La semplicità fatta a persona, anzi: a ballerino. Damiano è timido, semplice, quasi si nasconde quando mi racconta la sua storia di danzatore, dei sacrifici fatti per poter ballare su uno dei palchi più importanti d’Italia, il Teatro dell’Opera di Roma. Qualità che pochi ballerini ancora serbano e che, molto spesso, stanno dimenticando. Damiano, però, quando entra in scena si trasforma: da riservato e quasi timoroso, affronta il pubblico e dà il meglio di se stesso, lasciando da parte ogni piccolo sentore di paura e insicurezza che, magari, ancora la vita gli pone davanti. Un ragazzo fragile e forte allo stesso tempo che, nonostante le difficoltà di natura economica che il mondo dei teatri sta affrontando, continua a credere nella danza e nel ruolo fondamentale che può svolgere nella società attuale.
Come tanti danzatori, anche tu hai iniziato da piccolo: a sei anni hai cominciato a studiare, a dieci sei stato ammesso alla Scuola del Teatro dell’Opera per poi proseguire la preparazione fino al diploma. Hai faticato tanto, visto che comunque ti spostavi ogni giorno da Nettuno a Roma per inseguire i tuoi sogni…
In effetti ho faticato parecchio ma l’ho fatto perché mi piaceva quello che facevo e soprattutto vedevo il mio futuro in questo ambiente. Sia io che mio fratello abbiamo seguito le stesse lezioni, abbiamo sempre e comunque messo la danza davanti a tutto, proprio perché la danza era la nostra passione e l’aspetto della nostra vita in cui abbiamo sin dall’inizio voluto investire. Ora, guardandomi indietro, penso a tutti i sacrifici, molto spesso rifletto su quello di cui mi sono privato per inseguire il sogno di una vita: tutto fa parte del trascorso, è vero, ma averci creduto sin da subito mi ha fatto sentire meno il peso della fatica e di quello che mi è mancato.
Hai terminato da poco di danzare “Il Lago dei Cigni”, proprio al Teatro dell’Opera. Hai ballato a fianco di due stelle dell’American Ballet, Irina Dvorovenco e José Carreno: un’emozione fortissima immagino!
Certamente! Ammetto, però, che ballo questa pièce da oramai sette, otto anni: la conosco abbastanza bene e fa parte del mio essere. Condividere la scena con questi due titani è stato fantastico ma non ho mai dimenticato di fare il mio meglio, di portare in scena tutte le mie doti. Ho analizzato il personaggio a lungo e mi è servito molto tempo: non credo sia sufficiente soltanto studio accorato e preparazione, bisogna provare, interiorizzare il ruolo, soprattutto quando si sale su un palcoscenico. Il carattere di un personaggio deve entrare nella tua anima: devi tirare fuori il meglio di te stesso e mettercela tutta. Per prepararmi, non c’è mai uno schema fisso: si inizia certamente in sala prove, il coreografo ti dà delle indicazioni ma il lavoro lo faccio principalmente dentro di me.
Dopo il ”Lago” cosa ti aspetta?
Purtroppo dovrò rimanere in “pausa forzata” e non mi potrò esibire per circa un mese: a causa del taglio dei fondi agli enti lirici e ai teatri, è stato ridimensionato l’organico del corpo di ballo dell’Opera…uno degli “esclusi” sono proprio io! Non era mai successo, tranne ovviamente per i mesi estivi. Mio malgrado, non ho ancora un contratto a tempo indeterminato e lavoro non appena ci sono i fondi. Mi riposerò sicuramente, pronto per ricominciare più energico di prima!
Credi che tutti i teatri italiani abbiano le stesse problematiche economiche o è un problema legato soltanto al Teatro dell’Opera?
La criticità tocca tutto il paese, senza alcuna esclusione. Anzi, l’Opera è uno dei pochi enti che continua a reggere le difficoltà e continua a proporre un calendario di spettacoli. Purtroppo, però, i fondi destinato latitano e trenta giovani danzatori sono costretti a stare fermi e non provare. Questo è il vero peccato: non potersi preparare, esibirsi, la qualità scende.
Ora la danza è il tuo lavoro, con tutte del soddisfazioni e le difficoltà del caso. In qualche momento di sconforto hai mai pensato di lasciare tutto, cambiare e dedicarti ad altro?
Purtroppo proprio in questo periodo: nell’ultimo anno ci sono stati tanti problemi e, lecitamente, ho pensato di fermarmi e di fare altro. La danza, alla fine, non è soltanto fisico: è fatta di gambe, salti, cervello e soprattutto cuore: talvolta se non ci sono gli stimoli giusti dalle persone che ti circondano è difficile essere sereni e credere in quello che si fa. Si va comunque avanti e si fa quel che si può, nonostante tutti i problemi.
Come fa un ballerino a suddividere realtà dalla finzione, che deve portare sul palco?
Questa è una delle poche cose che mi riescono al meglio: tutte le difficoltà della vita le porto con me dietro le quinte, ma quando entro in palcoscenico le sensazioni sono così diverse tali da farmi lasciare andare, tutto mi sembra più calmo…una nuova verità, potrei definirla così! Oramai è una cosa veramente naturale, mi viene spontaneo agire così. La danza, alla fine, fa parte di una dimensione superiore, quasi irraggiungibile.
Cosa ti emoziona ancora quando danzi?
La danza è un’emozione: non dipende da cosa danzi, devi sempre mettere tutto te stesso, le tue forze e le tue debolezze. Non devi aver paura di metterti in gioco: la danza è la tua anima, la tua essenza.
La danza, oramai, è la tua vita: riuscirai mai a tenerla da un parte, magari dedicandoti ad altro?
Fin d’ora è stata la mia vita e mi auguro lo possa essere ancora per molto tempo! Non è un’ossessione: era una passione, è diventato un lavoro ed ora è dentro di me. Sono certo di una cosa: deve sempre esserci la fiamma della passione che ti guida quando danzi, devi avere il cuore, aspetto fondamentale di quest’arte. Magari trasmetterò questa fiamma ad altre persone, chi lo sa! Per il momento, però, mi sto dedicando con un amico ad una linea di abiti per la danza, Danzarchetipo: ci pensavo da tempo, ora piano piano si sta realizzando anche questo piccolo sogno nel cassetto.
Quando smetterai di ballare credi ti mancherà qualcosa?
Sentirò la mancanza del palcoscenico, dell’emozione che soltanto il palco, il pubblico sanno trasmetterti. Mi mancherà poter offrire la mia anima al pubblico, eterno giudice.
Valentina Clemente
Foto di C.M.Falsini