Artista a tutto tondo, Fabio Mordà lega il suo nome al Re del Pop Michael Jackson. Con una grande capacità imitativa, tecnica d’esecuzione e carica di personalità porta in scena da anni il meglio del repertorio di MJ. La sua passione per la danza ha inizio quando guarda casualmente una vecchia cassetta di Michael Jackson. “Cosa ricordo della prima volta che ho tentato di ballare Michael? Ricordo la mia stanza e il mio riflesso nel vetro della finestra”. Ogni singolo passo di danza è pensato e poi riproposto, in modo quasi perfetto. La sua affermazione a livello mondiale è testimoniata da riconoscimenti e premi, soprattutto dalle partecipazioni ai molti eventi che ricordano il numero uno al mondo: Michael Jackson, The King of pop.
Fabio grazie per l’intervista e benvenuto sul Giornale della Danza. Quando ti è capitato di guardare una performance coreutica di Michael Jackson per la prima volta?
Ero piccolo, e mio fratello portò a casa alcune VHS di Michael. Sembra scontato, ma è proprio quando l’ho visto danzare che è cominciato tutto. Il mio primo ricordo è il cortometraggio di Smooth Criminal. Ho visto per la prima volta questa figura misteriosa ed enigmatica salire su uno dei tavolini del Club 30, il locale del video, con una giacca gessata e un cappello bianco. Michael fece una pirouette lunghissima e veloce, per poi fermarsi in una posa statuaria con il braccio rivolto verso il cielo urlando PAUUUW. Il suo modo di ballare era una sfida alle leggi della fisica.
La tua somiglianza con il Re del Pop è notevole. L’aspetto esteriore ti ha aiutato, o c’è voluto molto più impegno nel mettere in pratica certi passi di danza?
Non è stato mai un mio obiettivo somigliargli molto. Alla fine non credo di essere così affine in viso, né tanto meno che l’aspetto esteriore mi abbia aiutato. Certamente è di notevole aiuto esibirsi con un grande look come quello di Michael: ma cos’è un bellissimo involucro senza niente dentro? Quello che alla fine conta è il talento, ed è ciò che bisogna dimostrare. La gente mi ha sempre apprezzato proprio perché sul palco riesce a vedere e a riconoscere Fabio, e non un clone privo d’identità. Questo mi è sempre piaciuto e mi rende orgoglioso della mia interpretazione.
Come è possibile imitare così bene i difficili gesti del ballerino Michael Jackson, molti dei quali sono scolpiti nell’immaginario collettivo dei tanti appassionati di danza?
È strano per me pensare che quello che faccio sia difficile, ma è altrettanto strano non pensarlo. In effetti eseguire coreografie complicate ed incarnare il suo stile non è poi così semplice. La passione però, nella sua forma più autentica, è capace di far uscire una parte assopita di te che non conoscevi, che sorprende anche te stesso. Riconoscere e coltivare una passione è importante: è come avere una possibilità in più nella vita. Grazie alla passione il sacrificio si trasforma in duro lavoro che riesci ad affrontare, inevitabilmente, con il sorriso e la grinta.
L’intento di MJ era quello di fornire alla canzone delle movenze che riuscissero a coinvolgere maggiormente lo spettatore. Come si esegue il Moonwalk, la famosa camminata del The King of Pop che ha fatto impazzire generazioni di ragazzi?
Michael era un pioniere dello spettacolo, si preoccupava di stupire il pubblico, soprattutto con piccolissimi dettagli che la gente comune potrebbe giudicare insignificanti. Il Moonwalk è stato il primo passo che ho imparato guardando per ore i video di Michael, oppure osservando mio fratello, anche lui fan sfegatato. Ricordo una scena abbastanza comica: un giorno avevo la febbre molto alta e mi sono alzato dal letto per bere un po’ d’acqua. Ho visto mio fratello andare all’indietro quasi fluttuando e allora gli ho detto: O la febbre mi ha dato al cervello, o tu hai imparato il Moonwalk. Il suo significato è: Camminata sulla Luna, perché consiste nello spostarsi all’indietro dando l’illusione di camminare in avanti, come in assenza di gravità.
Sul palcoscenico ci metti molta passione e non a caso sei stato definito il Perfetto Clone di Michael Jackson.
Grazie di cuore, ma nessuno sarà mai come lui. Mi ritengo un artista che cerca di fare il possibile per omaggiarlo nel migliore dei modi. Lui merita di essere celebrato per il grandissimo artista che è stato e per sempre sarà. E’ estremamente importante far ascoltare, suonare e danzare la sua musica ricordando il suo spirito, ciò va fatto sia da artisti come me, sia dai più piccoli sostenitori.
