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Danza e solidarietà: una polemica estiva riflette sul ruolo dell’arte oggi

Ballerina in Kibera 2

Qualsiasi tipo di arte di questi tempi non riesce ad essere totalmente disgiunta dalla società, e la danza non fa eccezione.

Abbiamo già parlato dei programmi di lezioni di danza per la pace, di come la danza aiuti a trovare la pace in se stessi prima di tutto, ed è di qualche tempo fa la polemica riguardo la partecipazione o meno di alcuni danzatori inglesi a una tournée russa dopo le leggi sull’omosessualità del governo russo.

Una polemica ha toccato anche il sito della Royal Academy of Dance, quando sulle pagine social e sul sito è apparsa la foto che vedete sopra, parte di un progetto fotografico dal titolo Ballerina in Kibera del fotografo Joe Kiragu: il pubblico si è diviso tra chi sosteneva la bellezza pur nella forza dell’immagine, e chi invece la giudicava fuori luogo, per il soggetto e l’ambientazione definiti fuori luogo.

Al di là dei vari giudizi, condivisibili o meno, la foto porta ad indagare su come essa nasca, e infatti sul sito della RAD e sulla sua Gazette (nell’articolo Postcards from Kibera viene spiegato dalla stessa ballerina, Amy Shelton: la foto è nata apposta per attirare l’attenzione sui programmi di danza in Kenya.

Scopriamo così che c’è un’associazione, Anno’s Africa, che porta l’arte ai bambini dei sobborghi più poveri, e collabora con diversi danzatori professionisti, che insegnano la danza non solo libera, ma anche quella del “syllabus”, quella degli esami della scuola di danza inglese.

Amy Shelton ha collaborato con Mike Wamaya, che ha 40 allievi del Grade I, il livello base, dopo l’introduzione alla danza (corso denominato “Primary”), tutti allievi entusiasti, che integrano le danze apprese dai guerrieri Masai con una tecnica inglese che aiuta il loro fisico contro le difficoltà che sono costretti ad affrontare.

La serie fotografica di Joe Kiragu è nata per far pensare alle condizioni di quei bambini, e per sottolineare la forza espressiva dell’arte in quelle circostanze: non sono un commento politico-culturale, ma sono lo specchio di quello che esiste; perché al di là del progetto artistico, la vita a Kibera è difficile, i bambini crescono in condizioni inacettabili, e le fotografie nascono per far riflettere sul fatto che se le cose non sono cambiate in anni e anni di beneficenza, c’è bisogno di una diversa consapevolezza e di un approccio diverso.

Amy racconta che la danza funziona: i bambini sono felici, apprendono velocemente, alcuni di loro hanno un vero talento, ma soprattutto, tutti vedendo Amy camminare con sacchetti di plastica sui piedi, per proteggere le scarpette da punta, erano pronti a offrire le loro scarpe a quella “pazza donna bianca”.

Questo perché con la “pazza donna bianca” hanno fatto lezione di danza, condiviso uno spettacolo, e l’hanno fatto non come lavoratori, non come orfani, ma semplicemente come bambini.

E allora torniamo al tema di martedì (vedi l’articolo su Dulaine): la danza in tutte le sue forme e le sue espressioni toglie delle etichette, pur giocandoci per via della storia che ha alle spalle (nei balletti classici c’è sempre una principessa da salvare, uno stereotipo forse agli occhi di chi vuole pari opportunità nel 2014, ma che è figlio di una cultura passata, discutibile, ma di cui prendere atto, e che non dimentica comunque dei personaggi forti e interessanti da entrambe le parti…), e crea un momento formativo come pochi altri, perché fornisce anche a chi si crede dimenticato un modo per esprimersi, dando una voce anche a chi non crede di averla, attraverso un modo di comunicare universale: il movimento sulla musica, senza dimenticare disciplina, fiducia e cura di se stessi e degli altri.

Alla luce di ciò, la foto coglie nel segno? Forse non immediatamente, ed è discutibile nella forma, ma con la polemica attira l’attenzione verso un problema…e una possibile soluzione.

Greta Pieropan

www.giornaledelladanza.com

Foto: Joe Kiragu

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