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Claudio Malangone: “la danza attraverso il controllo del movimento nel tempo e nello spazio genera armonia”

 Claudio Malangone, direttore della compagnia Borderline Danza, il significato di questo nome…

Borderline come tentativo di modificare continuamente quella linea di confine tra il teatro, la danza, le arti visive. Il concetto borderline è alla base della mia continua ricerca artistica.

Tu sei uno psichiatra, secondo te la danza è anch’essa un confine sottile fra vari stati della coscienza?

La danza attraverso il controllo del movimento nel tempo e nello spazio genera armonia (non so se così ho risposto, ma è quanto sento quando danzo).

Hai lavorato con Carolyn Carlson, Beatrice Libonati, Matilde Monnier, Birgit Cullberg, Nina Watt, Doris Rudko, Alice Condodina, Simona Bucci, Andrè Peck, Roberta Garrison e soprattutto con Susanne Linke, credi di averne assimilato lo stile?

Più che averne assimilato lo stile (che è qualcosa di personale e difficilmente riproducibile da altri), ho imparato un metodo più analitico di pensare al e con il corpo. La mia linea di pensiero mi piace (in maniera ardua) considerarla in sintonia con questi autori, grandi, da te citati. Per l’appunto Susanne Linke (con la quale ho lavorato come danzatore per un certo periodo di tempo), la cui influenza ha senza dubbio cambiato il mio modo di pensare e praticare la danza.

Cos’è per te la danza contemporanea, un segno di rottura con gli stereotipi della tradizione classica?

Più che una rottura, mi sembra su una linea di continuità. La tradizione, in quanto tale, va conservata e riprodotta. E ciò deve essere fatto con competenza. Ma siamo nel XXI secolo e quindi, accanto allo studio della tradizione, deve esservi uno studio di ciò che è attuale e come ad esso vi si è arrivati. Ma questo in Italia difficilmente succede e tutto ciò che non è balletto viene spesso vissuto come un qualcosa di (e)stran(o). Per me questo ha a che vedere con una scarsa conoscenza.

Attraverso la sedimentazione ed elaborazione del materiale artistico acquisito negli anni di formazione hai sviluppato un linguaggio tuo, i passaggi principali di questa evoluzione?

La mia formazione passa prima di tutta dalla tecnica accademica, training sicuramente molto utile se ben studiato. Successivamente, lo studio delle tecniche modern (Graham, Limon, Cunnigham), ma soprattutto la pratica giornaliera specialistica dell’improvvisazione, hanno contribuito a sviluppare un metodo per chiarire (ma mi è veramente chiaro?) un processo creativo che credo in continua evoluzione.

Hai mai commesso degli errori?

Come tutti. Tanti. Si dice che da essi si impara…

 Cos’è per te la coscienza di un corpo danzante?

La presenza: esserci mentre mi muovo. Avere la consapevolezza dello sforzo (cosa e quanto muovo) in un dato tempo (velocità) in una certa direzione (spazio). Quindi mente-corpo. E l’emozione. Ma anche questa ha un suo connotato fisiologico.

Per te la danza è “esse” o è filtrata dalla coscienza a causa del necessario impegno tecnico?

Deve essere filtrata dalla coscienza. Solo così un movimento può essere qualificato, cioè avere un senso, altrimenti si entra in certi automatismi (dei quali non si ha coscienza) e che spesso possono essere superflui ai fini della composizione coreografica.

Freud o Jung?

Certamente Jung. Tra l’altro è il primo ad identificare nel lavoro con l’improvvisazione la capacità di attivare archetipi attraverso funzioni simboliche (la danza).

La tua tecnica di creazione coreografica?

Con i miei danzatori lavoro molto sull’improvvisazione. Partiamo dall’idea-nucleo dello spettacolo e successivamente li guido in un processo compositivo. I miei lavori necessitano della loro capacità di essere non solo danzatori ma anche autori del materiale coreografico. E di questo do loro tributo.

Oltre a danzare e coreografare, ti occupi anche di formazione, nello specifico?

Sì, e questo da diversi anni. Mi piace molto insegnare, ma soprattutto creare delle occasioni valide di studio nella mia regione. Attualmente sto lavorando ad un progetto triennale “AltriOrizzonti”, che sto conducendo insieme ad Anna Nisivoccia e Antonello De Rosa a Salerno. Le istituzioni ci hanno affidato alcuni spazi del Centro Sociale di Salerno, dove stiamo organizzando corsi di formazione professionale, workshop, rassegne di teatro e danza. Anzi vi segnalo il sito www.altriorizzonti.it

La tua esperienza di danzaterapia per disabili fisici e psichici…

Beh! Ci siamo. Qui le mie due formazioni cominciano ad incontrarsi. Ovviamente nel mio background non potevano mancare esperienze di questo tipo. La danzaterapia nasce dalla danza moderna ed è una tecnica utilizzata con una discreta efficacia nell’ambito della riabilitazione psichiatrica. L’ho usata spesso con pazienti sia nel Centro di Salute Mentale nel quale lavoro sia in altre situazioni istituzionali. Attualmente mi occupo anche di formazione di operatori all’uso della tecnica di danzaterapia.

La tua ultima produzione si intitola “Legami”, con una doppio significato, il messaggio che vuoi veicolare attraverso questo lavoro?

 Légami o Legàmi è un gioco di relazioni che accadono in diretta. In diretta perchè c’è anche l’uso della ripresa live. Ma questa offre allo spettatore diversi punti di vista, così come accade nella relazione con l’altro. E quindi tutto un gioco con l’identità di genere, di ruolo, con le possibilità di identificazione…elementi questi che sono sempre presenti nel contatto con l’altro. Inoltre, in questo spettacolo è fortemente presente l’interazione col pubblico che partecipa suo malgrado, comunque divertito, all’intero spettacolo, fino alla festa finale, dove il palco (riveliamolo) si trasforma in una discoteca con tanto di dj.

Definiresti il tuo lavoro un progetto multimediale?

Lo spettacolo è piuttosto complesso: 5 danzatori e 2 musicisti in scena, 1 disegnatore luci e 1 dj. Inoltre utilizziamo 5 telecamere (alcune in vista e altre nascoste), molti video e riprese live, musica dal vivo.  E poi cantiamo, usiamo la parola…

Il tuo prossimo progetto.

Bella domanda, la più difficile. Sto lavorando su due concetti che mi affascinano in particolare: il dolore fisico e la follia…vedremo. Sarai la prima a saperlo.

Lorena Coppola

Foto Maurizio Malangone

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