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Fabio Crestale: “Essere coreografi è un compito arduo, per creare bisogna avere una vocazione”

Fabio Crestale

Fabio Crestale nasce a Desenzano del Garda nel 1976. Comincia i suoi studi di danza nelle Accademie Forza e Costanza di Brescia e successivamente frequenta il Balletto di Toscana di Firenze, lo I.A.L.S. di Roma e il California di Milano. Si perfeziona presso i centri di danza internazionali: Steps e Alvin Ailey Dance Center di New York, Columbus di Zurigo, Laban Center di Londra e CND di Parigi. Danza per la Compagnia Baroque di Parigi e per numerose altre compagnie in Italia e all’estero. Danza inoltre presso l’Opera Bastille e l’Opéra Garnier di Parigi, in numerose produzioni firmate da grandi coreografi, tra cui Maurice Béjart,  Jean-Guilaume Bart, Philippe Giraudeau e molti altri. Nel 2013 Paolo Mohovich crea per lui l’assolo Actions après la guerre. Vincitore di vari concorsi internazionali, inizia ben presto a dare forma anche alla sua creatività coreografica, ottenendo grande approvazione. Nel 2011 fonda la sua compagnia “I Funamboli”, con sede a Parigi, per la quale crea continuamente coreografie, dando vita ad un vero e proprio repertorio. Attualmente lavora come coreografo nella compagnia “Les Ballets de France” con cui si accinge ad intraprendere una nuova tournée. Lo scorso aprile, con la sua compagnia, ha portato in scena un gala al Teatro Astra di Torino in cui Alessio Carbone e Juliette Hilaire hanno interpretato la sua coreografia Petites Pièces. In questa intervista si racconta al giornaledelladanza.com

La tua carriera si svolge prevalentemente all’estero, con grandi riconoscimenti, quali sono state per te le tappe più salienti?

Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di lavorare in diverse realtà, rendendomi conto di quale sia il panorama artistico attuale in ognuno di questi luoghi. Ciascuno di essi ha contribuito ad alimentare la mia creatività, senza mettere da parte l’elemento che mi caratterizza: la libertà. La tappa saliente del mio percorso artistico è sicuramente la “maison” Opéra de Paris, un luogo dove tutto è arte, dall’architettura imponente all’energia che circola al suo interno, ed è proprio a questo luogo che devo tanto, perché per me è stata ed è tuttora una vera e propria casa.

E i tuoi riferimenti artistici più importanti?

Nel corso degli anni ho avuto diversi riferimenti artistici. A seconda dei miei stati d’animo prediligevo un artista piuttosto che un altro. In primis, i miei riferimenti si basano su coloro che hanno contribuito alla mia formazione: Nadia Bussien, prima ballerina del Teatro di Mannheim, nonché mia insegnante di danza classica e Valentina Benedetti, insegnante e coreografa della compagnia “Doppio movimento”, dalla quale ho appreso il vero significato del termine “coreografare”. Ora, nel 2015, apprezzo molto artisti con un’impronta postmoderna come Christian Rizzo, Emanuel Gat, Wim Vandekeybus ed Anne Teresa De Keersmaker, la cui danza minimalista esplora la possibilità di interrelazione fra musica dal vivo, interpreti e videoproiezioni. 

I tuoi lavori più recenti?

Il mio lavoro più recente è stata la realizzazione dello spettacolo Petites Piéces, andato in scena ad aprile presso il Teatro Astra di Torino. Due serate di gala che hanno visto protagonisti i ragazzi della mia compagnia francese “I Funamboli”, oltre a musicisti e danzatori di grande spicco che hanno voluto collaborare a questo progetto, tra cui il primo ballerino italiano dell’Opera di Parigi Alessio Carbone, la talentuosa Juliette Hilaire, figlia del grande Laurent, ed Alberto Pretto, eccezionale componente dei Ballets Trockadero de Monte Carlo. Il risultato ottenuto è stato molto soddisfacente sia a livello professionale che umano.

Il lavoro in cui ti riconosci di più

Il lavoro in cui mi riconosco di più è sicuramente Al muro, che nasce dalla collaborazione con un amico e collega dell’Opera di Parigi, in uno dei momenti più difficili della mia vita: l’inserimento in una nuova realtà, quella dei primi anni a Parigi. Quest’opera racchiude pezzi della mia vita, incontri, difficoltà vissute, conoscenza di nuove persone che hanno suscitato in me un continuo evolversi di emozioni.

Nella creazione delle tue opere qual è il linguaggio artistico che prediligi?

Quando sono in procinto di ideare, non seguo degli schemi predefiniti, mi lascio trasportare dal mio flusso interiore; per questo motivo il messaggio che voglio comunicare deve essere alla portata di tutti, dunque utilizzo un linguaggio semplice, basato soprattutto sulla gestualità quotidiana, sulla naturalezza, su tutto ciò che è palpabile. Chi guarda deve potersi immedesimare; il mio obiettivo è quello di rievocare emozioni e sensazioni nello spettatore. La semplicità è il fulcro del mio lavoro.

Il messaggio che cerchi di veicolare?

La mia danza, come ho già detto, è priva di schemi, rispecchia il mio essere “libero”, aperto a tutto ciò che è novità. Il messaggio che voglio veicolare mira all’introspezione, alla sensibilità. Mi baso sull’evoluzione di un sentimento, il quale può nascere anche da un semplice ricordo. Ricorrente nelle mie opere è la gioia.

Secondo te qual è il compito di un coreografo oggi?

Essere coreografi è un compito arduo, per creare bisogna avere una sorta di vocazione. La difficoltà sta nel riuscire a sviluppare un’idea e nel renderla viva, quindi credibile. Il coreografo deve avere la consapevolezza dei pregi e dei difetti dei propri danzatori e dunque deve mettere in risalto quelle che sono le qualità, deve conoscere quali sono le loro sensibilità e i loro punti forti. Il termine coreografo è piuttosto complesso, non si può definire tale chi mette in sequenza dei passi senza metterci il cuore.

Il tuo concetto di danza nel senso più ampio del termine

La danza è arte, racchiude in sé varie sfaccettature. È una nozione eccelsa, è quella bellezza astratta che ci porta a voler raggiungere la perfezione, quel luogo che nessuno è riuscito a raggiungere, ma per il quale noi tutti lottiamo ogni giorno, sfidando le leggi della fisica.

Le tue prospettive nel futuro immediato?

La mia vocazione per la coreografia mi porta a cercare costantemente di far crescere le mie idee; qualsiasi episodio o immagine funge da input per una nuova creazione.  Le mie prospettive per il futuro immediato riguardano proprio questa mia necessità incombente di innovazione e di sviluppo. La mia compagnia “I Funamboli” è ciò per cui investo tante energie e dunque continuo a sviluppare i miei progetti per la realizzazione di nuove produzioni.

E gli obiettivi a lungo termine?

Tra gli obiettivi a lungo termine metto prima di tutto me stesso e il forte desiderio di lavorare come coreografo in una grande compagnia. Questa per me sarebbe la cosiddetta “ciliegina sulla torta”.

                    Lorena Coppola   

www.giornaledelladanza.com 

Foto © Michele Ferioli

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