Il Teatro alla Scala a Milano è costretto ad annullare la campagna abbonamenti, per la prima volta dal dopoguerra. Infatti, escludendo pandemie e conflitti mondiali, bisogna risalire al 1920 quando venne istituito l’ente autonomo per la gestione del teatro e i palchettisti, che fino ad allora erano proprietari, passarono le consegne.
Le incertezze sono troppe per fare programmi oltre i tre mesi. Come riporta tgcom24.it, il sovrintendente Dominique Meyer teme che i prossimi provvedimenti del governo, vista la preoccupante risalita dei contagi, possano portare a un’ulteriore stretta. Al momento la capienza è ridotta di un terzo, 700 posti sugli oltre 2mila disponibili. Meno di un mese fa, a margine del concerto di riapertura del teatro, Meyer aveva lanciato l’allarme invocando il sostegno delle istituzioni.
Una sospensione della campagna abbonamenti non si registra dal 1920, quando Arturo Toscanini, insieme all’allora sindaco di Milano Emilio Caldara e al direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini, istituì l’Ente Autonomo, che liberava il Teatro dall’autorità dei palchettisti, fino a quel momento proprietari dei 155 palchi del Piermarini.
Anche fra il 1943 e il 1946 la campagna abbonamenti non ci fu, a causa della guerra e dei bombardamenti, fino alla riapertura del lirico milanese.
Mai più, da allora, si era presentata una situazione di tale gravità.
Redazione www.giornaledelladanza.com