco a te.
C.R.: Esatto. Non partiamo col dire: “Addesso fotografiamo la ballerina che guarda da dietro le quinte” oppure “Fotografiamo la ballerina che si prepara”. Non abbiamo l’idea precisa di fotografare un particolare, uno sguardo, un soggetto o un’azione del dietro le quinte. Viene tutto molto naturale. Magari Luca riesce a cogliere un momento, io ne riesco a cogliere un altro. Avendo due sguardi, che fortunatamente riusciamo a rendere abbastanza complementari, possiamo cogliere il più possibile, penso, di quello che sta succedendo. Come diceva anche Luca, tutto avviene molto naturalmente, ci si sente parte della cosa e ci si gira intorno. Io non mi sento mai un’esterna quando sono lì, semplicemente mi sento lì. Sto ovviamente molto attenta a non urtare i ballerini, a non dar fastidio, ad essere sempre il più invisibile possibile, però mi sento parte della cosa. La vivo in un modo simile, spero, a come la stanno vivendo loro. È tutto molto naturale il momento dello scatto, non c’è prima un’idea di cosa fare. La stessa cosa avviene durante lo spettacolo, per me. È ovvio che nel dietro le quinte l’emozione si senta molto più forte, ma anche in scena, a seconda del momento che mi prende faccio lo scatto.
Avete creato molte raccolte fotografiche insieme, alcune anche esposte poi in mostra. Quali sono quelle che preferite o che vi hanno emozionato di più?
C.R.: Sicuramente quelle del dietro le quinte. Per me è stata una delle emozioni più forti. Spesso abbiamo lavorato durante spettacoli di balletto classico, in cui c’erano molte scenografie, molti costumi, luci molto particolari e calde che hanno contribuito a creare ancora più atmosfera. Questa è stata la mia esperienza. Invece per Luca?
L.D.B.: Per me sicuramente è stata l’esperienza col MaggioDanza e con la produzione della Giselle di Giorgio Mancini. Per il fatto che, essendo una compagnia di persone con cui lavorai anche anni fa, con cui sono anche diventato amico, tutto diventa ancora più potente. É diverso avere di fianco un ballerino che conosci, che magari ti ospita anche a casa sua. Lo guardi con tutto un altro sguardo, senti la cosa ancora più personale: ti senti veramente parte del gruppo, e secondo me è una cosa fondamentale per un fotografo, perché allora i ballerini ti accettano. Non solo sei li con loro, ma sei con loro. Il solo fatto di guardarsi dietro le quinte, farsi una risata, schernirsi davanti all’obbiettivo… Diventa proprio una cosa personale.
C.R.: Questa è l’apoteosi, ma ad esempio a me è successo anche in altre occasioni in cui non conoscevo i ballerini personalmente. Con la Compagnia Antonio Gades di flamenco di Madrid, sono riuscita a fraternizzare molto con i ballerini prima dello spettacolo, anche se non li conoscevo assolutamente. Abbiamo fatto varie foto nei camerini e mi sono intrattenuta molto con loro. Io parlavo in italiano e loro rispondevano in spagnolo, ma andava bene così. Anche lì abbiam fatto delle foto divertenti perché anche loro si sono sentiti rilassati. Può capitare, anche se non ci si conosce bene come nel caso di Luca, di trovare l’atmosfera giusta e riuscire a stare con loro.
L.D.B.: Io sono più timido, finché non conosco direttamente le persone mi è più difficile.
C.R.: Io un po’ meno (Ride). Dipende dalle persone insomma, dall’atmosfera che si crea.
Nel nostro mondo ipertecnologico purtroppo anche l’arte della fotografia si è un po’ persa. Quali sono i problemi che incontrate più di frequente nel vostro mestiere?
L.D.B.: Se il lavoro viene commissionato, non c’è nessun problema. Nel momento in cui qualcuno desidera e decide di investire qualcosa su di te, non solo dal punto di vista economico ma anche del rapporto umano, del rispetto, allora tutto è perfetto e preciso. Anche se non è facile, perché purtroppo sappiamo in quali condizioni verte la danza oggi. Nel momento in cui il rapporto nasce in modo professionale, con rispetto da parte di tutti, diventa un piacere, diventa un fatto umano. Questa è la situazione ottimale. Poi c’è tutto il resto, sotto varie tonalità di grigio che vanno dal grigio chiaro al grigio scuro (Ride). Il passaggio della fotografia al digitale in genere ha portato la fotografia a non aver più alcun valore, sia a livello psicologico che ovviamente economico. Il fatto che le immagini girino costantemente su milioni di canali ha sminuito il valore stesso della fotografia. Fuorché tu non riesca a fare qualcosa di diverso oppure, e soprattutto, non si riescano a trovare persone che hanno il piacere di apprezzare quello che fai, che allora hanno voglia di dialogare, non semplicemente averti lì per far scattare delle foto.
C.R.: Noi ci impegniamo molto per tutto, non solo nei lavori che riguardano grandi compagnie o balletti, ma anche nei servizi durante stage, concorsi e via discorrendo. Può capitare che, nonostante tutto questo impegno e questa voglia di far bene il nostro lavoro, non ci sia il necessario riconoscimento. Nel mondo della danza capitano persone che apprezzano il tuo lavoro, però la situazione si complica proprio per la possibilità che tutti hanno di accedere alle immagini o di scattare fotografie.
Avete in programma qualcosa in particolare per il prossimo futuro?
C.R.: A me piacerebbe molto realizzare un mostra con le nostre foto del dietro le quinte. Per ora abbiamo fatto principalmente delle mostre riguardo spettacoli in genere e alcuni scatti in bianco e nero rubati dal backstage, come per l’esposizione Passione in Danza a Rimini nel 2011. Sono cose che ci piacciono sempre, però ancora non abbiamo realizzato una mostra con gli scatti fatti durante le prove o nei retroscena. Tranne alcune, la maggior parte sono ancora un po’ nascoste. Ce ne sono tantissime altre.
Spero riuscirete a realizzarla. Sarebbe un bellissimo spettacolo da ammirare.
L.D.B e C.R.: Ci impegneremo per farlo.
INFO:
www.facebook.com/lucadibartolo.puntonet
Laura De Martino
Foto: Luca Di Bartolo e Chiara Rainer
www.giornaledelladanza.com