Cosa avviene quando interpreti, dal punto di vista emozionale, ogni singolo passo inventato dal più grande artista del Pop al mondo?
C’è sempre un piccolo Michael che balla nella mia immaginazione mentre mi esibisco, e ogni volta che mi capita di chiudere gli occhi riesco a vederlo come se fosse al mio fianco. Mi lascio trasportare da queste forti emozioni durante le mie performance. Ho sempre con me viva l’immagine di un Michael grintoso, arrabbiato ed energico, poi magari quando il concerto è finito e sullo schermo leggo In Memory of Michael Jackson tutte queste sensazioni di straordinaria energia vengono spazzate di colpo, come fossero trascinate da un treno ad alta velocità, da una grande sensazione di vuoto legata alla consapevolezza che Lui non c’è più.
Negli Stati Uniti hai conosciuto gli storici amici di MJ, come il ballerino e coreografo Lavelle Smith Jr., e avuto molte possibilità di approfondire il personaggio Michael. Mi parli di questa esperienza?
Nel 2012 e 2013 ho preparato il tour in America The Ultimate Thriller. Ho collaborato con alcuni dei più importanti professionisti che hanno fatto parte del prestigioso staff del Re del Pop. Da Michael Prince, ingegnere del suono per Michael dall”History tour a This Is It, a Lavelle Smith Jr, ballerino e coreografo di Michael per oltre 25 anni. Questa esperienza ha fatto nascere una profonda amicizia tra me e il ballerino Lavelle. Il grande coreografo, che mi ha reso felice regalandomi uno dei tanti cappelli appartenuti a Michael, è un maestro straordinario, una delle più belle persone al mondo. Abbiamo anche creato il progetto MJ Dance Camp, una serie di stage che offrono la possibilità ai ballerini italiani di far crescere il proprio livello tecnico e studiare le coreografie e lo stile del Re del POP. Inoltre ho avuto il privilegio assoluto di ascoltare, guardare e toccare con mano materiale esclusivo di Michael Jackson, esibirmi sui più prestigiosi palcoscenici U.S.A. come il Red Rocks Amphitheatre nel Colorado.
Hai vinto numerosi premi e partecipato a molte trasmissioni in tv, sia su Mediaset sia sulla Rai. Svelami qualche curiosità quando porti in scena un tuo spettacolo?
Amo il palcoscenico, il profumo che si respira prima di salire sul palco e la sensazione che si prova. Credo sia uno scambio di energie, loro sono la mia batteria, più carichi sono loro, più carico sono io. Uno spettacolo è sempre pensato e costruito per il pubblico, deve essere così. Mi piace lavorare sodo, mi piace tutto ciò che precede il risultato finale. Sono molto meticoloso e perfezionista. Divertire ed emozionare sono i miei obiettivi, ma non basta. La parola d’ordine per me è scioccare. Cerco sempre di dare al pubblico un qualcosa che non si aspetta.
MJ, mentre era nella sua casa di Holmby Hills a Los Angeles, nel giugno del 2009 ebbe un malore. Sulle cause della sua morte circolano, inesorabilmente, molte ipotesi. Tu che ricordo hai di quella maledetta giornata?
Hai detto bene, maledetta giornata. Non ne parlo molto volentieri, anche perché ricordo che Lui non c’è più solo quando gli altri me lo fanno notare, per questo parlo sempre al presente quando mi riferisco a lui. Ero a casa, e quando mio fratello m’informò della notizia via sms, pensai che fosse la solita bufala. Mi sentivo disorientato, paralizzato, come all’interno di una bolla d’aria. Tutto sembrava muoversi al rallentatore e mi sentii mancare. Non credo ad un complotto, ma lui aveva tanto bisogno di aiuto, solo che la sua gente ha scelto il business più che la sua salute, ma questa è solo la mia modesta opinione.
Per concludere l’intervista, nel salutarti e ringraziarti, cosa puoi aggiungere che non ti ho chiesto?
Grazie dal più profondo del mio cuore a te Massimiliano e al Giornale della Danza. Dio ti benedica. Un mio pensiero va come sempre a Michael, che vorrei ricordare con uno dei suoi discorsi al quale sono particolarmente legato: Viaggiare per il mondo è stata una grande lezione per me e se c’è un insegnamento che ho avuto da questo è che ovunque si vada, in ogni paese, in ogni Continente, la gente desidera una sola cosa: amare ed essere amata. L’amore trascende tutti i confini e guarisce le ferite dell’odio, la discriminazione razziale, il fanatismo e l’ignoranza, è la più alta verità al cuore di tutta la creazione (Michael Jackson, American Music Awards 1993).
Massimiliano Raso
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