Sono proprio i momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo, in cui l’umanità viene posta davanti alle proprie responsabilità, e in cui davanti ai nostri occhi passano i resoconti di una realtà «sospesa». È proprio questa sospensione che come un respiro mozzato, ci svela la frenesia e l’alienazione che hanno inciso sulle nostre vite e la sulla nostra società; una società sott’acqua, in cui manca l’ossigeno della vita vera e delle relazioni. Da uomo cosmopolita, nato in Italia, da sempre nutrito d’arte, osservo il mio paese dal di fuori, avendo così una visione d’insieme disincantata.
La mia attenzione si focalizza sul ruolo imperante dei social network che dovrebbero sopperire all’importante missione formativa ed educativa, che in Francia, dove vivo, viene tutelata da una meritocrazia culturale.
Ma quale strada ha preso l’evoluzione della danza nel nostro paese?
Personalmente vedo centrale il ruolo degli addetti ai lavori, investiti della responsabilità di insegnare e trasmettere il loro sapere e la loro saggezza, con l’intento di ispirare la creatività artistica degli studenti, arricchendone al contempo le personalità e il talento, il loro know-how e perché no, il loro pensiero critico. Ma se l’obiettivo di tutto ciò è nutrire quella strada, la sola in grado di guidare la professione del danzatore, senza compromessi e con profonda dignità, chi fruisce costantemente dei social network a cosa va incontro?
La sensazione è quella di assistere alla tentazione di ostentare il proprio ego, come molti ormai, riducendo alla mera spettacolarizzazione di uno sbiadito desiderio di insegnare ad ogni costo, svilendo così l’arte in se stessa.
Dopo anni di esperienza, penso che l’insegnamento sia anche la capacità di riflettere sulle nostre responsabilità, le nostre capacità, la nostra cultura e sulle motivazioni che ci inducono ad abbracciare la disciplina nella danza che, in quanto tale, racchiude il rigore tecnico creativo, personale e etico
Da quando ho l’onore di danzare ed insegnare tecnica contemporanea, ho raggiunto la consapevolezza che la tecnica non è fine a se stessa, che il altro modo svuoterebbe la danza stessa dal suo ruolo di nobilitare la realtà umana con la leggiadria di cui è capace e con i suoi innumerevoli linguaggi.
In conclusione, se uno degli obiettivi della danza e quello di raccontare se stessa attraverso se stessa e il percorso della storia dell’umanità, penso ad una riflessione di Marta Graham:
“I più grandi ballerini non sono grandi per il loro livello tecnico, sono grandi per la loro passione”
ed è proprio questa passione , viva dentro di noi, che ci deve guidare verso le stelle dove abita questa disciplina.
Fabio Crestale
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