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Eriberto Verardi: “La danza è bellezza, stupore ed eleganza. Dobbiamo insegnare sempre il meglio ai nostri allievi!”

Professionalità, passione ma soprattutto una profonda conoscenza della danza e delle sue sfumature: tre parole per descrivere la personalità e soprattutto l’attività di Eriberto Verardi, Maitre de Ballet in numerose compagnie italiane e straniere. Insomma: un altro talento autoctono “dato in prestito” ad ensemble oltreconfine, ma pur sempre cosciente che l’Italia, nonostante le difficoltà, sa offrire sempre e comunque “eccezioni” nella danza, siano essi danzatori o insegnanti.

Maestro Verardi, iniziamo subito parlando del percorso che l’ha portata a ricoprire un ruolo fondamentale, ma a molti ancora sconosciuto, ovvero il Maitre de ballet.

In effetti l’attività che svolgo ora, il Maitre de ballet appunto, non è molto conosciuta, se non tra i principali addetti ai lavori. Non è facile spiegare ciò che si fa, soprattutto perché questo impegno non è affatto semplice: il Maitre non insegna soltanto a perfezionare la tecnica, bensì ad interiorizzarla, a cercare una sintonia particolare con la danza. Il danzatore deve esprimere, offrire, trasmettere tutte le emozioni possibili alla platea che assiste in sala: un ballerino vero fa questo, regala emozioni che, però, non si possono imparare studiando soltanto la tecnica a lezione. Il mio compito e principale obiettivo è tirare fuori l’anima di chi calcherà le scene: vogliamo sentire brividi, emozioni, quelle vere. Prima, però, di intraprendere questo percorso, la mia storia nel mondo della danza professionista inizia con lo studio accademico presso, appunto, l’Accademia di Montecarlo, con Marika Besobrasova per poi proseguire, fino al 1984, presso la Scuola di Balletto Classico di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu. Ho studiato moltissimo e anche grazie a questi maestri così bravi e talentuosi ho capito che quella che stavo per intraprendere era veramente la strada della mia vita, quella giusta. Subito dopo aver terminato il periodo di apprendimento ho iniziato a lavorare: prima come Solista presso il Teatro Nazionale Croato, a Zagabria, per poi passare al Teatro Nazionale Sloveno, con sede a Lubiana. Ho poi proseguito come Solista all’Arena di Verona, al Bellini di Catania, a Salisburgo, Trieste. Nel 1994 il grande balzo in avanti: ho iniziato a lavorare come Primo Ballerino a San Gallo (Svizzera) presso lo Stadttheater, per poi ricoprire la carica di Maitre de Ballet e Vice Direttore dell’ente lirico. Bellissimo.

Un periodo all’estero per poi, però, rientrare in Italia.

Ebbene si! Ho iniziato una meravigliosa collaborazione con l’Arena di Verona, un luogo a dir poco magico, dove la danza prende “vita”. Un’attività iniziata nel 2000 (da Aprile a Giugno ricoprii l’incarico di Maitre de Ballet e Assistente Coreografo) e proseguita negli anni seguenti per molte produzioni e balletti. Ho, inoltre, collaborato intensamente con il Teatro dell’Opera di Roma per tante pièce. Ho dei bellissimi ricordi legati a ciascuno spettacolo.

Però, in alcune occasioni, non ha “resistito” ed è tornato all’estero!

Certo! Nel 2005 ho lavorato come la Coreografo e assistente regia presso la Japan Opera Foundation a Tokio e lo scorso Dicembre ho svolto il ruolo di Maitre presso lo Stuttgart Ballet a Stoccarda, appunto.

Proprio a tal proposito: ultimamente la discussione sul mondo della danza e sul fatto che, sostanzialmente, non ci sono fondi a sufficienza per teatri ed enti lirici, si fa sempre più forte. Lei crede che i talenti italiani, danzatori ed insegnanti, di cui lei è un ottimo esponente, debbano sempre e comunque puntare all’estero?

Il mondo della danza, e dei teatri a più ampio raggio, non sta affatto attraversando un momento facile. Anzi. Tutti ne siamo consci ma allo stesso tempo non bisogna semplicemente stare a guardare e continuare a lamentarsi. È una sorta di cane che si mangia la coda, ma al contempo non credo sia un atteggiamento giusto. Studiare, formarsi e lavorare in altri paesi, al di fuori dell’Italia, è essenziale proprio perché permette di conoscere altri mondi, apprendere, migliorarsi. Ma non deve essere l’unica via. Il nostro paese è ricco di arte, di bellezze artistiche che non possiamo permetterci di perdere: devono essere coltivate, portate avanti. I nostri teatri devono offrire cultura e continuare ad esistere. Ai danzatori dico di conoscere altri paesi ma ribadisco anche che è cos buona ritornare, con le conoscenze acquisite, nel proprio paese.

Lei è un Maitre severo?

Più che essere severo, credo di volere il massimo dai danzatori con cui lavoro. Pretendere il meglio ritengo sia sinonimo di rispetto nei confronti di quest’arte meravigliosa. La danza è bellezza, stupore ed eleganza: dobbiamo insegnare sempre il meglio ai nostri allievi, fondamentale! Adoro il mio lavoro perché mi permette di dare e di ricevere: un ballerino che studia con me non si limita al mero apprendimento, bensì mi offre emozioni fantastiche, che arricchiscono la mia attività e mi permettono di capire dove anch’io devo progredire. Il Maitre insegna, ma percorre una strada con i danzatori. Io mi emoziono con loro.

L’estromissione del Maestro Alberto Testa dall’organizzazione del Premio Positano ha scosso il mondo della danza, che tanto deve proprio alla figura del Professore. So che Lei vorrebbe veramente rilasciare una dichiarazione in merito.

Si, voglio proprio aggiungere il mio sentimento di sgomento in merito a tutta la questione. Ho avuto la fortuna di incontrare il Maestro Alberto Testa, figura storica della danza, e ritengo sia una persona a dir poco eccezionale. Non conosce soltanto la danza: lui la vive. E ha sempre dato il massimo in questo ambito. Lui può ancora donare ma soprattutto insegnare tantissimo a tutti noi: credo che, come minimo, gli si debba dare un ruolo all’interno dell’organizzazione del Premio Positano: lui l’ha creato, costruito, plasmato…ha scovato talenti che tutto il mondo ci invidia. L’età non deve essere una discriminante per togliere definitivamente una persona così importante per tutto il mondo della danza. Mi auguro, quindi, che al Professore venga almeno dato un ruolo onorario. È veramente importante. È un augurio ma soprattutto un desiderio. O forse una necessità.

Valentina Clemente

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